Marco D'Eramo: Nero batte donna e ora Obama vola

29 Gennaio 2008
Nello scontro tra razza e genere, la prima si è dimostrata più forte del secondo, almeno a prima vista. Questo dicono i risultati della primaria democratica in South Carolina tenutasi sabato. L'affluenza è stata record, 530.000 voti contati, più del doppio del precedente record. E il senatore dell'Illinois, l'afroamericano Barack Obama ha ottenuto una vittoria schiacciante: 295.000 voti (il 55,4 %), contro i 141.000 (27,5%) della senatrice dello stato di New York, Hillary Rodham Clinton, e i 95.000 (17,6%) dell'ex senatore del North Carolina, John Edwards.
Questa vittoria pareggia i conti: 2 primarie a Obama (Iowa e South Carolina); 2 a Hillary (New Hampshire e Nevada). Non solo, ma imprime uno slancio tremendo al campo di Obama in una settimana decisiva, visto che mancano solo otto giorni al fatidico ‟supermartedì” del 5 febbraio in cui si terranno primarie in 22 stati, tra cui i più popolosi (California, New York, Illinois, New Jersey), primarie che assegneranno 2064 delegati democratici (su un totale di 2864) per la Convention nazionale di Denver ad agosto.
Il primo effetto di questo nuovo slancio è l'appoggio ufficiale a Obama da parte del senatore Ted Kennedy, figura carismatica e punto di riferimento per la sinistra del partito democratico. Quest'appoggio viene dopo quello di Caroline Kennedy, figlia del presidente John Fitzgerald Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963. L'anziano senatore, fratello di John e Bob, ha annunciato che non solo appoggia Obama, ma farà campagna attiva in suo favore.
Tutta questa valanga di eventi, dalla sconfitta in South Carolina all'ostilità dei Kennedy, impone a Hillary un ripensamento di tutta la sua strategia, alla luce non solo del risultato complessivo, ma soprattutto della struttura più fine del voto in South Carolina. Il primo dato è che, sempre a prima vista, la razza ha prevalso sul genere. Intanto la mobilitazione dei neri è stata senza precedenti: sono solo il 28,6 % della popolazione dello stato, ma sabato erano il 55% dei votanti (contro il 43% bianco). In secondo luogo, il 78 % dei neri ha votato per Obama, mentre il 76% degli elettori bianchi ha votato per i due candidati bianchi (36% a Hillary e 40 % a Edwards). La linea del colore è quasi invalicabile, né poteva essere altrimenti in uno stato in cui la bandiera sudista sventola ancora sul prato del Campidoglio locale. Questa verità è dimostrata anche a contrario: nel campo opposto infatti i risultati dei due candidati sono analoghi: il 24% dei bianchi ha votato per Obama, il 19% dei neri per Hillary. Ma la prevalenza della razza sul genere è dimostrata soprattutto dal voto delle donne nere che hanno votato Hillary al 19%, come i loro uomini, smentendo le incertezze della vigilia e le speranze dei Clinton; sono le donne nere che hanno assicurato la vittoria di Obama: se il voto nero è stato il 55% del totale, quello degli uomini neri è stato il 20%, quello delle donne il 35%.
E il voto femminile nel suo complesso? È stato molto meno generoso per Hillary del voto nero per Obama. Per la senatrice di New York hanno votato solo circa 3 donne su 10 (4 su 10 bianche 2 su 10 nere). Fin qui, il campo Hillary potrebbe attribuire questa sconfitta alla particolare configurazione razziale dello stato. Ma c'è un altro dato che fa suonare un serio campanello di allarme e che contraddice almeno in parte il peso soverchiante della razza sul genere: ed è che i - notoriamente razzisti - maschi bianchi del South Carolina hanno votato in misura uguale per Obama e per Hillary: ovvero che in loro la ripugnanza di genere ha pareggiato i conti con quella di razza. Ecco uno degli ostacoli più formidabili che Hillary ha di fronte a sé: l'entusiasmo che accende tra le donne è minore della ripulsa che suscita tra i maschi (in questo ripetendo un po' le tracce della francese Ségolène Royale, anche lei moglie di un leader e anche lei non troppo amata dalle donne). Non solo, ma segmentando il voto per età, ci si accorge che i maschi bianchi sotto i 40 anni hanno votato quasi al 40% per Obama e al 30% ciascuno per Clinton ed Edwards.
Rimane poi il ‟fattore Bill”. Ted Kennedy si è irritato con Bill Clinton per la sua aggressività nei confronti di Obama, e ha avuto un durissimo scambio telefonico con l'ex presidente. Non solo. A giudicare dalle interviste all'uscita dai seggi, una delle ragioni della sconfitta di Hillary è stata il timore di un ritorno di Bill. I democratici del South Carolina non hanno preso bene l'interventismo di Bill cui ora tutti consigliano di fare non uno, ma due passi indietro.
Tutto sembra sorridere al senatore dell'Illinois, ma così non è perché proprio la natura della sua schiacciante vittoria in South Carolina rischia di nascondere un boccone avvelenato, cui ha alluso con malizia Bill Clinton quando ha ricordato che in questo stato già due volte aveva vinto un afroamericano, Jesse Jackson, che ambedue le volte perse la nomination. Il rischio per Obama è di vedersi confinato controvoglia da ‟candidato nero” a ‟candidato dei neri”, rompendo così quella fragile coalizione multirazziale che è finora riuscito a compattare.
Quanto a Edwards, la sconfitta nel suo stato natio non gli impedisce di continuare a correre, sperando di poter diventare l'ago della bilancia. Ma ormai è tra Obama e Hillary la lotta all'ultima primaria, e talmente aspra che forse non si risolverà neanche il 5 febbraio.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …