Generoso Picone: Hugo Claus. La coscienza del Belgio

20 Marzo 2008
Il suo ultimo gesto morale è stato quello di decidere il momento della sua morte. Hugo Claus ha voluto porre fine ai suoi giorni così, nell'ospedale di Anversa dove era ricoverato per la grave malattia che da tempo l'affliggeva. Soffriva di Alzheimer, era ben consapevole delle condizioni in cui si sarebbe ridotto e si è appellato alla legge del suo paese, il Belgio, che assieme all'Olanda dal 2002 consente l'eutanasia. In tempi di grandi e spesso imbarazzanti polemiche sull'autodeterminazione e sull'etica della vita, la scelta di Claus, il più grande scrittore contemporaneo in lingua fiamminga e uno dei maggiori in campo europeo tanto da essere puntualmente candidato al premio NobeI, non mancherà di far discutere. Probabilmente non basteranno neanche le parole pronunciate dal ministro della Cultura delle Fiandre, Bert Anciaux, a smorzare i toni - ‟Lo conoscevo abbastanza per sapere che voleva andarsene con fierezza e dignità” - ma sarebbe invece davvero importante collocare la sua richiesta nella coerenza di un percorso, come suggello a una esistenza all'insegna dell'autonomia intellettuale, di un carattere forte e indipendente.
Hugo Maurice Julie Claus era nato a Bruges il 5 aprile del 1929. Aveva già cominciato a scrivere e si era guadagnato 1'etichetta di ragazzo prodigio con Caccia all'anatra pubblicato a 22 anni quando, alla fine della guerra parti per il Nord della Francia e incontrò Antonin Artaud, dalle cui idee venne fortemepte attratto. Tornato, rivolse la sua attenzione al teatro. Avviò una carriera di prolifico narratore - almeno 15 le sue opere -, autore di drammi, poeta e pittore. Agli inizi degli anni '50 divenne membro del gruppo artistico Cobra con Karel Appel e Jan Cox. Visse a Parigi e in Italia conobbe Italo Calvino e ne divenne amico, a Roma dal 1953 al 1955 conobbe Visconti e con Anna Magnani mise su ‟Chi è di scena”, ‟un musical che voleva avere un'ironia fine e ballerine alla Pavlova, anche per far lavorare la mia donna, che appunto era bella e dalle gambe lunghe”, disse. Lei era Elly Overzier, divenuta poi sua prima moglie, l'ultima è l'attrice Veerle De- Wit. A Milano però il debutto andò male, la Magnani piangeva, il regista Galdieri era disperato. ‟Così ci spostammo al Sud, dove le cose cominciarono a andar meglio, più la Magnani faceva proposte audaci al muscoloso protagonista e tentava scene sensuali. Tutto il contrario delle nostre intenzioni”, il suo racconto. Amava le donne e una volta, a Torino, disse che il suo ‟sogno era di fare il gigolo”). Sylvia Kristel confessò che fu lui, quandoVissero assieme, a convincerla a accettare la proposta di interpretare la parte di Emmanuelle. Capace di irriverenze anche scandalose, per uno suo spettacolo teatrale che prevedeva la presenza in scena di tre uomini nudi fu condmmato nel 1968 alla prigione con l'accusa di oscenità.
Questo per dare l'idea di una vita movimentata e felice. Poi toccava alla scrittura ‟mettere il dito nella piaga”, come spiegava Claus: ‟Ovvero, siccome non vi ci si mette certo il mignolo, buttandovisi con tutti se stessi, con la propria lingua e parole, come in un baratro”). Alla Fiera di Torino qualche anno fa rivelò che per lui scrivere rappresentava una forma di conoscenza di sé, l'intrapresa di un itinerario di cui in anticipo non riusciva a sapere niente ma che gli appariva necessario percorrere. Evidentemente da questo lavorio sono venuti i due romanzi più noti in Italia: La sofferenza del Belgio e Corrono voci, entrambi pubblicati da Feltrinelli rispettivamente nel 1999 e nel 2006. Tema: il Belgio, la sua terra. ‟Piccoli attacchi di sentimentalità", si schermiva. ‟Non credo il Belgio sia diverso dagli altri paesi, ognuno credo ami la propria patria anche se la considera terribile. La si può anche amare tanto da arrabbiati e delusi”. Uscito nel 1983, La sofferenza del Belgio racconta la storia di Louis Seynaeve, incontrato bambino e seguito sino ai 20 anni quando da scrittore narra la propria vita attraverso questa, a partire dall'occupazione nazista, quella di un Paese capace nei momenti critici di dare il peggio di se. A fronte di argomenti tanto impegnativi colpì il surrealismo, il registro ironico e grottesco impiegato da Claus, in un'opera ampia e di grande impianto e articolazione, da sfuggire alla fine al pur arrabbiato e appassionato ritratto di un popolo per proporsi metafora di una grettezza e incapacità umane universali, di un mondo tragico e comico, che declina i suoi giorni nell'assurdità.
Hugo Claus diceva di aver scritto il libro per spiegare ai propri figli il Belgio e il suo passato come lo aveva vissuto il loro padre. ‟Peccato che non lo abbiano letto”, scherzava. Ancor più impietoso Corrono voci, che attraverso il ritorno di un reduce dal Congo al paese di bottegai piccolo-borghesi si trova a far da capro espiatorio per un'epidemia che scoppia in coincidenza col suo arrivo. Anche qui lo spirito marcio che viene esposto non è ascrivibile a un luogo ma forse a un tempo, a un'epoca.
Nello scorso settembre, nel pieno della crisi di governo causata dalle frizioni fra fiamminghi e francofoni, firmò, insieme ad altre quattrocento personalità fiamminghe, una petizione per opporsi a ipotesi di ‟separatismo”. Estremo atto pubblico e autenticamente politico prima di ritrarsi nella sua malattia.

Hugo Claus

Hugo Claus (1929-2008), autore belga di lingua neerlandese, ha pubblicato romanzi, opere teatrali (una gli procurò una condanna alla prigione nel 1968 per aver messo in scena tre uomini nudi) …