Marco D'Eramo: Presidenziali USA. Barack boys contro Clinton girl

08 Settembre 2008
Ieri il cielo era terso sull'altopiano a 1.600 metri sul mare. Le Montagne Rocciose si stagliavano a Ovest con qualche picco innevato. Ma la notte prima nubi minacciose e gravide di tempesta incombevano sul palazzo dei congressi, e le folate di vento facevano ondeggiare persino gli immensi capannoni dove da ieri e fino a giovedì lavorano 15mila giornalisti da più di 130 paesi. Perfetta illustrazione delle ansie che agitano i 4.200 delegati e i ventimila volontari giunti nella capitale del Colorado per orchestrare la grande messa solenne della democrazia statunitense che viene recitata nel Centro Pepsi, il palazzo dei congressi un po' discosto da downtown (per noi patiti della CocaCola già la locazione Pepsi potrebbe motivare la restituzione della tessera: in compenso la CocaCola sponsorizza la sacca regalata ai giornalisti insieme a un altro alfiere della democrazia, la At&t).
Le ansie hanno un cognome, Clinton, e due nomi, Hillary e Bill. Non a caso ieri mattina grandi giornali nazionali davano l'apertura non a Obama, ma a Hillary. La Convention si profila quindi come un dramma in quattro atti incentrato sul duello tra il culto obamiano e la spada di Damocle clintoniana.
Il programma ha infatti i seguenti piatti forti: per il primo atto, ieri notte (dalle 2 alle 5 del mattino ora italiana: è per questo che non potremo mai riferirvi gli eventi di cui sarete già a conoscenza attraverso i giornali radio) i discorsi del senatore Ted Kennedy, giunto a Denver nonostante il suo grave tumore al cervello, e della moglie di Barack Obama, Michelle, la cui personalità tagliente ha suscitato polemiche, e di cui è nota l'abrasiva ostilità nei confronti di Hillary Clinton; da parte sua, Ted Kennedy doveva lanciare un accorato, kennediano, appello all'unità del partito.
Per il secondo atto, ci sarà oggi pomeriggio una manifestazione nelle vie di Denver delle irriducibili di Hillary, il cui discorso sarà il clou di stanotte: l'altro intervento di rilievo sarà dell'ex governatore della Virginia Mark Warner. Per lisciare la Clinton, la campagna fa notare che questa sarà «la Convention delle donne», con discorsi di Hillary appunto, di Michelle e della presidentessa della Camera, Nancy Pelosi: e sottolinea che proprio oggi è l'88esimo anniversario della sentenza della Corte suprema che nel 1920 concesse il voto alle donne americane.
Domani mercoledì, terzo atto, parleranno l'ex presidente Bill Clinton e il candidato alla vicepresidenza, il senatore del Delaware Joe Biden. Sempre domani si terrà il voto che confermerà Obama come candidato del partito: voto preceduto nel pomeriggio da una riunione a parte in cui Hillary dovrebbe liberare i suoi 1.500 delegati da ogni vincolo e dovrebbe dar loro mandato di votare per Obama. Mentre giovedì, nel quarto e ultimo atto, Obama terrà il discorso di accettazione della candidatura non nel centro Pepsi, bensì nell'One Mile Stadium (detto così proprio per la sua altezza sul livello del mare), con ben 75mila posti: 35mila sono riservati ai militanti, ai delegati e ai media, mentre sono già esauriti i 40mila biglietti messi in vendita a Denver. La scelta di parlare in uno stadio è già stata criticata dal settimanale britannico The Economist, perché accentuerà la dimensione divistica del candidato.
A destare più preoccupazione è il discorso di Bill Clinton, il migliore oratore democratico da decenni, famoso per i suoi scarti dal cerimoniale: accetterà di sotterrare l'ascia di guerra? o lancerà strali che segnaleranno il persistere di una rottura sotterranea? E naturalmente trepidazione desta il numero di delegati di Hillary che si sposteranno davvero su Obama. Gli ultimi sondaggi danno una fetta oscillante tra un 40% e un 20% di irriducibili che non voteranno per il senatore dell'Illinois. Se questa tendenza si dovesse confermare anche nel voto di novembre, per Obama e per i democratici sarebbe una catastrofe. Per capire il clima attuale, basta pensare che negli ultimi giorni la campagna di John McCain ha già mandato in onda tre spot televisivi in cui delegate democratiche fedeli a Hillary dicono che voteranno McCain piuttosto che Obama.
Un'altra causa d'incertezza viene da quella che qui viene chiamata Netroots, la base cibernetica, ovvero i militanti del web, già sconcertati e un po' disillusi dalla violenta virata al centro del loro candidato, e osteggiati dall'apparato del partito che non ha ancora deciso quale spazio concedergli e come tenerli sotto controllo. Invece, per il momento, sono stati assai meno numerosi del previsto i contestatori, che dovevano riunirsi qui per protestare contro la mollezza dei democratici e che hanno fatto solo sporadiche apparizioni. Il timore per gli scontri si è rivelato fino a oggi altrettanto infondato della paura di temporali e piogge.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …