Marco D'Eramo: Presidenziali USA. La ricetta anticrisi di Obama

04 Novembre 2008
Ieri, Barack Obama ha parlato di economia a Toledo in Ohio. Toledo era una delle città industriali d'America, dove la Chrysler costruì la sua prima jeep. Ora è al centro della Rust Belt, «cintura della ruggine», ovvero l'area della deindustrializzazione, quella vasta regione del nord degli Usa che va dalla Pennsylvania allo stato di New York, all'Ohio, il Michigan, l'Indiana.
Qui la crisi dell'ultimo anno è stata devastante. Proprio ora General Motors è sull'orlo della bancarotta. Se in tutti gli Stati uniti l'industria ha cancellato un posto di lavoro su quattro, qui la decimazione è stata molto più severa. Obama ha parlato quindi a orecchie ansiose di ascoltare una voce di speranza.
D'altro canto, l'impatto del piano che Obama ha tratteggiato è stato in qualche modo depotenziato dal simultaneo rialzo di Wall street, che ieri ha reso euforici i volti dei presentatori delle tv, come se tutti avessero vinto alla lotteria. Resta da vedere quanto durerà quest'euforia finanziaria. Nel frattempo i problemi dell'economia reale restano.
È a questi problemi che si è rivolto Obama con il suo piano a lungo termine, che aveva già delineato nel suo discorso alla Convention democratica in agosto: investimenti nelle energie rinnovabili, assunzioni di nuovi insegnanti, riforma della sanità. Ma questa volta è sul breve termine che si è concentrato il candidato democratico alla presidenza. Il suo piano è articolato su quattro priorità: 1) posti di lavoro, 2) aiuti alle famiglie , 3) aiuti ai proprietari di case, e infine 4) aiuti alle piccole imprese.
Per facilitare la creazione di nuovi posti di lavoro Obama propone a) sgravi fiscali a ogni impresa Usa che assuma negli Usa; b) la creazione di un fondo per la crescita e il lavoro che finanzi opere pubbliche per ripristinare le pericolanti infrastrutture statunitensi, dalle strade, ai ponti, alle fognature. Per aiutare le famiglie, Obama ripropone il suo famoso taglio alle tasse per tutte le famiglie della middle class, che però ora integra con un allungamento dei termini del sussidio di disoccupazione che adesso può essere ricevuto al massimo per 26 settimane (otto mesi). Proprone inoltre che questo sussidio sia esentasse (attualmente i disoccupati pagano tasse sul sussidio che ricevono). Infine propone uno sgravio fiscale per i pensionati che vogliono estrarsi da fondi pensione in perdita.
Un altro capitolo riguarda i proprietari di case gravate da mutui in sofferenza, e per cui lo sfratto è una prospettiva immediata e incombente (negli Usa quando un mutuario smette di pagare le rate, la casa gli viene tolta e viene sfrattato davvero: quest'evento si chiama forclosure). Per costoro, Obama chiede che gli aiuti alle banche contengano misure di protezione per i titolari di mutui, soprattuto misure per incoraggiare rinegoziazioni del mutuo, e infine uno sgravio fiscale del 10% sugli interessi del mutuo. Infine Obama propone una moratoria degli sfratti per tre mesi, in cui i titolari ricontrattino i loro mutui. Tutte queste misure si dovranno applicare solo alle prime case e non «ai proprietari di 7 case» (quante ne possiede il candidato repubblicano John Mccain).
Per le piccole imprese Obama propone di eliminare le tasse sui capital gains, se queste imprese creano posti di lavoro, e anche un Fondo speciale per garantire i prestiti e facilitare il flusso del credito per nuovi investimenti.
Insomma, il candidato democratico formula un piano che più di prima pone l'accento sulla creazione di posti di lavoro e sullo stimolo diretto alla produzione. Il problema con questo piano è duplice: tutte queste misure costano, e quindi aumentano la spesa pubblica in un momento in cui il gettito cala perché l'economia rallenta. Quindi la domanda è chi pagherà per queste misure per evitare che si crei una nuova voragine nel debito pubblico?
Il secondo problema è che, per essere efficace, questo piano dovrebbe essere approvato subito, quindi dal Congresso attuale, e firmato dal presidente attuale. Eventualità assai improbabile. A febbraio o marzo, quando sarà insediata la nuova amministrazione, il panorama sarà con ogni probabilità assai diverso, non si sa se nel peggio o nel meglio. Quello di Obama è quindi un plan in progress.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …