Marco D’Eramo: G 20. Voudou al vertice

02 Ottobre 2009
Alla faccia della fanfare e del conclamato «patto di Pittsburgh», il vertice del G 20 è stato così in sordina che la notizia più importante che ha prodotto riguarda non l'economia, ma l'Iran e le sue ambizioni nucleari.
Come ha già fatto questa settimana in altri campi (su riforma sanitaria, Afghanistan, Medio oriente, ambiente e nucleare), il presidente Usa Barack Obama ha lanciato ieri un contropiede con l'Iran, perché anche qui rischiava l'accerchiamento: le sue ripetute aperture al dialogo con Tehran, la sua moderata, persino cinica reazione ai brogli elettorali iraniani, non avevano finora portato a nessun risultato; anzi, se Mahmoud Ahmadi Nejad avesse annunciato lui l'esistenza di un secondo sito di arricchimento di uranio, lo schiaffo avrebbe indebolito Obama sul fronte interno con la destra e i militari.
Così, invece, «svelando un impianto segreto» insieme a Gordon Brown e a Nicholas Sarkozy, Obama ha ripreso l'iniziativa, anche se niente gli assicura che la Cina acconsentirà a nuove sanzioni Onu contro l'Iran.
In attesa della prossima puntata dell'interminabile feuilleton iraniano, il vertice G 20 si è concluso con una decisione apprezzabile e da applaudire sulla forma, e un cerimoniale di stregoneria (o voudou, o magia nera) sulla sostanza.
Infatti il G20 ha definitivamente sepolto quel vecchio residuato coloniale che era il G8, il gruppo degli otto paesi «più industrializzati della terra», che per puro caso erano anche i paesi che prima della seconda guerra mondiale avevano avuto colonie: da tempo quegli otto (tra cui l'Italia) non erano più i «più ricchi», né i più potenti e il loro vertice non corrispondeva più a niente. Mai troppo presto per il funerale del G8 che si è celebrato ieri. Da oggi il governo dell'economia è affidato al G20, che ora rappresenta 4 miliardi di umani (su 6,5: cioè il 61 % dell'umanità). Ricordando però che altri 2,5 miliardi non sono rappresentati e sono omessi, negletti, tralasciati.
Per quanto riguarda invece la sostanza dell'economia planetaria, il vertice non ha voluto, non ha potuto affrontare il test di realtà (reality check), cioè i due problemi che non può non affrontare un'istituzione che pretende alla governance del pianeta.
Il primo paradosso di questo vertice è che giunge subito dopo i grandi allarmi ambientali lanciati alle Nazioni Unite. Ora, i media mondiali hanno accuratamente nascosto una notizia che dovrebbe far riflettere: quest'anno, grazie alla crisi, per la prima volta in 40 anni le emissioni di anidride carbonica del pianeta sono diminuite. Le pessime notizie economiche ci hanno dato una splendida notizia ambientale, e hanno fatto per il nostro pianeta più di tutti i protocolli di Kyoto messi insieme. Ma ieri e oggi, dopo aver starnazzato sull'allarme ambientale, i governi si sono spremuti le meningi solo su come far ripartire l'economia tale e quale a prima, e quindi riaumentare le emissioni di CO2. Alla faccia dell'emergenza ambientale.
Il secondo paradosso è che nessuno ha discusso a quali condizioni si può verificare una ripresa economica. Ci hanno ripetuto fino alla nausea che la crisi è dovuta alla bolla creditizia.
E che, a sua volta, solo grazie a questa bolla nell'ultimo decennio i consumi avevano potuto continuare ad aumentare e l'economia a crescere. Perché? Perché da trent'anni a questa parte in Europa e Usa i salari reali sono diminuiti. Con meno soldi in busta paga, la massa dei cittadini ha potuto continuare a consumare solo indebitandosi. Ora ci dicono che vogliono far ripartire l'economia: ma allora delle due l'una: o i governi spingono perché cresca la massa salariale, o rigonfiano la bolla creditizia. Ma rifiutano sia l'una che l'altra.
In alternativa, Obama chiede alla Cina di far decollare i propri consumi di massa. Ma anche qui: i consumi in Cina possono crescere solo se aumentano i salari. E però se il costo del lavoro aumenta, la Cina diventa meno attraente per l'outsourcing delle imprese occidentali e giapponesi, che trasmigreranno in altri paesi in cui la forza lavoro è ancora più a buon mercato. E così la crescita cinese subirà una frenata, pericolosissima per il resto del mondo.
Ecco perché i sagaci e lungimiranti governi dei venti paesi più potenti hanno optato per l'economia voudou, per un rituale propiziatorio che ci faccia cadere dal cielo la ripresa e la (quasi) piena occupazione. Una danza della pioggia riveduta e corretta.
P.S. L'espressione «economia voudou» non è stata inventata da un infantile estremista, ma fu coniata nel 1980 da George Bush padre quando i repubblicani che gli chiedevano di candidarsi a vicepresidente di Reagan, gli spiegarono i rudimenti del reaganismo economico e l'ex direttore della Cia, futuro vicepresidente, presidente e padre di presidente, esclamò appunto: «Ma questa è economia voudou!»

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …