Marco D'Eramo: Pittsburgh. Quadratura del summit

02 Ottobre 2009
Pittsburgh è la città in cui oggi si apre il summit del G 20, il gruppo dei venti paesi dalle economie più forti. Ma è anche l'esempio vivente della trasformazione subita dagli Stati uniti e dei problemi che il suo presidente Barack Obama deve affrontare. Per più di un secolo, dall'800, Pittsburgh era stata la capitale della siderurgia Usa. I fumi delle ferriere oscuravano il cielo, là dove i due fiumi Allegheny e Monongahela confluiscono per formare il potente Ohio. Col declino industriale, Pittsburgh divenne sinonimo di rustbelt, di ruggine economica. Negli anni '80 perdeva 50.000 posti di lavoro l'anno. Oggi, 30 anni dopo, il settore che impiega più lavoratori è quello della sanità e farmaceutico (100.000 posti), e il maggiore datore di lavoro non è più Us Steel, ma il Centro medico dell'Università di Pennsylvania, con 50.000 dipendenti. Vista da qui, è più chiaro perché la riforma sanitaria è così importante per Obama, e perché è così difficile. La sanità è oggi quel che ieri era la siderurgia (e forse anche più).
Ma da qui diventa chiaro anche il problema che si pone al governo Usa e alle altre potenze: come delineare una nuova divisione internazionale del lavoro (e della ricchezza) che permetta di far ripartire l'occupazione. Decidere quale divisione internazionale del lavoro, determina quali flussi commerciali di quali merci da quale a quale paese: può la Cina essere la fabbrica del pianeta, l'India il suo call center, gli Usa la sua Silicon Valley, la Germania il suo atelier di macchine utensili? E possono essere ancora i suoi centri finanziari solo Wall Street e City londinese (anche la finanza rientra nella divisione del lavoro)?
Meno di 5 mesi fa, l'ultimo G 20 si tenne nel nadir della crisi finanziaria. Allora i governi del resto del mondo credettero di poter usare la recessione per ridimensionare lo strapotere della finanza anglosassone, strappare nuove regulations a Usa e Gran Bretagna e così delineare un nuovo ordine mondiale, tanto che i più ingenui (o più manipolatori) parlarono di «nuova Bretton Woods» (località nel Vermont dove nel 1944 fu deciso il nuovo ordine mondiale - basato come valuta di riferimento sul dollaro, a sua volta ancorato a un cambio fisso con l'oro - che avrebbe governato tutto il secondo dopoguerra fino al 1971). Il vertice si concluse con una serie di impegni di cui quasi nessuno è stato mantenuto, e a dirlo è lo stesso organo del capitalismo mondiale, il Financial Times. Il primo obiettivo era far ripartire l'occupazione, ma il numero di disoccupati continua a crescere in Europa e negli Usa (a differenza che in Cina).
E la disoccupazione aumenterà ancora, ha avvertito il presidente del Fondo monetario internazionale (Fmi), Dominique Strauss Kahn e potrà provocare guerre, rivolte, sollevazioni.
Un altro obiettivo del summit di Londra era far ripartire il credito, ma gli ultimi dati mostrano che il credito al consumo è sotto del 10% negli Usa. Un altro, ancora più importante, era stabilire un quadro di nuove regole finanziarie per rendere impossibile il ripetersi di una nuova bolla creditizia e di un nuovo crash: anche qui non è stato fatto nulla, o quasi. Un altro era riformare e sottoporre a controllo le agenzie di rating, le cui stime arbitrarie e sbagliate hanno precipitato la rovina di interi paesi. Anche qui nulla. Sulla lotta contro i paradisi fiscali, dopo alcuni primi passi, tutto è finito di nuovo nel dimenticatoio.
Così, a distanza di cinque mesi, l'agenda del nuovo summit è straordinariamente simile a quella del precedente. Con una differenza, visto che i summit si ripetono pur se non si somigliano: ed è che ora i governi sono in posizione più debole per poter imporre al settore finanziario nuove regole. Allora le banche erano ancora con l'acqua alla gola e si poteva imporre loro vincoli reali. Oggi, grazie alle massicce infusioni di capitale da parte dei contribuenti, sentono di nuovo il vento in poppa e sarà arduo, anche volendo, far ingoiare loro misure di controllo.
Malgrado il «nuovo clima» della presidenza Obama, il vertice farà apparire le solite divergenze Usa/Europa, con la Gran Bretagna arruolata come 51-esimo stato dell'Unione: divergenze sia sulla regulation che sulla ripartizione di potere negli organismi internazionali: il piano statunitense è di offrire all'Asia, alla Cina in particolare, maggior potere nelle varie sedi, dall'Fmi alla Banca mondiale. Solo che questo potere dovrebbe andare a scapito di quello europeo.
Si delinea ancora una volta un asse Usa/Cina le cui economie stanno diventando sempre più reciprocamente indispensabili e integrate.

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …