Il calcio spiegato dai bambini. Una proposta di Stefano Ferrio, autore de La partita

08 Luglio 2011
L'editoria degli ultimi decenni è piena zeppa di opere da incasellare nella categoria "Spiegato ai bambini". Si cominciò dal sesso, per poi comprendere più o meno lo scibile umano:dall'Olocausto alle pattumiere sostenibili. Tutto, con rigore e chiarezza, "spiegato ai bambini".
Per il calcio italiano si dovrebbe invece passare dalla forma attiva a quella passiva. Ovvero il calcio spiegato "dai bambini". Che, quando lo giocano in un campetto del torneo Pulcini, o al parco sotto casa, ricordano a qualsiasi spettatore di passaggio su cosa il calcio basa il suo fascino eterno di sport democratico, dove c'è posto per tutti: dalle punte sguscianti alte come un soldo di cacio ai difensori lunghi come l'anno della fame, dai mediani dotati di guance rubizze agli esterni più neri di un blues. A volte vince il migliore, leggi il più forte, altre volte chi passa per caso in area di rigore. Nove volte su dieci l'Italia, mentre la decima tocca alla Corea.
Dimenticarsi di questo significa distruggere il calcio.
I bambini sono sempre pronti a spiegarlo, basta buttare loro un pallone davanti al basculante di un garage, usato come porta unica. Invece che accapigliarsi su scudetti taroccati e imbarazzanti tipo quello del 2006 – da non assegnare e basta, come molto civilmente propone il figlio del carissimo Giacinto Facchetti – i presidenti della Serie A farebbero molto meglio a ricordare la lezione sempre d'attualità impartita dai Sanchez della terza C e dai Cassano con la bocca impiastricciata di Nutella. Ovvero "tutti in campo, e divertiamoci".
Perché, in realtà, l'unica strada possibile per restituire credibilità e bellezza al pallone italiano è proprio questa, ripassata ogni giorno da Pierino e dal suo amico Mohamed: "Tutti in campo". Gli inglesi, che non a caso hanno inventato il "soccer", ce lo rammentano ogni anno con la loro Coppa d'Inghilterra, una mitologica F.A. Cup alla quale, dal 1872, partecipano tutti, ma proprio tutti: il Manchester United di Rooney assieme ai club dei dilettanti del Sussex, il Chelsea di Drogba con un Huddersfield Town dove si favoleggia ancora della Coppa alzata al cielo da Billy Smith nel lontano 1922. Tutela per le "grandi", che iniziano a giocare a gennaio, ma oltre settecento squadre al via, sorteggi senza griglie predefinite, e partite secche su qualsiasi campo praticabile, in modo da far andare il Liverpool a Oxford o a Burnley, se così decide l'urna.
Esattamente il contrario della nostrana e tristissima Coppa Italia, dove le squadre di Lega Pro fanno tappezzeria estiva con quelle di B, e dove per proteggere il camino delle "big" si escogitano griglie ferree, giocando "per regolamento" sul terreno della meglio posizionata l'anno prima.
Cari presidenti di Serie A, perché almeno per una stagione, la 2012-2013, visto che la prossima è già impostata, non ci regalate, per una volta, nella Storia dell'amatissimo ma bistrattato calcio italiano, una Coppa formato inglese? Animata da inverosimili quanto stupende Chieti-Inter, Canicattì-Fiorentina, Alto Adige-Juventus, Entella-Napoli, fino magari alle lacrime purissime suscitate da un Fanfulla Lodi-Milan.
I bambini ne giocano di ancora più poetiche e incredibili. Ma sarebbe già tanto provare a imitarli. A partire da "Tutti in campo".
Stefano Ferrio

L'autore
Stefano Ferrio (Vicenza 1956) ha cominciato a scrivere per il "Giornale di Vicenza", "Il Gazzettino", "l'Unità" e "Diario". Insegna Storia della radio e della televisione all'Università di Padova. Ha pubblicato Il profumo del diavolo (Marsilio 2004) e Impressioni di settembre (Aereostella 2010). È la voce narrante della Paltan Blues Band.

Il libro
"Sotto 1 a 2 – a 7' dalla fine, contro il Bar Fantasia – stavano per soccombere anche in quel pomeriggio di giugno. Il giorno di quel tiro al volo disegnato da Dio. Quando tutto ebbe inizio sulla fascia sinistra."

Fine anni settanta. Una sgangherata squadra della provincia Veneta composta da ragazzi tendenzialmente idealisti e temprati dalla sconfitta combatte contro gli odiati avversari – una formazione di fighetti sbruffoni abituati a vincere sul campo e nella vita. I primi hanno scelto come nome quello della squadra che più ammirano, l'Inghilterra. I secondi hanno preferito Bar Fantasia. L'Inghilterra è alla ricerca della prima vittoria, ma negli ultimi minuti della partita un giocatore del Bar Fantasia scocca un tiro a campanile e il pallone finisce nei campi. Irrecuperabile. Viene sancito il pareggio, a meno che – propone il capitano dell'Inghilterra – non ci si ritrovi tutti dopo trentatré anni, e si continui quella che è stata subito battezzata la Partita Interrotta. Stessi giocatori, stesse formazioni. Trentatré anni sono una vita. Quei ragazzi che si bullavano dopo un gol con le ragazze assiepate sulle tribune di fortuna hanno preso strade diverse: alcuni si sono buttati in politica, uno è morto per droga, un altro è missionario, c'è chi fa l'avvocato dell'alta borghesia, un altro fa il medico e un altro ancora marcisce in galera. La vita li ha investiti in pieno, lasciando cicatrici e speranze spezzate, figli amati e un filo di memorie che si annoda a un "noi", antico e nuovo. Quanta vita e quante vite in questa sfida. Epica come una battaglia dell'Iliade. Quei ragazzi diventati adulti sono pronti a riprendere la Partita Interrotta di trentatré anni prima.

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La partita di Stefano Ferrio

"Sotto 1 a 2 – a 7' dalla fine, contro il Bar Fantasia – stavano per soccombere anche in quel pomeriggio di giugno. Il giorno di quel tiro al volo disegnato da Dio. Quando tutto ebbe inizio sulla fascia sinistra." Fine anni settanta. Una sgangherata squadra della provincia Veneta composta da rag…