“Noi non siamo né saggi né stolti.”
Una profonda e poetica riflessione sulla convivenza fra gli esseri umani e la natura. Una delle opere letterarie e spirituali più amate del Novecento, seguito postumo del capolavoro Il Profeta. Gibran vi lavorò fino al giorno precedente la sua morte, avvenuta a New York il 10 aprile 1931. Almustafa, l’eletto e l’amato, in cui Gibran adombra se stesso, ritorna alla propria terra natale (il Libano) dopo dodici anni di esilio nella città di Orphalese (New York). E come alla partenza, esaudendo le richieste del popolo, aveva pronunciato i sermoni sugli aspetti principali della vita dell’uomo, così al ritorno in patria egli si rivolge alla propria gente e ai nove che si sono eletti suoi discepoli: nel medesimo ruolo di chirurgo d’anime e con lo stesso tono del dispensiere di saggezza sociale, Almustafa-Gibran sermona ancora sulla vita e sul desiderio, sulle cose inanimate e sul tempo, su Dio e sull’esistenza.