“Cielo e terra non possono compiere qualsiasi cosa; e il saggio non è onnipotente”
La vitalità del taoismo, la tradizione filosofica e religiosa che, insieme al confucianesimo, ha più profondamente permeato il pensiero cinese in oltre duemila anni, sta nella sua natura fluida, che sfugge a ogni inquadramento dottrinario; nell’accento posto sulla spontaneità e sulla naturalezza; nel rifiuto dei ruoli e delle convenzioni sociali; nello humor e nell’ironia con cui erode le certezze della mente ordinaria; e infine in una sottile vocazione anarchica. Il Lieh Tzu (o Liezi, nella attuale romanizzazione pinyin del cinese) è forse la formulazione più accessibile di questa “non-dottrina”. Pervenutoci in una redazione di vari secoli posteriore agli altri due classici del taoismo, il Tao Te Ching e il Chuang Tzu, in questo testo il discorso filosofico è strettamente intrecciato con una componente sciamanica, in cui il magico e il meraviglioso vengono costantemente a ricordarci il mistero dell’universo in cui siamo immersi. E la complessità del carattere del Lieh Tzu è pienamente restituita da Augusto Shantena Sabbadini, profondo conoscitore della cultura cinese classica, in questa traduzione integrale dall’originale cinese, accompagnata dai suoi commenti esplicativi e di raffronto con altre scelte interpretative.