Antonio Albanese racconta il suo primo romanzo.
"Il desiderio di scrivere questo romanzo arriva da molto lontano, dal ricordo sbiadito di uno zio che, quando ero bambino, mi raccontò la sua fuga da un campo di...
Questo è un libro a suo modo assurdo. Perché qui Antonio Tabucchi – da sempre innamorato del Portogallo – fa una capriola letteraria e scrive la sua Lisbona con l’unica lingua che poteva restituirle il giusto sapore. Compie un trasloco linguistico, e ci conduce al paradosso di leggere la traduzione italiana dell’opera in portoghese di un autore italiano. Certo, è un trasloco che si porta dietro delle conseguenze, degli inciampi. E infatti il protagonista di questa storia si trova catapultato in una Lisbona torrida e deserta, senza sapere come né perché. Solo una cosa sa: che a mezzanotte dovrà incontrare un fantasma. Nelle dodici ore che lo separano dall’appuntamento, inizia a muoversi in uno stato sospeso tra sogno e realtà, attraverso associazioni dell’inconscio che lo portano da una parte all’altra della città. Ma il suo andare dilata il tempo, lo spazio delle ore si espande e accoglie i ricordi del passato, tutto mescola, tutto allucina. E la soglia tra morte e vita sfuma, si posa leggera sull’orizzonte lontano del mare. Una lettura spiazzante, a tratti inquietante e a tratti dolcissima, dove Tabucchi fa mostra di una finezza ineguagliata nell’omaggiare il paese e la lingua che erano per lui luogo di affetto e di riflessione.
“La notte è calda, la notte è lunga, la notte è magnifica per ascoltare storie.”
Antonio Tabucchi (Pisa, 1943 - Lisbona, 2012) ha pubblicato Piazza d’Italia (Bompiani, 1975), Il piccolo naviglio (Mondadori, 1978), Il gioco del rovescio (Il Saggiatore, 1981), Donna di Porto Pim (Sellerio, …