Gianni Riotta: L'America tra i fantasmi di Gettysburg. Bush e Kerry al referendum della paura

25 Ottobre 2004
I fantasmi amano il mese di ottobre e le ombre tra il crepuscolo e l'alba, nella nebbia. La foschia sul campo di battaglia dove, tra il primo e il tre di luglio del 1863, caddero, morti o feriti, 50.000 americani, giacche blu nordiste e grigie casacche sudiste, è casa per gli spettri. Al buio inciampate su un sasso, la torcia elettrica rivela giallastra la scritta scolpita in maiuscolo "New York 867 corpi", pochi passi più in là, "New Jersey 78 corpi" o "Pennsylvania 534 corpi", fino al malinconico "Ignoti 425 corpi". Al Gettysburg College, antichi edifici in mattoni rossi e portici bianchi al confine del prato, gli spiriti dei feriti e degli amputati in agonia convivono con gli studenti "Nessuno di noi prende mai l'ascensore fino allo scantinato, i fantasmi vivono là, una bidella li ha visti ancora la settimana scorsa. Il college fu trasformato in ospedale, ogni aula colma di giacigli" assicura una professoressa di lingue. Le visite dei reduci dall'Oltretomba sono tanto numerose da persuadere lo scrittore Mark Nesbitt ad organizzare giri turistici, "I fantasmi di Gettysburg", 40 dollari (33 euro) per terrorizzare al buio adolescenti e pensionati. Il chilometro quadrato della paura comincia al Costone del Cimitero, dove il colonnello Pickett caricò con i suoi uomini le trincee e i cannoni del Nord. Di corsa, senza riparo, per un miglio, vedendo cadere compagni e ufficiali, riuscendo solo a piantare per un attimo la bandiera sulle fortificazioni dei Federali, per poi contare morti, feriti, prigionieri, dispersi: fantasmi. I manuali, il McPherson, il Foote, ricordano il coraggio, Pickett attaccò con 11.000 soldati e il giorno dopo risposero all'appello in 800. L'Armata del generale Robert Lee restò orfana di 17 generali. I libri lasciano la paura a piè di pagina, eppure in questo campo di ombre, foschia e fantasmi, dove ogni filo d'erba è stato concimato di sangue, la paura, vera, grande, silenziosa, infida e tragica protagonista della campagna elettorale 2004, stagna come la guazza. Parlate con Susan Rice, consigliere del senatore democratico John Kerry, chiedete a Rich Falkenrath, già vicedirettore dell'Antiterrorismo del presidente George W. Bush, e la minuta signora afroamericana e il gigantesco studioso bianco confermano "Le elezioni saranno decise dalla sicurezza, dalla guerra al terrorismo, dall'Iraq". Fuori dal dialetto geopolitico vuol dire dalla paura, sentimento che a Gettysburg fece fuggire un pugno di disertori e caricare a morte migliaia di loro compagni. Di che cosa ha paura la Pennsylvania, stato in bilico tra Kerry e Bush, uno degli undici decisivi per la Casa Bianca? Di che cosa hanno paura gli americani? Perché queste elezioni passeranno alla storia come un referendum sul terrore. "La scelta è semplice. La gente non ama e non è convinta più da Bush che, comunque vada non andrà oltre il 48, 49% dei voti, ma sa che il presidente spara a vista sui terroristi e si sente sicura. Kerry è più cerebrale e colto, ma molti temono non sia duro contro il terrore" sintetizza Anthony Corrado, studioso di origine milanese che ha, come nessuno, il polso degli elettori dalla Brookings Institutions. Hanno paura di morire gli americani? Di restare feriti in un attentato? Di perdere il lavoro? La libertà? La guerra? Le due banche dati che raccolgono il sentimento dei cittadini, "Demzilla", archivio dei democratici, e "Cassaforte", centro analisi repubblicano, sanno che Bush e Kerry vincono o perdono sulla rassicurazione. Non c'entrano i confini degli Stati, la Pennsylvania divisa tra le metropoli, Philadelphia e Pittsburgh, e la campagna dei boschi, campi e fattorie con i contadini della setta Amish ancora in costume nero del XVIII secolo, vota sulla paura come l'Ohio dei disoccupati, la California dei new media, la Florida degli uragani e Washington di Bill Gates. La paura fa 270, i punti necessari a vincere la presidenza evitando il beffardo pareggio a 269 (che sarebbe risolto dalla Camera dei deputati a favore di Bush). Capire che cosa veramente rode il cuore degli americani serve a noi europei a capire che tempo farà sull'Atlantico. Non è la paura di bin Laden dietro il ristorante Blue Parrott, che si dice affollato di spettri, non è il rischio di al Qaeda davanti ai club degli studenti Gamma Delta Phi, birra e ragazze per tutto il week end. Ogni cittadino Usa ha una chance su 6.745 di morire in auto, una su 82.977 in un incendio, una su 390.000 in aereo, una su 4.468.159 colpito da un fulmine ma il rischio di essere coinvolto in un attentato è ancora minore, trascurabile secondo il Center of Risk Analysis dell'Università di Harvard www.hcra.harvard.edu. E allora? "La paura è sottile - spiega Corrado - le immagini della strage di scolari a Beslan, in Russia, hanno fermato la rimonta di Kerry tra le donne, perché tante mamme si son dette e se accadesse ai miei bambini". Cercare i fantasmi è inutile. Da soli, al buio, nel dolore della battaglia che decise le sorti dell'America, davanti alle luci del villaggio in cui il presidente Lincoln pronunciò il più bel discorso della storia politica auspicando "l'idea di un governo di popolo, dal popolo e per il popolo", si capisce la lezione della paura. È il timore che la caduta del Muro di Berlino abbia sancito lo zenit per la repubblica americana e che già il crollo delle Torri Gemelle annunci il declino. Non temono di morire in un attacco i paciosi cittadini di Gettysburg che accolgono i turisti in costumi della Guerra Civile. Temono l'euro più caro del dollaro, il petrolio a 53 dollari al barile e la benzina oltre 2 dollari al gallone, i cinesi più produttivi degli ultimi operai di Pittsburgh, gli indiani più telematici dei loro figli. Susan Rice e Rich Falkenrath sanno che il 3 novembre solo uno di loro sarà al potere e la paura deciderà chi. "Il mio timore - dice Falkenrath facendo tintinnare i polsini d'argento con l'aquila smaltata in blu - è un attacco il giorno del voto. Dobbiamo allora elevare il livello di rischio? E se questo venisse interpretato come propaganda velenosa per intimorire gli elettori? In molti seggi del Sud, dove sarà schierata la Guardia nazionale in armi, i vecchi elettori afroamericani minacciano proteste". E Rice "Un Iraq islamico, Iran e Nord Corea nucleari, guerra con gli europei sul commercio: ecco i pericoli. Kerry capisce che il terrore è la tattica del nemico, nemici sono i fondamentalisti". Questa, chiunque vinca nel Giorno dei Morti, è la prossima America. Un Paese dove il mercato privato dell'antiterrorismo vale 50 miliardi di dollari l'anno, in protezione e sicurezza, più 40 miliardi investiti dal governo. Mark Zandi del sito ricerche www.economy.com calcola che il blocco "industriale per la sicurezza" sarà presto potente come la lobby "industrial-militare" detestata dal presidente Eisenhower. La guerra al terrorismo domestico comporta uno 0.3% di tasso di crescita e crea ogni anno 140.000 posti di lavoro. Corsa allo spazio e Internet sono frutti della ricerca militare di ieri, oggi il mercato della paura crea innovazione, con miliardi di dollari per le aziende specializzate, Northrop Grumman e BAE Systems per un recettore da fornire agli aerei di linea contro i missili, Unysis per marcare elettronicamente i containers a rischio, Datacard per carte di identità complesse, capaci di leggere l'iride negli occhi di un sospetto. Abraham Lincoln seppe vincere la battaglia di Gettysburg e la paranoia che, a stagioni cicliche, spazza il continente americano. Il prossimo presidente ha due nemici, uno nascosto e feroce nelle caverne al confine dell'Afghanistan, l'altro impalpabile e atroce, l'insicurezza dei cittadini per il futuro. È un nobile gioco del destino che i voti della Pennsylvania, sacra a Gettysburg, siano decisivi per la Casa Bianca del XXI secolo, come questi campi gloriosi che attraverso nell'oscurità fitta furono decisivi per la giovane democrazia del 1863.

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …