Giulietto Chiesa: A proposito di 11 settembre di che complotto parliamo?
05 Giugno 2006
A proposito dell'11 settembre: chi è il complottista? Quello che accetta la versione ufficiale, secondo cui 19 spostati, guidati da un signore che non sa quasi niente di cosa stanno facendo, e che è a 20 mila chilometri di distanza, in una grotta afghana, riescono a realizzare il 75% dei loro obiettivi (tre aerei su quattro) ammazzando circa 3000 persone e mettendo nel panico più totale la prima e unica superpotenza mondiale? Oppure quello che non crede a una tale fantasiosa, ridicola e insostenibile versione dei fatti e chiede, semplicemente, che gliene venga fornita una migliore, più credibile, corrispondente ai dati di fatto che si vanno accumulando ormai da cinque anni e non possono più essere smentiti?
Nonostante il complotto sia, con ogni evidenza, quello descritto e fornito dall'Amministrazione americana; nonostante si abbia tutti la prova che il presidente degli Stati Uniti, e il suo vice sono dei bugiardi matricolati; nonostante che costoro abbiano già fatto morire (in Irak) mandandoli a combattere sulla base di una serie di clamorose menzogne, almeno tanti americani quanti quelli che morirono negli attentati dell'11 settembre (senza contare i morti civili in Afghanistan e in Irak, che per l'occidente non contano infatti nulla); nonostante tutto questo sia già largamente noto, sono quelli che chiedono la verità a essere definiti ‟complottisti” e le loro idee ‟teorie del complotto”.
E chi sono gli accusatori? Tutti i più importanti organi d'informazione del mondo. I quali, invece di fare del giornalismo, sottoponendo la versione ufficiale alle normali verifiche che si merita ogni versione ufficiale, sono diventati propagandisti megafoni, addetti stampa del governo statunitense. Da cinque anni una cappa di silenzio pesante come il piombo è calata sulla vicenda che ‟ha cambiato la storia del mondo”. Niente di meno.
Dell'11 settembre si è continuato a parlare, come in un mantra ripetuto all'ossessione; delle sue conseguenze - la guerra contro il terrorismo internazionale - sono piene le pagine e gli schermi del mondo intero. Ma ogni interrogativo è stato taciuto. Anzi, i pochi che cercavano di riproporre qualche timida obiezione, basandosi sulle più gigantesche incongruenze della versione ufficiale, cioè del complotto ufficiale, venivano semplicemente irrisi, quando non squalificati come pazzi, dementi, o pericolosi alleati degli stessi terroristi islamici.
A tal punto il mainstream informativo ha taciuto, mentito, distorto i fatti, intimidito, censurato autocensurandosi, da costringere alla conclusione che se un complotto c'è stato, è stato quello dei grandi media informativi: per impedire che il complotto vero, ufficiale, venisse scoperto e denunciato. Una colossale operazione di stornamento dell'attenzione è stata compiuta e l'inganno è diventato un fatto storico di tale pietrosa possanza da non poter essere non dico demolito, ma nemmeno scalfito dalla minima ombra di dubbio.
Ma, a cinque anni di distanza, le crepe nel muro di silenzio si sono fatte larghe. E tacere non è più possibile, neanche negli Stati Uniti dove parlare equivale a essere bollati come terroristi (in Italia solo un po' meno). Così si spiega che Matrix abbia deciso di parlare dell'11/9 per ben due volte in pochi giorni. È avvenuto dopo che Beppe Grillo, sul suo blog, aveva deciso di pubblicare una mia lettera, con l'invito a ‟Rompere il muro del silenzio”. E come conseguenza non solo il blog è stato invaso di commenti, di sollievo in gran parte, di gente che aspettava da un momento all'altro che saltasse il tappo, ma il sito di Megachip (www.megachip.info) e il suo dossier 9/11 è stato assaltato da oltre 220 mila accessi individuali nello spazio di tre giorni.
Cose italiane, da periferia dell'impero, si dirà. E invece non è così. Perchè pochi giorni prima, precisamente il 23 maggio, il primo sondaggio d'opinione in materia, condotto negli Stati Uniti dall'autorevole Zogby, per conto del gruppo di studio ‟Verità sul 9/11” (quello che ha organizzato un grande incontro a Chicago che si apre in questi giorni) ha permesso di scoprire che il 45% degli americani pensano che sia accettabile l'idea di riaprire l'inchiesta sugli attacchi dell'11 settembre, mentre il 42% sono dell'opinione che vi sia stato un complotto (cover up), ma che a compierlo, per coprire la verità, sono state le autorità federali. Sono minoranza, quelli che la pensano così, ma non sono più ‟marginali”. Forse è per questa ragione che qualcosa comincia a trapelare, per impedire che il piccolo rivolo diventi un torrente. Così escono filmati misteriosi che prima erano tenuti segreti. E usciranno altre cose, per alzare cortine di fumo, e confondere le piste. Il bello sta per arrivare, basta stare attenti, e con gli occhi aperti.
Nonostante il complotto sia, con ogni evidenza, quello descritto e fornito dall'Amministrazione americana; nonostante si abbia tutti la prova che il presidente degli Stati Uniti, e il suo vice sono dei bugiardi matricolati; nonostante che costoro abbiano già fatto morire (in Irak) mandandoli a combattere sulla base di una serie di clamorose menzogne, almeno tanti americani quanti quelli che morirono negli attentati dell'11 settembre (senza contare i morti civili in Afghanistan e in Irak, che per l'occidente non contano infatti nulla); nonostante tutto questo sia già largamente noto, sono quelli che chiedono la verità a essere definiti ‟complottisti” e le loro idee ‟teorie del complotto”.
E chi sono gli accusatori? Tutti i più importanti organi d'informazione del mondo. I quali, invece di fare del giornalismo, sottoponendo la versione ufficiale alle normali verifiche che si merita ogni versione ufficiale, sono diventati propagandisti megafoni, addetti stampa del governo statunitense. Da cinque anni una cappa di silenzio pesante come il piombo è calata sulla vicenda che ‟ha cambiato la storia del mondo”. Niente di meno.
Dell'11 settembre si è continuato a parlare, come in un mantra ripetuto all'ossessione; delle sue conseguenze - la guerra contro il terrorismo internazionale - sono piene le pagine e gli schermi del mondo intero. Ma ogni interrogativo è stato taciuto. Anzi, i pochi che cercavano di riproporre qualche timida obiezione, basandosi sulle più gigantesche incongruenze della versione ufficiale, cioè del complotto ufficiale, venivano semplicemente irrisi, quando non squalificati come pazzi, dementi, o pericolosi alleati degli stessi terroristi islamici.
A tal punto il mainstream informativo ha taciuto, mentito, distorto i fatti, intimidito, censurato autocensurandosi, da costringere alla conclusione che se un complotto c'è stato, è stato quello dei grandi media informativi: per impedire che il complotto vero, ufficiale, venisse scoperto e denunciato. Una colossale operazione di stornamento dell'attenzione è stata compiuta e l'inganno è diventato un fatto storico di tale pietrosa possanza da non poter essere non dico demolito, ma nemmeno scalfito dalla minima ombra di dubbio.
Ma, a cinque anni di distanza, le crepe nel muro di silenzio si sono fatte larghe. E tacere non è più possibile, neanche negli Stati Uniti dove parlare equivale a essere bollati come terroristi (in Italia solo un po' meno). Così si spiega che Matrix abbia deciso di parlare dell'11/9 per ben due volte in pochi giorni. È avvenuto dopo che Beppe Grillo, sul suo blog, aveva deciso di pubblicare una mia lettera, con l'invito a ‟Rompere il muro del silenzio”. E come conseguenza non solo il blog è stato invaso di commenti, di sollievo in gran parte, di gente che aspettava da un momento all'altro che saltasse il tappo, ma il sito di Megachip (www.megachip.info) e il suo dossier 9/11 è stato assaltato da oltre 220 mila accessi individuali nello spazio di tre giorni.
Cose italiane, da periferia dell'impero, si dirà. E invece non è così. Perchè pochi giorni prima, precisamente il 23 maggio, il primo sondaggio d'opinione in materia, condotto negli Stati Uniti dall'autorevole Zogby, per conto del gruppo di studio ‟Verità sul 9/11” (quello che ha organizzato un grande incontro a Chicago che si apre in questi giorni) ha permesso di scoprire che il 45% degli americani pensano che sia accettabile l'idea di riaprire l'inchiesta sugli attacchi dell'11 settembre, mentre il 42% sono dell'opinione che vi sia stato un complotto (cover up), ma che a compierlo, per coprire la verità, sono state le autorità federali. Sono minoranza, quelli che la pensano così, ma non sono più ‟marginali”. Forse è per questa ragione che qualcosa comincia a trapelare, per impedire che il piccolo rivolo diventi un torrente. Così escono filmati misteriosi che prima erano tenuti segreti. E usciranno altre cose, per alzare cortine di fumo, e confondere le piste. Il bello sta per arrivare, basta stare attenti, e con gli occhi aperti.
Giulietto Chiesa
Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …