Michele Serra: L'amaca di giovedì 19 febbraio 2009

24 Febbraio 2009
Chi nutre qualche perplessità sulla svolta ecumenista dell’ultimo Benigni (comunista, cristiano, nazional-popolare, prodigo di abbracci a trecentosessanta gradi) ha di che riflettere dopo la sua esibizione sanremese. Il suo potente, preciso intervento sull’omosessualità mi è parso dirompente proprio perché non scaturiva più dalla seducente periferia artistica di provenienza. Non era il Benigni di Televacca, non quello sboccato e marginale che tanto ci entusiasmò da giovani, a opporre al Papa (perché di questo si è trattato) l’elogio dell’amore tra gli umani, e in esso l’amore omosessuale. Era il Benigni "di governo", quello sdoganato e oramai "di tutti", l’artista famoso e celebrato, il Benigni formato-famiglia che sbanca al botteghino, vince l’Oscar e siede comodamente al centro del consenso popolare. Proprio questa sua "centralità", con tutti i suoi i rischi di normalizzazione da successo, ha caricato il suo intervento di una speciale seduzione. Non era un corsaro che parlava in favore della libertà dell’eros, era un ammiraglio. Uno degli artisti italiani più popolari e amati che si rivolgeva, riuscendo a farsi capire, a un pubblico non selezionato e vastissimo: lo stesso pubblico al quale le avanguardie non sanno o non vogliono parlare. Ecco un ex rivoluzionario che del potere - cosa rarissima - ha saputo fare uso eccellente.

Tutti i santi giorni di Michele Serra

Scrivere tutti i giorni, per anni, usando il materiale che la cronaca, la politica, il costume ci rovesciano addosso a ritmo forsennato. Scrivere cercando di rifare un poco di ordine, di ridare un minimo di significato alle notizie, agli umori pubblici e privati, alle proprie reazioni. Scrivere com…