Uno scorcio di storia italiana, dagli anni trenta all'inizio della guerra, da un paesino della bergamasca a un paesino del Lazio. Il mondo duro, ostile e chiuso delle tradizioni, della religione, della miseria, visto attraverso gli occhi acuti e l'intelligenza viva di una bambina, Cecilia, che nonostante tutto riesce a crescere.
Immaginate un paesino della Val Seriana, raggiungibile con un'improbabile corriera che si avventura di curva in curva e in cui solo gli stomaci forti sopravvivono; immaginate un'insegnante, costretta a lasciare il marito a Roma, che vi giunge con due ragazzini, un maschio e una femmina subito accolti dal disprezzo compatto e tetro dei compagni al grido di "Terù, Romani lazarù!".
Che cos'era la scuola in quegli anni, in cui i piccoli montanari intabarrati nelle mantelle nere imparavano l'Abc del fascismo, l'Abissinia, i "tucul" dei negri ecc.? Storditi dalle approssimative informazioni religiose, imbottiti dal catechismo degli angeli custodi e, se mai, in pianto per le malefatte dei custoditi, abbandonati in uno stato pietoso per igiene, pulizia, alimentazione, i bambini degli anni trenta cantavano stornelli come Pimpì oselì / pa mòl pa frèsch / indovina chi l'è / chèsto ché, alternati a Garrisci al sol che abbella, gagliardo tricolore.
Un romanzo duro ma anche ricco di umorismo, dove infiniti si rivelano gli espedienti per sopravvivere, per capire: i ragazzini si salveranno e, forse, salveranno il mondo.