Di nuovo sulle sue montagne ma anche a Tripoli e a Beirut, Jabbour Douaihy narra in questo romanzo la storia di Nizam, nato in una famiglia sunnita di Tripoli, seconda città del Libano, e allevato in un paesino di villeggiatura montana, Haoura, da un’abbiente famiglia maronita che gli darà il proprio nome e la propria religione. Ventenne, a Beirut, frequenta la gioventù rivoluzionaria sessantottina. È qui che lo sorprende lo scoppio della guerra civile. Ed è qui che affronta la sua duplice appartenenza, musulmana e cristiana, di cui lui non si è mai crucciato ma che nessuno, nelle due comunità, ha mai accettato. Nell’epilogo, tragico e al contempo demenziale, Nizam diventa metafora di un paese diviso dalla follia identitaria dei suoi abitanti.
Il tema dell’identità, delineato con originalità ed emozione, i personaggi, lo stile narrativo fluido e trasparente, ingentilito da descrizioni della natura molto poetiche, visionario nella follia e nella solitudine del protagonista, fanno di San Giorgio guardava altrove un romanzo davvero intenso e attuale che descrive il dramma di un uomo nato musulmano, cresciuto cristiano, e che da adulto non sa chi è, in un paese dove questa libertà non esiste.