Cosa succede se un giorno un uomo qualunque, Mac per la precisione, decide di assecondare la sua indole e si cimenta nella stesura, se non di un romanzo, almeno di un diario?
Quanto tempo gli ci vorrà per capire cosa scriverebbe se decidesse di scrivere, visto che accostarsi alla letteratura in tarda età, da novellino, gli offre il vantaggio di non sapere che scrivere è smettere di scrivere? In fondo la sua vocazione autentica è quella del falsificatore e dove meglio dispiega il suo talento è nella ripetizione, nella modifica. E allora perché non dedicarsi alla riscrittura del romanzo di un odioso vicino di casa che altro non è se non una raccolta di molti scritti assai diversi tra loro?
Ecco cosa succede nell’ultima fatica di Enrique Vila-Matas; in un libro che è al contempo diario, romanzo, saggio e racconto e in cui i generi si diluiscono e perdono i propri confini per risalire all’origine di tutto, alle primigenie narrazioni orali, a quel ridotto repertorio che instancabilmente si declina da tempi immemori. E mentre il protagonista si aggira per il quartiere raccontando le piccole gesta dei vicini nel trionfo di una normale trivialità un po’ allucinata, facendone oggetto di scrittura, Vila-Matas erode in modo definitivo la barriera tra letteratura e vita.
Comico e geniale, l’ultimo romanzo di uno scrittore extraterrestre.
“Ritorna il miglior Vila-Matas, con il suo magnifico bagaglio letterario, il suo sguardo, le sue storie, il suo humour inesauribile e la sua scrittura.” El País