
Anna Quindlen presenta Londra immaginata
Anna Quindlen ha cominciato la sua carriera nel giornalismo, lavorando per il ‟New York Post” e successivamente per il ‟New York Times”. Nel 1992 ha vinto il premio Pulitzer per il giornalismo. È autrice di quattro romanzi, bestseller negli Stati Uniti, e di opere di non-fiction. Dal 1999 scrive regolarmente su ‟Newsweek”. In Londra immaginata disegna una Londra letteraria successivamente ripercorsa dalla conoscenza personale: si va da quella grigia e nebbiosa dell’immediato dopoguerra, ancora segnata dai bombardamenti nemici, uscita dalla penna di Patricia Wentworth, a quella dei derelitti di dickensiana memoria, e ancora a quella ironica e briosa popolata dagli altezzosi personaggi di Evelyn Waugh oppure alla Londra delle figure contraddittorie e inquietanti uscite dalle pagine di Virginia Woolf. Un’intervista.

John Haskell presenta American Purgatorio
John Haskell, cresciuto in California, ha studiato alla Columbia Universiy di New York e ha fondato il Huron Theater a Chicago. È autore di un’antologia di racconti molto lodata dalla critica, Non sono Jackson Pollock (Bookever 2004). In questa intervista lo scrittore risponde ad alcune domande su American Purgatorio.

Pino Cacucci e la scrittura. Un’intervista
Il bisogno di scrivere? ‟C’è un’espressione messicana che lo sintetizza: sacar el diablo pa’ fuera’. Buttare fuori demoni e frustrazioni, sfogare rabbia e delusioni… E anche imparare a stare solo con me stesso: era la fine degli anni 70 e venivo da un eccesso di sensibilità, dal vivere in comune tutto, in strada e in piazza. Ho cominciato a scrivere per raccontare a me stesso una realtà diversa da quella che si imponeva fuori.”
La cultura è ‟Sinonimo di curiosità. Bisogno incessante di saperne di più senza la pretesa di spiegare tutto. Cultura nell’accezione spagnola di ‟coltivazione”: coltivare il dubbio che è sempre fecondo, contro le certezze assolute che hanno fatto i peggiori disastri nella storia del genere umano.”

Giorgio Bocca presenta Napoli siamo noi
La malattia più grave di Napoli non è la camorra, ma come in tutto il Sud, il Centro e il Nord, è l’immoralità e la vigliaccheria della politica, che cerca il consenso costi quel che costi, che fa finta di non vedere. Un’intervista video a Giorgio Bocca.