
Perché ho scelto Ratzinger. Intervista a Carlo Maria Martini
"(...) Egli è stato sempre un uomo di grande umanità, cortesia e gentilezza, pronto all´ascolto anche di pareri differenti dal suo. Ne ho avuto l´esperienza quando per dieci anni sono stato membro della Congregazione della Fede, da lui presieduta. Come scriveva lo stesso cardinal Ratzinger in un breve intervento per il mio quindicesimo anno di episcopato: 'Nessuno si meraviglierà se dico che noi non siamo sempre stati dello stesso parere. Per temperamento e per formazione siamo senza dubbio molto diversi l´uno dell´altro'. E dopo aver ricordato le ragioni di queste diversità concludeva: 'In ogni caso, queste due posizioni non si escludono affatto, al contrario, esse si integrano e si completano a vicenda. Posizioni e accenti differenti sono necessari per permetterci, a partire da aspetti diversi, di avvicinarsi al compito complesso della Chiesa in questo tempo e di tentare, più o meno, di svolgerlo'."

Federico Moccia risponde al questionario di ‟io donna"
Federico Moccia rispondendo alle domande del questionario liberamente ispirato al famoso gioco di Marcel Proust, ci parla dei suoi gusti, letterari e non, dei suoi pregi e dei suoi difetti, e ci permette così di conoscere un po' meglio l'autore di Tre metri sopra il cielo.

Umberto Contarello presenta Una questione di cuore
Alberto ha una vita sentimentale caotica. Prova a mettervi ordine decidendo di convivere con Carla. La casa, che avrebbe dovuto essere la loro casa, si trasforma in quello che di fatto è: un grande appartamento, molto vuoto, molto freddo, senza prospettiva. Anche il sesso ha cominciato a tacere. In parte, si spegne anche la voce professionale e Alberto, sceneggiatore, si sente assediato da agenti e produttori. In questo momento di oscura tensione interiore arriva un infarto. Alberto lo riconosce: ha ‟il morso di una carpa sdentata”, è un cupo segnale, un’invettiva del corpo, una domanda che rimane aperta…
Umberto Contarello presenta Una questione di cuore

Galassia Gutenberg da rafforzare con il sostegno delle istituzioni. Un'intervista a Ernesto Ferrero
”A ogni morto ammazzato e episodio di violenza rimbalzato da Napoli soffro come un cane perché non riesco ad associarli all'idea che ho io di Napoli”, dice Ferrero. ‟Amo profondamente questa città, o meglio i napoletani, perché in loro la perfetta conoscenza dell'umano, della relatività delle cose, dei rapporti sociali come recita a soggetto, insomma una visione sostanzialmente tragica della vita si sublima in un humour malinconico, in una teatralizzazione autoironica che strizza l'occhio allo spettatore-complice. Eduardo, insomma, Totò, tanti altri grandi’. Io sto bene, con i napoletani d'ogni età e specie, li sento fraterni in una specie di pietas verso la fragilità dell'esistente, che è poi è la sua struggente bellezza, la sua necessità, nello scatto umoristico, nella siderale lontananza da ogni fanatismo, da una visione manichea del mondo. Anche solo pensare a Napoli mi dispone internamente a una specie di sorriso che è il riconoscimento di una fraternità, una tenerezza quasi del sangue. Forse questo discende da qualche eredità genetica, forse è semplicemente il fatto che i veri parenti uno se li sceglie”.