Intervista a Maggiani: L’amore è attesa, è costruzione

Intervista a Maggiani: L’amore è attesa, è costruzione

È stata una vertigine di Maurizio Maggiani può fregiarsi del titolo di libro d'amore dell'anno. Vince infatti con la sua prosa esemplare, limpida, ardente l' edizione 2003 del premio letterario internazionale "Scrivere per amore" che il Club di Giulietta di Verona presieduto da Giulio Tamassia organizza per l'ottava volta in collaborazione con il Comune di Verona-assessorato alla cultura. Questo il verdetto della giuria dopo una coscienziosa lettura dei libri pervenuti. In gara, oltre a È stata una vertigine, Due paia di jeans di Franco Bignotto, L'altra sera di Enrico Palandri, 6 aprile '96 di Sveva Casati Modignani, Una lunga estate di Alain Elkaan, La città di Iram di Younis Tawfik, Nessun Dio a separarci di Pia Fontana, Diario di una blogger di Francesca Mazzucato, Io l'amavo di Anna Gavalda.
Il titolo del libro vincente non deve però trarre in inganno. Non si tratta di un appassionato romanzo narrante di una travolgente vicenda sentimentale, ma di un libro composto da 13 racconti il cui sottotitolo, come dice l'autore "avrebbe dovuto essere "Tredici pezzi d'amore"". Racconti mirabili, equilibratissimi, densi di un vissuto che ricopre molti anni di vita, dall'infanzia alla maturità, alla vecchiaia, quasi a ribadire che non esiste un tempo per il sentimento, per la passione, per l'eros, ma che tutta la nostra esistenza, per essere degnamente tale, deve essere sostenuta da una ossatura dai molteplici rami che si chiama semplicemente amore…

Intervista a Bijan Zarmandili su La grande casa di Monirrieh

Intervista a Bijan Zarmandili su La grande casa di Monirrieh

Le vicissitudini di una donna in cui sembra incarnarsi il destino di un paese e di una cultura. La storia della bellissima Zahra, dagli anni trenta al conflitto Iraq-Iran. L’amore contrastato per un giovane ebreo, il matrimonio, la maternità, la sfida dentro le mura della "grande casa di Monirrieh". L’Iran che guarda all’Occidente, l’Iran che torna alle sue radici, l’Iran che sul corpo di Zahra incide il segno di una radicale contraddizione.

La metafora dell’amore in tempo di guerra. Intervista a Maggiani

La metafora dell’amore in tempo di guerra. Intervista a Maggiani

Probabilmente ha ragione Eugenio Serbeni a definirlo "il narratore più libero da condizionamenti". Nel suo nuovo romanzoÈ stata una vertigine Maurizio Maggiani prende infatti in contropiede il lettore, lo spiazza con una storia d’amore dallo stile rarefatto e distillato, un mosaico di tredici storie (che il numero abbia a che fare con la cabala?) irriducibili a un’unità organica. Nulla a che vedere con la struttura corposa e la trama proliferante dei precedenti romanzi Il coraggio del pettirosso e La regina disadorna (ma anche l’esordiale Màuri Màuri si muoveva in tutt’altra direzione). Qui Maggiani ha rimesso in gioco se stesso con l’imprevedibilità di un anarchico che si mette a parlare d’amore (non solo quello che lega un uomo a una donna) "in tempo di guerra", come suggerisce l’autore, tanto che "il libro avrebbe potuto sottotitolarsi L’amore in tempo di guerra".

Amos Oz: Il mio deserto, misura delle cose

Amos Oz: Il mio deserto, misura delle cose

Il romanziere israeliano comincia le giornate con una passeggiata nella depressione di sabbia.
‟Il deserto è per me la misura delle cose. Una specie di pietra di paragone. È lui che mi dice che cosa conta e che cosa no. Tutto cambia, nel mondo. Solo il deserto resta sempre lo stesso. È sempre qui, sempre lo stesso: questa sua fissità insegna a vedere le cose nel verso giusto. Quando, tornato dalla mia passeggiata quotidiana, sento il giornale radio e dentro l'apparecchio qualche politico sbraita i suoi proclami fitti di "per sempre" e di "mai", ormai so che queste misure di tempo varranno forse sei mesi, forse un anno, magari anche tre. Ma solo il deserto conosce il sempre e il mai: e così se la ride di queste parole gonfie. E me la rido un poco anch'io, insieme a lui”… ‟È proprio questa fissità che diventa il termine di paragone per confrontarvi ciò che nel mondo irrimediabilmente passa, non dura. Questo suo restare fermo, nel tempo e nello spazio, mi dice che cosa è giusto e che cosa no. (…) Questo deserto non è sabbia, non è uno spazio geografico uniforme, indistinguibile. Queste montagne sono l'eternità. Sono qui da sempre e ancora resteranno. Così va il tempo, nel deserto. Nulla cambia.”