
Ricordi del futuro. Colloquio con Remo Bodei
La memoria nell'epoca digitale? "È un impegno etico. È fedeltà alla comprensione, non alla registrazione. La memoria del computer è solo un deposito". Nell'epoca della Rete, dell'information overload, della nuova forma assunta dalla globalizzazione, la memoria è al centro di sollecitazioni gigantesche: registrata in milioni di computer, riformulata dal bisogno di nuove identità, la memoria è, insieme, malato e medico. Come sempre, si trasforma e ci trasforma. Saltando dalla strumentalizzazione all'invadenza, dalla manipolazione alla ricerca di senso. E, invitato a condividere le sue riflessioni sul significato del nostro rapporto quotidiano con l'illimitata capacità di ricordare tipica della tecnologia elettronica, Remo Bodei, docente di filosofia a Pisa e Los Angeles, sceglie di descrivere l'esperienza umana della memoria digitale come una sorta di percorso della salute intellettuale: un allenamento, anche, alla liberazione dalla trappola delle verità volatili della televisione, attraverso la responsabilità e la ricerca, la capacità di ricordare, di dimenticare e di elaborare.

La polveriera musulmana. Intervista a Pascal Ménoret
‟La sigla Al Qaeda si sta concentrando sul suo obiettivo principale: il regime saudita, percepito come filoccidentale e "colonizzato" dall’America. Si tratta di un estremismo anti-imperialista, più che islamista. Ma non credo che gli americani sfideranno il diavolo una seconda volta, occupando l’Arabia: la situazione è veramente molto preoccupante, e la violenza che vediamo nel regno ha una storia lunga e complicata, che non è possibile cancellare in un istante. O con un’occupazione…La jihad non è un frutto dell’integralismo religioso, ma dell’estremismo anti-imperialista. Oggi lo Stato più a rischio è l’Arabia Saudita in quanto considerato filo-occidentale… La guerra in Iraq ha reso instabile un’area che già soffriva di una debolezza causata dal mancato sviluppo, dalla disoccupazione e dalle mire egemoniche occidentali degli ultimi 20 anni”

Intervista a Josephine Hart
L'intervista alla scrittrice, famosa per titoli incandescenti come Il peccato, L'oblio, o Il danno portato sullo schermo da Malle.

Intervista a Dario Fo
Uno straordinario giullare di strada, maestro nell’affabulazione, buffone
medievale con una gestualità che non necessita del linguaggio verbale dove può
aver imparato la "tecnica del mestiere" se non proprio dalla strada?
Altro che registi, attori, professori - certo anche loro hanno fatto la loro
parte, ma sono intervenuti in un secondo momento. I primi insegnanti di Dario
Fo, giullare d’eccellenza, sono stati i pescatori, i vetrai, la gente che di
giorno viveva nelle piazze e di notte nelle osterie. È dai loro racconti che
deriva quell’uso particolare delle pause, la personalissima improvvisazione,
quella specie di nuova lingua - il "gramelot" - caratterizzata dalla
commistione di dialetti differenti. Di tutto questo, e molto di più, parla il
libro di Dario Fo a cura di Franca Rame: Il paese dei Mezaràt. I miei primi
sette anni (e qualcuno in più). "È un testo che parla della mia
giovinezza - spiega Fo - dei miei primi sette anni di vita e qualcuno in più,
con tutti i conflitti, le paure e le passioni di quel periodo".