Wenders Speaking. Intervista a Wim Wenders

Wenders Speaking. Intervista a Wim Wenders

‟Ho vissuto in America per molto tempo con l’illusione di poter realizzare film americani, per poi rendermi conto che la mia patria, la mia casa, era l’Europa e la mia lingua non era quella del cinema americano, bensì quella del cinema europeo. Soltanto quando sono ritornato a casa ho avuto la capacità di apprezzare queste cose e che ciò che più contava per me era il posto dove avevo studiato. Ho fatto un film d’addio che era Paris, Texas, una sorta di esorcismo del mio sogno americano... un addio a questo sogno. Ma amo sempre questo paese, amo molto il cinema americano. L’America tuttavia non è più per me una preoccupazione, un’ossessione. L’unica cosa che mi angoscia e rattrista è che quando ultimamente ho attraversato gli Stati Uniti, viaggiando in automobile da New York a Los Angeles, lentamente, osservando molte cose, mi sono reso conto della spaventosa povertà (più che in Europa) che regna nella maggior parte del paese. Povertà sia materiale sia spirituale. Esiste un terribile divario tra la realtà interna dell’America e la sua immagine diffusa nel mondo.”

Una lunga intervista in cui il cineasta tedesco parla del suo cinema. L’intervista è contenuta nel libro Gli spazi di un’immagine, a cura di Frank J. Martucci allegato al DVD Palermo Shooting.

Stefano Benni: Venticinque storie di solitudine e mistero

Stefano Benni: Venticinque storie di solitudine e mistero

Venticinque racconti mai scontati, pieni come sempre di irresistibile bizzarria, che si addentrano negli aspetti piùimprevedibili e misteriosi della vita. Benni è sempre lucido e sagace, ma non più scanzonato come in Bar sport o Il bar sotto il mare. In queste pagine veloci come acquarelli, ma dalla scrittura accuratissima, offre una densa galleria di umanità che fa sorridere, con un po' di tristezza, dell'insipienza umana, e soprattutto fa riflettere. Tutti i personaggi ritratti da Benni sono soli, per un motivo o per un altro. I casi sono tutti emblematici, riflettono la complessità del mondo e delle situazioni. In un quadro che si arricchisce e si approfondisce fino a prendere il lettore alle viscere, per trascinarlo dentro le pagine, a riscoprire nelle vicende narrate anche il proprio istante di solitudine nel mondo, o il vuoto di una routine addormentata nell'abitudine, senza il coraggio di rialzare la testa e guardare il cielo per cercare questa famosa ‟grammatica” degli eventi.

Non ho più il sottotitolo. Intervista a Benedetta Cibrario

Non ho più il sottotitolo. Intervista a Benedetta Cibrario

‟Non c’è nulla di autobiografico, anche se certamente traspaiono molte cose di me, ma niente di cui io sia consapevole. Anche perché, quando crei un personaggio che funziona, è lui a farti capire dove deve andare la storia. La protagonista del mio libro in un certo senso mi ha presa per mano e mi ha portata nella sua vita, che non è la mia.”

L’esordiente Benedetta dall’editore. Colloquio con Benedetta Cibrario

L’esordiente Benedetta dall’editore. Colloquio con Benedetta Cibrario

Un libro complicato, la storia di una vita femminile dall'inizio alla fine del Novecento raccontata con continui abilissimi incastri temporali (sembra costruito alla moviola, e infatti: ‟Mi sono laureata in Storia del cinema; come tutti quelli che vengono dal cinema so che il montaggio è essenziale”) e una dose di ‟romanzesco” che solo una mano fermissima, diresti, può controllare senza precipizi nel melò: la passione divorante; nel retrò: l'aristocrazia mitteleuropeo; addirittura nel fashionable: le colline del Chianti e la poesia del vino.