L’Afghanistan? Un paradosso. Una conversazione tra Nadeem Aslam e Guido Rampoldi
Se stiamo ai precedenti e al senso comune, un occidentale e un orientale che scrivono ciascuno un romanzo sull'Afghanistan dei Taliban, dei burqa e di tutti gli spionaggi oggi lì riuniti, racconteranno quella bolgia da due prospettive molto diverse, se non opposte. Essendo parte dell'esperimento non sono il più indicato per giudicare, Posso però affermare di aver colto tanto alterità quanto curiosi echi tra La veglia inutile del pakistano Nadeem Aslam e il mio La mendicante azzurra. La differenza principale, credo, nasce dalla minore o maggiore distanza con la storia di quella parte del mondo. Aslam vi è dolorosamente dentro, come scopro quando lo chiamo a Londra, dove vive. Nel 1979 suo padre, regista e intellettuale comunista, fu costretto a fuggire con la famiglia in Gran Bretagna condannato all'esilio da una dittatura militare che partecipava alla "guerra santa" contro l'Armata rossa in Afghanistan e perciò godeva dell'appoggio occidentale. Quel conflitto partecipa allo sfondo del suo romanzo, e probabilmente è anche l'origine di uno stile tragico e lirico, come spesso è lo stile dell'esilio. La mia esperienza è stata diversa. Ho potuto entrare e uscire dall'Afghanistan dei Taliban con le salvaguardie di cui ancora godevano i giornalisti, e ho raccontato quel mondo stralunato in una forma più lieve. Vi ho ambientato una vicenda che si presta a essere letta anche come un romanzo d'avventura, e talvolta ho sconfinato nel paradossale senza temere di sporcare la tragedia afghana.
Euripide - Troiane. Ascolta e/o scarica il commento e la lettura
La violenza della guerra, il tragico destino dei vinti e l'"esportazione" della civiltà con le armi... nella Grecia di Pericle: Troiane di Euripide. Il commento di Davide Susanetti, docente di Letteratura greca all’Università di Padova e curatore e traduttore del volume e una lettura.
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La felicità disturbante di Joe Stretch. Un’intervista
Nel suo prendere di mira i vuoti abitanti del Ventunesimo secolo inglese, viene da pensare che Joe Stretch sia per certi versi il prodotto letterario distruttivo tipico dell'epoca in corso, su cui si abbatte il suo fiero - mai altezzoso - disprezzo. Lui non si tira fuori dalla miseria attorno: "Tanto siamo tutti infelici, ognuno a modo suo: life is shit, sono uno della vecchia scuola in verità. Però possiamo fare del nostro meglio", dice. Il che include letteratura, arte, opposizioni "al pensiero dominante e alla stupidità dilagante".
‟Come i nazisti hanno vinto la guerra”. Intervista a Kevin MacDonald
‟Svolgendo delle ricerche per un documentario su Jacques Vergès, ho cominciato a interessarmi a uno dei suoi casi, quello di Klaus Barbie. Non era soltanto una storia straordinaria e incredibile, ma conteneva tutti gli elementi fondamentali presenti nel mondo contemporaneo. I nostri governi utilizzano ancora delle organizzazioni e degli individui discutibili al servizio delle loro cause e poi ne pagano le conseguenze. Consideriamo, per esempio, il sostegno degli Stati Uniti ai talebani negli anni ottanta o quello riservato a Saddam Hussein nello stesso periodo. Io volevo mostrare come, anche se ci viene insegnato che il nazismo è stato battuto alla fine della Seconda guerra mondiale, nella realtà ha continuato a essere sfruttato dai vincitori per costruire il mondo in cui viviamo oggi. Il film avrebbe anche potuto intitolarsi Come i nazisti hanno vinto la guerra’.”