
Alla letteratura compete tutto ciò che è impossibile. Intervista a Péter Esterházy
Lo scrittore ungherese Péter Esterházy ha sempre fatto dello sperimentalismo formale e della ricerca stilistica la cifra della sua scrittura, dando vita a una serie di libri nei quali la denuncia della tranquillizzante ‟stretta di mano non casuale tra cause ed effetto” si traduce in una scrittura pantagruelica ed esplosiva. Portavoce di un'arte ‟allergica alle menzogne, alla sporcaccioneria e ai tipi Tartuffe”, e di una letteratura che, pur essendo radicata nel presente non vi sprofonda né lo corteggia, l'autore dei Verbi ausiliari del cuore e di Harmonia Cælestis continua a mostrare una grande esuberanza stilistica e formale, trattenuta dal suo sguardo ironico e disincantato sul mondo e riguardata da un ‟erotismo della lingua” capace di limitare il sentimento demiurgico di chi crea illusioni letterarie e personaggi romanzeschi.

Il Pci e i forzati dell'autobiografia. Intervista a Mauro Boarelli
Nel 1945, il partito comunista esce dalla sua condizione di illegalità; nel corso del 1956, viene divulgato il rapporto che Kruscev presentò al XX Congresso del Pcus; è questo l'arco temporale studiato dallo storico Mauro Boarelli, che concentra la sua attenzione su un tema specifico, quello dell'autobiografia. Una pratica funzionale al modellamento della cultura della militanza, punto nevralgico della contraddizione tra partito di massa e centralismo, con una matrice comune ai precetti gesuitici. Uno strumento, dunque, per costruire la supremazia del partito sugli aderenti, per controllarli e minarne la capacità di conservare spazi privati. Ma anche un luogo formidabile dove, attraverso una ristrutturazione della memoria privata, avveniva la costruzione di una memoria pubblica condivisa: una vera e propria fabbrica del passato.

Elogio delle donne cattive. Intervista a Péter Esterházy
‟Un corpo può essere ridicolo, grottesco, puzzare di aglio o di cipolla, ma risultare ugualmente attraente per chi lo conosce e lo ama. Questo libro discende in qualche modo dai tempi in cui, adolescente, giocavo a calcio. Guardavo il fisico dei vecchi’ giocatori venticinquenni e sapevo che per loro la carriera stava per finire: il corpo dunque come una specie di segnatempo, di calendario mortuario. Di conseguenza, parlare del corpo è come parlare della morte, ed è questo che ho fatto, però in modo leggero, con qualche grassa risata qua e là.”

‟In un paese consociativo l’individuo è spacciato”. Intervista a Claudio Piersanti
Piersanti parla del suo nuovo romanzo, Il ritorno a casa di Enrico Metz , già vincitore del Campiello, partendo dall’epigrafe (‟Il passato è odioso ed è meglio non ricordarsene… ‟) per arrivare poi ai ‟martiri” di Tangentopoli.
‟In generale non ci sono davvero eroi in Tangentopoli. Penso all’enorme, e ancora ben presente, apparato burocratico parassitario che l’ha creato, e che ancora è vivo e vegeto. Certo ci sono state delle vittime. Non è mai stato possibile svolgere attività industriali vere e proprie se non si appartiene a qualche raggruppamento, se non si ha un referente politico. La nostra cultura respinge gli individui, le loro potenzialità enormi. Il nostro è un paese associativo e consociativo, non si basa sui diritti e sui doveri degli individui. Da Mattei a Gardini c’è un filo sottile che racconta questa storia parallela. So di non essere popolare, ma lo ripeto: un raccomandato che guadagna duecentomila euro a spese del contribuente è eticamente a un livello ancora più basso di un delinquente comune, e gli effetti economici che produce sono di gran lunga più devastanti”.