
‟Il bene sostituito dalla fama. Perciò dicono: Erika ti adoro”. Intervista a Umberto Galimberti
L’eroe negativo che conquista copertine patinate e cuori di adolescenti non nasce da una recente alchimia che come tale, per magia, potrebbe pure scomparire. Al contrario è il frutto di un’enorme trasformazione antropologica determinata dalla combinazione tra 50 anni di televisione, dieci di Internet e quella logica del mercato che governa il mondo occidentale. E’ l’analisi degli sconcertanti fatti di questi giorni compiuta da Umberto Galimberti, filosofo e psicoanalista che da poco ha consegnato alle stampe la sua ultima fatica (L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani) che con questi scenari si confronta.

Sul viale del tramonto. Intervista a Umberto Galimberti
"I valori hanno perso valore, il che non è necessariamente un male: la storia da sempre va avanti così. Il male, oggi, è che non ce ne sono di nuovi: il denaro è l’unico generatore simbolico di valore. E poi l’apparire è la condizione dell’esistere, ciò che dà la percezione di essere vivi, Infine: sono collassati i tabù, di cui l’uomo ha bisogno, e questo è tremendo. Superato quello della sessualità, il limite da infrangere è diventato la droga. C’è poi da tener conto che viviamo nell’età della tecnica, parole d’ordine efficienza e velocità. Non si deve e perder tempo: se dopo tre volte che esci con qualcuno che ti piace non hai fatto sesso, passi da sfigato, o da omosessuale. Ciò determina il collasso dell’emotività. I ragazzi sono emotivamente apatici."

"Quando la tragedia sconvolse un movimento allegro e pacifico". Colloquio con Enrico Franceschini
Enrico Franceschini, bolognese, classe ´56, corrispondente di ‟Repubblica” da Londra e prima ancora dagli Usa, da Mosca e da Israele, è autore del libro Avevo vent´anni. Storia di un collettivo studentesco 1977-2007. Un viaggio nel passato, racchiuso in 160 pagine, nel quale quaranta voci, maschili e femminili, raccontano la storia di un’intera generazione.

Sergio S. Olguín presenta La squadra dei miei sogni
‟Da tempo volevo scrivere una storia per ragazzi imperniata sul calcio. Avevo scritto due romanzi per adulti e avevo voglia di raccontare una storia semplice su questa passione che unisce molti maschi argentini (e un numero sempre maggiore di donne). Mi era sempre piaciuta la frase di Albert Camus: Tutto ciò che ho imparato sugli uomini e sulla morale l’ho imparato giocando a calcio’. Senza rendermene conto, mano a mano che scrivevo, andavo scoprendo che il calcio era il pretesto per raccontare altre realtà: la situazione dei giovani emarginati, i pregiudizi delle classi sociali, la violenza della polizia della provincia di Buenos Aires.”