Ma Dino Campana e i Canti orfici sono ancora ben vivi...
16 Dicembre 2003
I lettori del "Corriere della Sera" si sono imbattuti, mercoledì
26 novembre 2003, in un singolare articolo di Sebastiano Vassalli, pubblicato in
occasione dell’uscita di un’ottima edizione dei Canti orfici, a cura
di Renato Martinoni. Vassalli annuncia melodrammaticamente il fallimento dei
propri sforzi di restituire a Dino Campana la "sua verità",
vanificati a suo dire dall’azione congiunta di una bizzarra quanto eterogenea
congrega, unanimemente dedita a deformare e sporcare la memoria del grande
poeta. Ecco il finale dell’articolo: "Consegno la memoria di Dino ai film
melensi, alle biografie deliranti o troppo circospette, ai "chissà!"
e alle strizzatine d'occhi, ai premi letterari a lui intitolati e alla compagnia
di villeggianti che ogni estate si riunisce a Marradi per assegnarli. Hanno
vinto loro. Addio, Dino."
E’ difficile capire perché mai i poveri lettori italiani dovrebbero dare l’addio alla poesia di Campana: se si dovesse dare l’addio a tutti i poeti che qualcuno interpreta in modo diverso da noi, avremmo già dato l’addio a tutta la letteratura, peggio che in Fahrenheit 451. Altrettanto arduo è capire come mai e per quali scopi la succitata grottesca accozzaglia di malintenzionati si sarebbe data tanto da fare per distruggere non certo la poesia di Campana, che per fortuna resiste benissimo, ma il personale e assai discutibile mito che del poeta di Marradi si è fabbricato Vassalli, riscuotendo peraltro il consenso di un pubblico vastissimo.
Ma, soprattutto, è impossibile accettare l’idea che Vassalli sia l’unico proprietario dell'unica verità certificata su Campana. La ricerca della verità, su qualsiasi oggetto, ma ancora di più nel campo delle cosiddette "scienze umane", può pretendere di possedere verità inconfutabili solo su aspetti molto limitati, qualora rigorosamente documentati: ma l'interpretazione generale, lo sforzo di ricomporre i dati e i frammenti del puzzle in un quadro unitario, chiama necessariamente in causa la posizione soggettiva dell’interprete, il cui discorso esiste solo in quanto orientato e selettivo. Dovrebbe essere ovvio. Ogni interprete sereno sa inoltre bene che dal 1985, centenario della nascita del poeta, moltissimi studiosi hanno lavorato sodo per restituire a Campana e, quel che più conta, alla sua poesia interpretazioni attendibili, finalmente libere dalle incrostazioni leggendarie del mito del poeta pazzo. Certo, c'è ancora molto da fare: ma è normale che sia così. E’ troppo facile continuare a scagliarsi contro la Vita non romanzata di Dino Campana pubblicata (nel 1938!) dallo psichiatra positivista Carlo Pariani: quando è del tutto evidente che si tratta di una disordinata raccolta di interviste, inserite in una rapsodica narrazione biografica, condita da informazioni non sempre affidabili. Mentre è stupefacente che Vassalli si astenga dal citare l’immenso lavoro di Gabriel Cacho Millet, instancabile cercatore di documenti e testimonianze campaniane, e curatore, fra molte altre cose, dei volumi che raccolgono le lettere e una buona parte dei documenti ufficiali conosciuti. Ma qualche altro centinaio di studiosi ha variamente contribuito a far emergere piccoli o meno piccoli frammenti del mosaico Campana: l’elenco occuperebbe molte pagine (rimando al prezioso Catalogo degli scritti (1919-2002) curato da Franco Scalini per il Centro Studi Campaniani di Marradi).
Anch’io ho dato il mio contributo, lavorando (dal 1981) sui testi e sulla biografia di Campana. C’è anzi rischio che le biografie relativamente complete del poeta di Marradi siano in fin dei conti solo il romanzo di Vassalli, La notte della cometa, e il mio Dino Campana, biografia di un poeta (uscito per la prima volta proprio nel 1985 e arrivato a tre edizioni, molto diverse l’una dall’altra). La notte della cometa è certo un libro di piacevole lettura, ma, dichiaratamente, è un romanzo, dove documenti e invenzione narrativa sono mescolati: come potremmo considerarlo l’unica interpretazione valida? Nel mio libro invece ho cercato di distinguere puntualmente i dati sicuri, i dati soltanto probabili e le congetture interpretative, delle quali ho commentato volta a volta l’attendibilità. Vassalli ha però sicuramente ragione quando scrive che di Campana esistono solo "biografie deliranti o troppo circospette": io mi metto volentieri nel secondo gruppo di biografi.
Ci sarebbe molto altro da dire sulle ipotesi di Vassalli, sempre tese a delineare una collettività assolutamente colpevole contrapposta a un individuo Campana assolutamente puro. Sarebbe altrimenti difficile capire perché Vassalli insista a fantasticare di un Campana tormentato con l'elettroshock: ma la pratica terapeutica è stata attivata nel 1938, e Campana è morto nel 1932 Allo stesso modo l’ipotesi della sifilide (un’ipotesi che non fa paura proprio a nessuno) è del tutto priva di riscontri oggettivi: anche se, lo ammetto, non possediamo gli esami del sangue di Campana! Certo è che non abbiamo notizia di sintomi specifici, mentre per tutti gli altri malanni del poeta, per quanto ne sappiamo, funzionano meglio altre ipotesi. Senza contare quello che sarebbe potuto capitare (e infatti non è capitato) a Sibilla Aleramo, qualora Campana fosse stato davvero un sifilitico; sarebbe peraltro ora che la misoginia dei critici di sesso maschile la finisse di fustigare ingenerosamente le passioni di Sibilla, certo sempre sopra le righe, ma non per questo meno sincere.
Comunque stiano le cose, nessuno può permettersi di dimenticare che ogni esistenza, anche quella meglio conosciuta, anche quella di chi ci sta vicino, mette facilmente in scacco ogni pretesa di possedere una "Verità" definitiva. Inoltre, la poesia di uno scrittore vive e resiste al tempo solo se ci sono lettori e interpretazioni sempre nuove: e i Canti orfici continuano infatti ad avere molti lettori, seri non meno che innamorati. Di loro Dino Campana sarebbe probabilmente contento; ma certo non gli piacerebbe scoprire che qualcuno lo rivendica come sua proprietà esclusiva.
E’ difficile capire perché mai i poveri lettori italiani dovrebbero dare l’addio alla poesia di Campana: se si dovesse dare l’addio a tutti i poeti che qualcuno interpreta in modo diverso da noi, avremmo già dato l’addio a tutta la letteratura, peggio che in Fahrenheit 451. Altrettanto arduo è capire come mai e per quali scopi la succitata grottesca accozzaglia di malintenzionati si sarebbe data tanto da fare per distruggere non certo la poesia di Campana, che per fortuna resiste benissimo, ma il personale e assai discutibile mito che del poeta di Marradi si è fabbricato Vassalli, riscuotendo peraltro il consenso di un pubblico vastissimo.
Ma, soprattutto, è impossibile accettare l’idea che Vassalli sia l’unico proprietario dell'unica verità certificata su Campana. La ricerca della verità, su qualsiasi oggetto, ma ancora di più nel campo delle cosiddette "scienze umane", può pretendere di possedere verità inconfutabili solo su aspetti molto limitati, qualora rigorosamente documentati: ma l'interpretazione generale, lo sforzo di ricomporre i dati e i frammenti del puzzle in un quadro unitario, chiama necessariamente in causa la posizione soggettiva dell’interprete, il cui discorso esiste solo in quanto orientato e selettivo. Dovrebbe essere ovvio. Ogni interprete sereno sa inoltre bene che dal 1985, centenario della nascita del poeta, moltissimi studiosi hanno lavorato sodo per restituire a Campana e, quel che più conta, alla sua poesia interpretazioni attendibili, finalmente libere dalle incrostazioni leggendarie del mito del poeta pazzo. Certo, c'è ancora molto da fare: ma è normale che sia così. E’ troppo facile continuare a scagliarsi contro la Vita non romanzata di Dino Campana pubblicata (nel 1938!) dallo psichiatra positivista Carlo Pariani: quando è del tutto evidente che si tratta di una disordinata raccolta di interviste, inserite in una rapsodica narrazione biografica, condita da informazioni non sempre affidabili. Mentre è stupefacente che Vassalli si astenga dal citare l’immenso lavoro di Gabriel Cacho Millet, instancabile cercatore di documenti e testimonianze campaniane, e curatore, fra molte altre cose, dei volumi che raccolgono le lettere e una buona parte dei documenti ufficiali conosciuti. Ma qualche altro centinaio di studiosi ha variamente contribuito a far emergere piccoli o meno piccoli frammenti del mosaico Campana: l’elenco occuperebbe molte pagine (rimando al prezioso Catalogo degli scritti (1919-2002) curato da Franco Scalini per il Centro Studi Campaniani di Marradi).
Anch’io ho dato il mio contributo, lavorando (dal 1981) sui testi e sulla biografia di Campana. C’è anzi rischio che le biografie relativamente complete del poeta di Marradi siano in fin dei conti solo il romanzo di Vassalli, La notte della cometa, e il mio Dino Campana, biografia di un poeta (uscito per la prima volta proprio nel 1985 e arrivato a tre edizioni, molto diverse l’una dall’altra). La notte della cometa è certo un libro di piacevole lettura, ma, dichiaratamente, è un romanzo, dove documenti e invenzione narrativa sono mescolati: come potremmo considerarlo l’unica interpretazione valida? Nel mio libro invece ho cercato di distinguere puntualmente i dati sicuri, i dati soltanto probabili e le congetture interpretative, delle quali ho commentato volta a volta l’attendibilità. Vassalli ha però sicuramente ragione quando scrive che di Campana esistono solo "biografie deliranti o troppo circospette": io mi metto volentieri nel secondo gruppo di biografi.
Ci sarebbe molto altro da dire sulle ipotesi di Vassalli, sempre tese a delineare una collettività assolutamente colpevole contrapposta a un individuo Campana assolutamente puro. Sarebbe altrimenti difficile capire perché Vassalli insista a fantasticare di un Campana tormentato con l'elettroshock: ma la pratica terapeutica è stata attivata nel 1938, e Campana è morto nel 1932 Allo stesso modo l’ipotesi della sifilide (un’ipotesi che non fa paura proprio a nessuno) è del tutto priva di riscontri oggettivi: anche se, lo ammetto, non possediamo gli esami del sangue di Campana! Certo è che non abbiamo notizia di sintomi specifici, mentre per tutti gli altri malanni del poeta, per quanto ne sappiamo, funzionano meglio altre ipotesi. Senza contare quello che sarebbe potuto capitare (e infatti non è capitato) a Sibilla Aleramo, qualora Campana fosse stato davvero un sifilitico; sarebbe peraltro ora che la misoginia dei critici di sesso maschile la finisse di fustigare ingenerosamente le passioni di Sibilla, certo sempre sopra le righe, ma non per questo meno sincere.
Comunque stiano le cose, nessuno può permettersi di dimenticare che ogni esistenza, anche quella meglio conosciuta, anche quella di chi ci sta vicino, mette facilmente in scacco ogni pretesa di possedere una "Verità" definitiva. Inoltre, la poesia di uno scrittore vive e resiste al tempo solo se ci sono lettori e interpretazioni sempre nuove: e i Canti orfici continuano infatti ad avere molti lettori, seri non meno che innamorati. Di loro Dino Campana sarebbe probabilmente contento; ma certo non gli piacerebbe scoprire che qualcuno lo rivendica come sua proprietà esclusiva.
Dino Campana
Dino Campana (Marradi, 1885 - Scandicci, 1932), poeta, autore dei Canti Orfici (1914), compagno della scrittrice Sibilla Aleramo per due anni (ma il segno di quella tumultuosa relazione vivrà in …