Gianni Riotta: Iraq, la nuova partita di Blair

15 Aprile 2004
"Resisteremo in questa storica battaglia... se falliremo, i dittatori saranno felici e i terroristi trionfanti": così, scrivendo sull'Observer, il premier inglese Tony Blair ha ribadito il suo impegno, morale e politico, alla nascita d'un regime democratico in Iraq. Giovedì, però, nei meeting con il presidente Usa, Bush, e con il segretario dell'Onu, Kofi Annan, Blair non userà la retorica cara a Churchill. Blair proverà a ridisegnare una strategia concreta per uscire dalle difficoltà della coalizione dopo la rivolta degli sciiti dell' ayatollah Moqtada al Sadr. Blair userà il summit angloamericano per ridare fiducia, "Abbiamo il fegato di farcela? Credo di sì" anche se "una parte importante dell' opinione pubblica occidentale resta a guardare, sperando nel nostro fallimento". L' ufficio stampa di Blair ha ritagliato, pignolo, i titoli della stampa francese: Liberation, "La coalizione in ostaggio", Le Parisien, "Gli americani non osano dirlo ma sono di nuovo in guerra... e solo Blair resta fedele alleato dell' incompetente Bush... e della sua guerra sporca". Ai giornali si può replicare, come il leader britannico sa fare, con un discorso, un saggio, una battuta accattivante. Sul campo, in Iraq, con la data del 30 giugno per il passaggio dei poteri agli iracheni ormai prossima, servono risultati, militari e politici. L' anno scorso il primo ministro laburista ruppe con gli alleati europei, Germania e Francia, persuaso che fiancheggiando Bush in Iraq avrebbe potuto poi lanciare un' ambiziosa agenda di riforme del Medio Oriente capaci di introdurre semi di democrazia e dialogo. Secondo il piano Blair la guerra era il prezzo da pagare per essere credibili, in America e nel mondo, come partner della "road map", il complesso negoziato di pace tra Israele e palestinesi. Contestato nel suo partito dall' ex ministro degli Esteri Robin Cook, isolato dall' opinione pubblica, criticato dalla popolare rete radiotelevisiva Bbc, Blair ha resistito finora a tutto, ma il tempo stringe, per la pace e per la guerra. Cook torna alla carica: "Che Blair sia chiaro con Bush, vediamo cosa ottiene in cambio di tanta fedeltà". Il futuro di Blair è irto di trappole interne, dal leader dell' opposizione, il conservatore Michael Howard, "contiamo troppo poco in Iraq e occorre richiamare l' Onu", alle polemiche sul nuovo inviato diplomatico (David Richmond non è considerato carismatico come Sir Jeremy Greenstock, da poco richiamato). Blair sa che la sua carriera, il suo futuro personale e il posto nei libri di storia, cui tiene quanto il suo ex Dioscuro Bill Clinton, dipendono dall' esito in Iraq. Superato lo scandalo per le armi di sterminio di massa mai trovate a Bagdad, un Iraq pacificato e produttivo ridarà lustro a Blair. Un anno fa il premier era persuaso, come il segretario di Stato americano Colin Powell, che solo un' alleanza e una forte iniziativa politica, accanto allo sforzo militare, potevano avere successo nel dopo Saddam Hussein. L' asse tra il vicepresidente Cheney, il ministro della Difesa Rumsfeld e gli intellettuali neoconservatori ha invece perseguito sul campo una ricostruzione affidata al Pentagono, senza concessioni al negoziato Israele-palestinesi. I risultati non sono stati soddisfacenti e Blair arriva a Washington dopo le visite al presidente Bush del rais egiziano Hosni Mubarak, del premier israeliano Ariel Sharon e precedendo di qualche giorno il re giordano Abdallah. Sharon ha gettato sul tappeto, con la tradizionale irruenza, il ritiro da Gaza e l' annessione di parte del West Bank, isolando Israele dietro il muro di difesa. L' ex ambasciatore americano a Gerusalemme, Martin Indyk, è convinto che Bush si dirà d' accordo con il piano Sharon: "E' una coreografia già pronta". Mubarak ha promesso che l' Egitto addestrerà la polizia palestinese contro i terroristi, ma ha detto "no grazie" alla richiesta di Bush di mandare poliziotti egiziani in pattuglia a Gaza. Anche Blair proverà allora una strada d' azzardo, come sempre nella sua vita politica. Sosterrà la compatibilità del ritiro di Sharon con la "road map", il piano per la pace fermo dopo la ripresa del terrorismo suicida e le ritorsioni di Israele. La spallata di Sharon, a giudizio di Blair, potrebbe dare lo choc necessario a riprendere negoziati capaci di riconsegnare un certo grado di legittimità agli anglo-americani impegnati nel teatro iracheno della guerra globale. Sarebbe un primo passo. Il terrorismo fondamentalista, la guerriglia dei sunniti legati al Baath di Saddam e la rivolta sciita della milizia Mahdi dell' ayatollah ribelle al Sadr, chiamano la coalizione a una nuova strategia. Quando Tim Russert, il più rispettato giornalista televisivo del momento, ha chiesto al governatore americano a Bagdad Paul Bremer "A quali iracheni pensa di passare i poteri il 30 giugno", la risposta è stata imbarazzata e imbarazzante, "Questa è una buona domanda". Blair preferirebbe buone risposte, ma quali? Un esperto del Pentagono confessa al New York Times: "Altro che 30 giugno! La scadenza che incombe è perdere la fiducia degli iracheni". Gli strateghi militari di Bush ripeteranno che la guerriglia non batterà la coalizione, al contrario del Vietnam i ribelli non hanno il retroterra di Mosca e Pechino e la popolazione è incerta. I marines, a Falluja, combattono con tecniche di antiguerriglia, non con i bombardamenti a tappeto del 1972. Senza un disegno politico però, le forze di coalizione saranno costrette a una defatigante battaglia di attrito. La Nato sarà evocata, ma è difficile che arrivino truppe in forza. L' Onu sarà a sua volta evocata e Annan pressato da Blair per una nuova risoluzione che legittimi meglio gli alleati, mentre il suo inviato, Lakhdar Brahimi, dovrà mediare con i capitribù iracheni per isolare terroristi e militanti. Il presidente della commissione esteri del Senato, Richard Lugar, repubblicano, ha offerto una sponda a Blair chiedendo il prepensionamento di Bremer e la nomina di un ambasciatore americano, forte di una task force civile di 3.000 diplomatici. A Bush Blair dirà che è l' ora di riparlare con il cancelliere tedesco Schröder e il suo ministro Fischer, e di riaprire il discorso con il presidente francese Chirac e il suo neo ministro degli Esteri Michel Barnier, meno ideologico del predecessore de Villepin. In Iraq la settimana di Passione ha cancellato le speranze di una prossima resurrezione gloriosa. La strada sarà lunga e dolorosa e la forza non basta. Blair non mollerà di un pollice in guerra, ma sa che il tempo stringe per una credibile alternativa civile. Lo ascolterà il presidente americano? Stretto dalla Commissione d' inchiesta sull' 11 settembre e i bollettini militari aspri, Bush è in difesa. Per stanotte ha convocato una conferenza stampa e vedremo quale agenda ha preparato nel weekend pasquale in Texas e se conterrà tracce delle appassionate e rischiose proposte di Tony Blair. Gianni Riotta www.corriere.it/riotta La risoluzione / 1 UNANIMITA' Il 16 ottobre 2003, il Consiglio di Sicurezza dell' Onu ha approvato all' unanimità la risoluzione 1511 confermando le precedenti risoluzioni sull' Iraq, comprese la 1483 del 22 maggio 2003, la 1500 del 14 agosto 2003, sulle minacce del terrorismo, e la risoluzione 1373 del 28 settembre 2001 GOVERNO La risoluzione sottolinea la natura temporanea dell' Autorità provvisoria della coalizione che "cesserà quando un governo rappresentativo e internazionalmente riconosciuto, stabilito dal popolo iracheno, avrà prestato giuramento e avrà assunto le responsabilità dell' Autorità" L' ONU Al paragrafo 8, si decide che le Nazioni Unite devono rafforzare il loro ruolo vitale in Iraq, anche fornendo soccorso umanitario, promuovendo la ricostruzione economica e le condizioni per uno sviluppo sostenibile, portando avanti sforzi per ripristinare e stabilire istituzioni nazionali e locali per un governo rappresentativo La risoluzione / 2 SICUREZZA Riconoscendo che il sostegno internazionale "è indispensabile", al paragrafo 13 la risoluzione 1511 "autorizza una forza multinazionale sotto comando unificato a prendere tutte le misure necessarie per contribuire al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq" IL MANDATO Al paragrafo 15, si decide che il Consiglio di Sicurezza rivedrà le necessità e la missione della forza multinazionale non più tardi del 16 ottobre 2004, e che in ogni caso il mandato di tale forza scadrà con il completamento del processo politico che restituirà agli iracheni il governo del Paese IL 30 GIUGNO La risoluzione, al paragrafo 20, fa appello agli Stati membri e alle istituzioni finanziarie internazionali affinché aumentino i loro sforzi per assistere il popolo iracheno nella ricostruzione. Altro appello (paragrafo 14) è rivolto agli Stati affinché contribuiscano anche con forze militari alla forza multinazionale. Intanto a Bagdad, l' inviato dell' Onu Lakhdar Brahimi sta discutendo sul passaggio di consegne al governo transitorio il 30 giugno prossimo L' AGENDA DIPLOMATICA 13 aprile Romano Prodi in Cina fino a venerdì Visita in Cina, da oggi al 16, del presidente della Commissione Ue, Romano Prodi (foto). Prodi, tra gli altri, incontrerà a Pechino il premier Wen Jiabao e il presidente Hu Jintao. In Cina, da oggi a giovedì, anche il vice di George W. Bush, Dick Cheney 14 aprile A Roma il Consiglio supremo di Difesa Per le 17, al Quirinale, è convocato dal capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi (foto) il Consiglio supremo di Difesa. L' organismo si occupa di problemi generali, sia politici sia tecnici, relativi alla difesa nazionale. A Washington, oggi, è atteso il premier israeliano Sharon 15 aprile Blair incontra Kofi Annan all' Onu Oggi a New York, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, colloqui sull' Iraq tra il Segretario generale Kofi Annan e il premier britannico Tony Blair. Obiettivo: una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che definisca il ruolo Onu e legittimi una forza di pace multinazionale

Gianni Riotta

Gianni Riotta, nato a Palermo nel 1954, ha studiato all’Università di Palermo e alla Columbia University di New York. Ha lavorato come giornalista per varie testate da Roma e da …