Il contadino del no. José Bové spiega le ragioni del suo no alla Costituzione europea
01 Giugno 2005
È la sconfitta delle élites, dell’establishment euroamericano, del liberalismo. È una grande vittoria della nazione sul mondialismo e sulla sua potenza egemone, gli Stati Uniti d’America”. José Bové - 52 anni, renitente alla leva, figlio di un ricercatore, sindacalista di contadini, assalitore di McDonald’s, incarcerato, scrittore (Uccidiamo José Bové l’opera prima), devastatore di campi di mais transgenico, capofila del no - forse non si rende conto di parlare come Le Pen, come il barone vandeano de Villiers, come il postino trotzkista Besancenot, come il comunista rivoluzionario Krivine. La convergenza rosso bruna ha fermato l’Europa e ne va fiera, anche se nega se stessa. "Questo è un voto di sinistra. Se a noi si è unita l’estrema destra, pazienza, mica potevamo impedirglierlo. È un voto progressista e democratico, frutto della mobilitazione della Francia profonda". Bové racconta la sua campagna. "Fattoria per fattoria, villaggio per villaggio. Sono stato in posti che Chirac, capo dello Stato da dieci anni, neppure sa che esistono. Ho visto borgate sull’Atlantico o ai piedi dei vulcani spenti che a Parigi non hanno mai sentito nominare" . La Francia di Bové è un villaggio gallico assediato dal mondo, anche gli occhi azzurri e i baffoni sono quelli di Asterix, la pozione magica è ovviamente il vino ("i vigneron hanno votato in massa per il no, sa? Forse non i produttori dei grandi cru, ma i piccoli di sicuro. È un enorme villaggio di nostalgici, di restauratori, forse anche di reazionari; che si negano tali, e sostengono di aver combattuto la Costituzione europea in nome dell’Europa. "La Francia non ha votato contro l’Unione. Ha votato contro questa Unione, modellata sul dogma liberale dell’America. L’Europa che muore oggi non era il sogno degli europei, ma la forma del colonialismo americano" . Sul palco con la destra, Bové non è mai salito. Venerdì scorso però ha concluso la campagna a Parigi con i comunisti e i vecchi arnesi della partitocrazia, Henri Emmanuelli già plurinquisito segretario socialista, Claude Bartolone storico luogotenente di Fabius. Accanto alla commistione rosso bruna c’è quella interna alla sinistra del no, che annovera funzionari e rivoluzionari, con cui Bové si è trovato benissimo. "Quanto accade nel partito socialista non mi riguarda, però è evidente che la linea ufficiale del Ps è stata battuta, e quella di Fabius ha vinto. Noi siamo riusciti a spiegare che il nostro no era diverso da quello di Le Pen. Jospin e il segretario Hollande non sono riusciti a differenziare il loro sì da quello di Chirac e Raffarin" .
Fabius, l’enarca che Mitterrand aveva chiamato a seppellire la linea statalista dei suoi primi due anni al potere, ha fiutato il vento e si è alleato con i no global.
Meglio così - dice Bové - È stata una campagna interclassista. In provincia sono sorti oltre mille comitati per il no: ognuno teneva insieme il contadino e il notaio del villaggio, il vecchio aristocratico e l’oste. L’ho visto a Millau, il mio paese nell’Aveyron, a Sud, così come nel Larzac, dove allevo i capretti, a Ovest.
Ma i contadini non sono quelli che ricevono i sussidi da Bruxelles?
L’80% degli aiuti va al 20% delle imprese agricole, quelle a struttura industriale, che esportano nei Paesi del Terzo mondo e mandano fuori mercato le coltivazioni locali. I piccoli agricoltori dall’Europa hanno avuto solo guai, e altri erano in preparazione con gli ogm. Per fortuna sullo slancio di questo trionfo la battaglia si allargherà ovunque.
Ovunque?
La campagna prosegue ora in Olanda, da cui verrà un altro no. Poi ci sposteremo negli altri Paesi in cui si terrà il referendum sulla Costituzione. Il Portogallo, la Gran Bretagna, l’Irlanda. In Italia purtroppo non si voterà, ma il nostro successo aiuterà anche i ragazzi che da voi si oppongono alla mondializzazione liberale .
E Chirac?
Al prossimo Consiglio europeo dovrà portare la posizione espressa dai francesi, e chiedere la rinegoziazione dei trattati. Lei ha letto il testo della Costituzione? Ha capito qualcosa? Io, quasi niente. E’illeggibile. Chirac dovrebbe imporre ai suoi alleati un cambio di direzione, una svolta sociale. Siccome non ci riuscirà, dovrà dimettersi. Nel 2002 era stato eletto con l’82%: avrebbe dovuto fare una politica popolare; ha fatto una politica liberale, e ora viene travolto. Il referendum è stato anche il terzo turno delle presidenziali. Chirac l’ha perduto; eleggiamo il suo successore.
Bové, è davvero sicuro che in America siano dispiaciuti per il voto francese?
Ma il nostro è un voto antiamericano e proeuropeo. L’Europa adesso riparte, fuori dagli schemi liberali e antidemocratici. A sinistra.
Sinistra?
Quella che per me è la sinistra. Il vino di una volta e non delle barriques, il lavoro delle mani e non dei computer, l’internazionalismo da coltivare non con i vecchi sindacati, che ovviamente al referendum non hanno preso posizione, ma con i miei amici indios della Via Campesina.
Un mondo in cui democrazia e liberalismo non sono un’endiadi ma un ossimoro, che si pensava finito insieme con la storia e invece oggi ridacchia e brinda con il vino del contadino.
Fabius, l’enarca che Mitterrand aveva chiamato a seppellire la linea statalista dei suoi primi due anni al potere, ha fiutato il vento e si è alleato con i no global.
Meglio così - dice Bové - È stata una campagna interclassista. In provincia sono sorti oltre mille comitati per il no: ognuno teneva insieme il contadino e il notaio del villaggio, il vecchio aristocratico e l’oste. L’ho visto a Millau, il mio paese nell’Aveyron, a Sud, così come nel Larzac, dove allevo i capretti, a Ovest.
Ma i contadini non sono quelli che ricevono i sussidi da Bruxelles?
L’80% degli aiuti va al 20% delle imprese agricole, quelle a struttura industriale, che esportano nei Paesi del Terzo mondo e mandano fuori mercato le coltivazioni locali. I piccoli agricoltori dall’Europa hanno avuto solo guai, e altri erano in preparazione con gli ogm. Per fortuna sullo slancio di questo trionfo la battaglia si allargherà ovunque.
Ovunque?
La campagna prosegue ora in Olanda, da cui verrà un altro no. Poi ci sposteremo negli altri Paesi in cui si terrà il referendum sulla Costituzione. Il Portogallo, la Gran Bretagna, l’Irlanda. In Italia purtroppo non si voterà, ma il nostro successo aiuterà anche i ragazzi che da voi si oppongono alla mondializzazione liberale .
E Chirac?
Al prossimo Consiglio europeo dovrà portare la posizione espressa dai francesi, e chiedere la rinegoziazione dei trattati. Lei ha letto il testo della Costituzione? Ha capito qualcosa? Io, quasi niente. E’illeggibile. Chirac dovrebbe imporre ai suoi alleati un cambio di direzione, una svolta sociale. Siccome non ci riuscirà, dovrà dimettersi. Nel 2002 era stato eletto con l’82%: avrebbe dovuto fare una politica popolare; ha fatto una politica liberale, e ora viene travolto. Il referendum è stato anche il terzo turno delle presidenziali. Chirac l’ha perduto; eleggiamo il suo successore.
Bové, è davvero sicuro che in America siano dispiaciuti per il voto francese?
Ma il nostro è un voto antiamericano e proeuropeo. L’Europa adesso riparte, fuori dagli schemi liberali e antidemocratici. A sinistra.
Sinistra?
Quella che per me è la sinistra. Il vino di una volta e non delle barriques, il lavoro delle mani e non dei computer, l’internazionalismo da coltivare non con i vecchi sindacati, che ovviamente al referendum non hanno preso posizione, ma con i miei amici indios della Via Campesina.
Un mondo in cui democrazia e liberalismo non sono un’endiadi ma un ossimoro, che si pensava finito insieme con la storia e invece oggi ridacchia e brinda con il vino del contadino.
José Bové
José Bové è insieme un agricoltore francese nell'Aveyron e un personaggio mediatico internazionale: è divenuto infatti uno dei simboli della lotta contro la globalizzazione, a partire dal boicottaggio del McDonald's …