Paolo Andruccioli: Il reddito minimo da programma

06 Dicembre 2005
Intervistato da ‟l'Unità” durante i giorni della conferenza dei Ds a Firenze, l'economista Tito Boeri, uno degli ispiratori de lavoce.info, ha voluto rilanciare la sua versione di un'idea che circola da tempo e che è stata ampiamente trattata anche sui tavoli dell'Unione per la stesura del programma. Boeri, in estrema sintesi, dice che bisogna superare il riferimento alla famiglia nelle politiche di welfare, ‟perché le famiglie sono sempre più piccole e sempre di più c'è polarizzazione: o tutti lavorano o nessuno lavora”. Dopodiché Boeri propone un nuovo welfare, ‟un sistema di assistenza sociale di ultima istanza: un reddito garantito minimo per tutti e un salario minimo per ogni lavoratore”. Per realizzare questa proposta, spiega Boeri, visti i ‟vincoli di bilancio”, bisognerà dare a qualcuno meno tutele di quante ne ha oggi, per darle anche ad altri che non le hanno. Diverse le reazioni. Per l'economista Claudio De Vincenti, che ha partecipato anche ai tavoli del programma dell'Unione, ‟l'idea è buona, ma così come viene proposta non va bene”. E' giusto pensare a un reddito minino di ‟inserimento” per tutti coloro che sono talmente deboli che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, ma bisogna stare molto attenti alle generalizzazioni e a slegare le politiche dalla partecipazione effettiva al lavoro. Secondo De Vincenti, si deve pensare cioè a una forma di reddito minimo per chi è veramente ‟a rischio di esclusione sociale”. Una generalizzazione rischia di creare forme di assistenza che allontanano dal lavoro. Per De Vincenti, sarebbe invece opportuno pensare a forme di ‟sostegno al reddito” per tutti coloro che svolgono lavori saltuari e che quindi devono sopportare momenti di ‟buco” sia dal punto di vista del reddito, sia dal punto di vista previdenziale. Uno dei punti decisivi del prossimo programma di governo dovrà essere comunque una vera riforma degli ammortizzatori sociali, oggi totalmente insufficienti e inadeguati ai cambiamenti.
L'economista Andrea Fumagalli, uno dei pionieri dell'idea del ‟reddito di cittadinanza” di cui si discute nell'area della sinistra radicale, apprezza l'impostazione di Boeri che ‟ha capito il cambiamento avvenuto nel sistema di produzione”, ma critica la logica del togliere a qualcuno per dare a qualcun'altro. Per Fumagalli, si deve tentare insomma di cambiare completamente l'impostazione senza togliere a chi ha già (in questo caso ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato), ma andando a pescare le risorse finanziarie per il welfare laddove è stata creata ricchezza. Comunque, il reddito minino di cittadinanza, secondo Fumagalli, deve essere universale.
Critico sulla proposta Boeri e più in sintonia con De Vincenti, il responsabile del lavoro e delle professioni dei Ds, Cesare Damiano, secondo il quale più che proporre ‟un reddito minimo garantito” bisognerebbe andare piuttosto nella direzione del ‟reddito di inserimento”. Bisogna distribuire le risorse a chi ne ha effettiva necessità e non in modo generalizzato. ‟Ma insieme al reddito minimo, Boeri propone anche il salario minimo - dice Damiano - per me sarebbe preferibile invece un salario minino fissato attraverso la contrattazione, rivalutando i contratti nazionali. Non mi convince neppure la logica dello spalmare perché abbassa le tutele esistenti”.
Sul salario minimo, piuttusto che su un reddito minimo sulla soglia della povertà, spinge invece Andrea Ricci, responsabile economico di Rifondazione comunista. ‟Anche se il movimento operaio è sempre stato contrario nella sua storia, io penso che sarebbe oggi una buona cosa introdurre un salario minimo alla francese, per tutti quelli che lavorano”. Il punto, ovviamente, è la quantità di salario a cui si pensa. Per Andrea Ricci si dovrebbe introdurre un salario minimo sulle 600 euro, per stare comunque al di sopra del sussidio di povertà. Si dovrebbe pensare dunque a un sistema con un reddito sociale e un salario minimo di riferimento, un po' come l'orario minimo di lavoro. Un modello di welfare che poi non sarebbe troppo differente da quello dei paesi del nord Europa.
‟Bisogna stare molto attenti all'universalismo della miseria” dice un altro esponente di Rifondazione, Paolo Ferrero, responsabile del lavoro. Quello che non si può condividere, dice Ferrero, è che si debba togliere qualcosa ai lavoratori per permettere l'estensione delle tutele. ‟Noi abbiamo proposto una forma di reddito che sia una garanzia effettiva, da far convivere con nuovi ammortizzatori sociali, ma c'è il rischio che si vada poco oltre il reddito minimo”. Oltre alla discussione teorica, questi temi sono stati oggetto di confronto e scontro nell'Unione. Il compromesso che sembra raggiunto sembra a questo punto basarsi su due punti fermi: la proposta di un reddito minimo di inserimento e una fiscalità di vantaggio per le persone incapienti.

Paolo Andruccioli

Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano "il manifesto", è stato caporedattore dello stesso giornale e direttore responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e della …