È fine maggio. Andrea e Teresa festeggiano in una trattoria di campagna il decimo compleanno di Marco e Aurora, i loro gemelli. Durante quel pomeriggio di giochi all’aperto, Marco si ferisce cadendo su una recinzione. “Stai qua con me,” sussurra all’orecchio del padre corso ad abbracciarlo. Poche parole che hanno la forza di riportare bruscamente alla memoria di Andrea la vicenda di Alfredino Rampi, caduto in un pozzo a sei anni, nel 1981. Nei giorni seguenti l’inquietudine di Andrea cresce senza che lui riesca davvero a spiegarsene il motivo, finché il calendario segna il 10 giugno, data della caduta di Alfredino. Quella sera, dopo una giornata difficile, Andrea finalmente si mette a letto, spegnendo la luce con un clic. E lo ritroviamo imbragato, pronto per scendere a salvare Alfredino nel pozzo.
Laggiù – o lassù, perché spazio e tempo hanno smesso di esistere e l’unica guida è la stella Alfecca Meridiana, perfettamente al centro di un ritaglio di cielo ormai lontano –, insieme al bambino in canottiera a righe Andrea ritrova tanti personaggi legati alla propria vita: dalla giovane organista di cui era stato innamorato al punk di paese dallo sguardo sognante, dal comico ipnotista e malinconico che ricorda Gigi Proietti alla squadra di calcio dell’oratorio fatta di ragazzini sul cui corpo spuntano gelsomini profumatissimi. Alfredino conduce Andrea in un viaggio che si dispiega tra deserti notturni, parchi neoclassici, vulcani ricoperti di neve e stradine di periferia dalle fragranze mediorientali, attraverso un paesaggio interiore di ritrovata, splendente innocenza.
A quarant’anni dalla tragedia di Alfredino Rampi, Ianniello torna con un romanzo di commovente dolcezza all’incidente che sconvolse il Paese segnando, per molti aspetti, una cesura dopo la quale niente è più stato come prima. E noi lo seguiamo sospesi tra realtà e fantasia, tra la fatica del presente e il serbatoio misterioso
del passato.
E innocenti sicuramente siamo soprattutto noi, perché chi ama lo è sempre.