La Grande Crisi Finanziaria del 2008-2009 ha scosso alle fondamenta la narrativa neoliberista: da allora il capitalismo nei paesi avanzati retti da democrazie liberali – il nostro “angolo di mondo” – è entrato in un periodo di transizione che non si è ancora concluso, mentre la Grande Pandemia ha reso irreversibile la crisi del neoliberismo. Il futuro è imprevedibile e permette solo congetture più o meno affidabili, tanto più affidabili quanto più corto è l’orizzonte di previsione e più esteso l’utilizzo delle conoscenze storiche e scientifiche di cui disponiamo. Ma ancora non sappiamo che cosa potrebbe prendere il posto della narrativa neoliberista dominante fino a ieri, mentre sappiamo per certo che tra i futuri possibili ce ne sono molti assai poco desiderabili.
Ce n’è però almeno uno che è sia possibile, sia desiderabile, un futuro “buono” per il quale impegnarsi con la ragionevole speranza di sviluppare una narrativa egemone, come lo sono state nel dopoguerra quella socialdemocratica e quella neoliberista. Un futuro nel quale le crescenti diseguaglianze, l’instabilità economica, la precarietà del lavoro, il deterioramento dell’ambiente che il neoliberismo ci lascia in eredità possano essere combattuti in modo efficace. Buono, non ottimo: l’ottimo, un futuro ideale, fa a pugni con il possibile e corre oltretutto il rischio di convertirsi in un incubo.
Dilmore e Salvati definiscono questa narrativa, per ora limitata al nostro angolo di mondo, “liberalismo inclusivo”. Anche il trentennio postbellico, al quale tanti guardano (ora…) con rimpianto, fu dominato da una forma di liberalismo inclusivo, quella del compromesso socialdemocratico. La nuova forma che gli autori auspicano e ritengono possibile nel prossimo futuro sarà diversa, perché indietro non si torna. Le loro proposte si rivolgono ai programmi dei partiti socialdemocratici e, più in generale, delle forze di centrosinistra, affinché questi possano esercitare un ruolo determinante nell’affermazione del liberalismo inclusivo. Un libro politico scritto da due economisti, con l’urgenza di una scommessa che si può vincere.
La Grande Crisi Finanziaria e la pandemia hanno mostrato le debolezze della narrativa neoliberista. Una nuova narrativa democratica, capace di ridurre le diseguaglianze e di tenere insieme libertà economica e benessere dei cittadini, è possibile? Questa strada esiste e si chiama liberalismo inclusivo.
Espressione insolita nel mondo della sinistra, anche se l’obiettivo è noto: unire gli aspetti più desiderabili di una concezione liberale e di una socialista.