Le mille e una notte

Edizione italiana condotta sul più antico manoscritto arabo stabilito da Muhsin Mahdi

di AA. VV.

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“Amore mio, dimmi! Amore mio, parlami! Amore mio, rispondimi!”

Quando hanno origine Le Mille e una notte? In un certo senso, non c’è alcun dubbio: nascono a Parigi, nel 1704. Quando Monsieur Antoine Galland, l’orientalista che per primo le traduce e le tradisce, le trascrive e le riscrive, le copia e le inventa: le pubblica. E da questo inizio parte uno dei più tortuosi e tormentati capitoli della storia dell’editoria, il cui punto focale diventa la caccia alle fonti arabe delle Notti. E ogni volta, non appena individuato il nuovo presunto originale, comincia un’altra fatica dei filologi e degli esegeti. Intanto, Shahrazad sorride: anche per questa notte se l’è cavata, e il re non la ucciderà. C’è un solo, corposo blocco delle mille storie su cui la mano sublime di Galland non ha potuto sovrapporre la sua impronta. Un manoscritto arabo in tre volumi, effettivamente proveniente dalla Siria, di qualche secolo più antico, che si trova ora depositato presso la Bibliothèque Nationale di Parigi. All’impresa della sua ricostruzione si dedicò Muhsin Mahdi, l’arabista professore all’Università di Harvard, che stabilì, dopo un lavoro ventennale di meticoloso raffronto dei manoscritti, il nucleo portante delle Notti arabe. Questa traduzione italiana ci regala pertanto un risultato sorprendente. Ci restituisce la voce di Shahrazad senza più la mediazione della cultura occidentale e con essa il racconto femminile di un erotismo praticato nelle forme più spontanee ed esplicite, con una ricchezza linguistica e lessicale unica. Una versione che modifica in modo importante la nostra percezione del mondo arabo e delle sue tradizioni, così come ci vengono raccontate dalle miserie del presente.

 

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