Enrico Donaggio presenta Una sobria inquietudine

Enrico Donaggio presenta Una sobria inquietudine

Wittgenstein ha detto che esistono pensatori che sono come delle vette e altri che sono invece simili ad altipiani. Löwith appartiene senz’altro a questa seconda categoria: studiandolo non ci si inerpica su cime tempestose, ma si vedono molte cose da una prospettiva meno estrema e unilaterale di quella che si gode da un picco solitario. Leggendo i suoi libri si entra in contatto con quanto di meglio la filosofia europea ha prodotto nei due secoli che ci siamo lasciati alle spalle. E non lo si fa nel modo solipsistico, spesso arrogante, di chi si ritiene il depositario esclusivo di pensieri elevatissimi o abissali. Si apprende piuttosto un’arte dei toni sommessi, un approccio mimetico che mira a restituire una polifonia di voci alle quali, in modo discreto quanto deciso, Löwith aggiunge la propria. Questa trama di confronti – con Hegel e Nietzsche, Marx e Weber, Heidegger e Schmitt – nasconde infatti nella sua filigrana una critica alle responsabilità politiche della filosofia e una critica integralmente filosofica della modernità occidentale. Un tentativo, se si vuole, di sopravvivere filosoficamente al Novecento.

La metafora dell’amore in tempo di guerra. Intervista a Maggiani

La metafora dell’amore in tempo di guerra. Intervista a Maggiani

Probabilmente ha ragione Eugenio Serbeni a definirlo "il narratore più libero da condizionamenti". Nel suo nuovo romanzoÈ stata una vertigine Maurizio Maggiani prende infatti in contropiede il lettore, lo spiazza con una storia d’amore dallo stile rarefatto e distillato, un mosaico di tredici storie (che il numero abbia a che fare con la cabala?) irriducibili a un’unità organica. Nulla a che vedere con la struttura corposa e la trama proliferante dei precedenti romanzi Il coraggio del pettirosso e La regina disadorna (ma anche l’esordiale Màuri Màuri si muoveva in tutt’altra direzione). Qui Maggiani ha rimesso in gioco se stesso con l’imprevedibilità di un anarchico che si mette a parlare d’amore (non solo quello che lega un uomo a una donna) "in tempo di guerra", come suggerisce l’autore, tanto che "il libro avrebbe potuto sottotitolarsi L’amore in tempo di guerra".

Intervista a Bijan Zarmandili su La grande casa di Monirrieh

Intervista a Bijan Zarmandili su La grande casa di Monirrieh

Le vicissitudini di una donna in cui sembra incarnarsi il destino di un paese e di una cultura. La storia della bellissima Zahra, dagli anni trenta al conflitto Iraq-Iran. L’amore contrastato per un giovane ebreo, il matrimonio, la maternità, la sfida dentro le mura della "grande casa di Monirrieh". L’Iran che guarda all’Occidente, l’Iran che torna alle sue radici, l’Iran che sul corpo di Zahra incide il segno di una radicale contraddizione.

Lavorare meno sognare di più. Colloquio con Jean-Paul Fitoussi

Lavorare meno sognare di più. Colloquio con Jean-Paul Fitoussi

L'impresa dovrebbe sognare di diventare fabbrica della società. Un luogo dove ci si occupa non solo di profitto, ma dei salariati, del loro benessere, del territorio in cui si è inseriti e delle generazioni future. Nella catalogazione di Jean-Paul Fitoussi, economista, presidente dell'Osservatorio francese delle congiunture economiche, imprese così orientate sono di "terzo tipo"; dopo la padronale e la fordista. La rivoluzione che lui auspica e teorizza l’ha spiegata a Ravello dove è stato relatore al seminario su "I sogni dell'impresa". Ha raccontato anche il paradosso per il quale il sogno dell'economia è quello di liberarsi dell'economia.