Tienanmen. Uno scrittore sul luogo del delitto: "da allora Pechino è in coma". Federico Rampini intervista Ma Jian

Tienanmen. Uno scrittore sul luogo del delitto: "da allora Pechino è in coma". Federico Rampini intervista Ma Jian

‟La prosperità senza i diritti umani crea una società solo superficialmente stabile. Il massacro di Piazza Tienanmen ha lasciato in Cina un’eredità di paura, di apatìa, di disimpegno dalla politica. Ma prima o poi il bisogno di democrazia tornerà con prepotenza. Nessuno riuscirà a fermare la storia per sempre”. Non ha dubbi lo scrittore Ma Jian, autore "maledetto" le cui opere sono proibite da molti anni in Cina. Ma Jian vive a Londra, gli è consentito rientrare a Pechino e quindi non ha perso il contatto con la realtà del suo paese. Questa condizione di semi-esule, pendolare tra Occidente e Cina, ne fa un osservatore lucido e severo. Nessuno prima di lui aveva osato affrontare di petto la tragedia di Tienanmen. Ma Jian ne ha fatto il centro della sua nuova opera, Pechino è in coma. Un capolavoro già esaltato negli Usa e in Inghilterra, il primo grande romanzo che ruota intorno agli eventi del 1989. Il protagonista, Dai Wei, è un giovane la cui esistenza è sconvolta dagli eventi politici del suo paese. Suo padre viene deportato in un campo di "rieducazione" durante la Rivoluzione culturale maoista, e il suo status di "deviazionista di destra" viene pagato da tutta la famiglia. Dai Wei è coinvolto nel movimento studentesco dell’89. Quando scatta la repressione militare, il 4 giugno una pallottola lo colpisce alla testa e finisce in coma. E’ dal suo letto di ospedale che parte il romanzo. Quel coma è una metafora: l’intero popolo cinese secondo Ma Jian vive in uno stato di semi-incoscienza. E mentre si avvicina il ventesimo anniversario del massacro, ci confida il suo bilancio sugli eventi di Tienanmen.

Richard Ford
presenta
Donne e uomini

Richard Ford presenta Donne e uomini

"Questo è il tema dei racconti: il male e le conseguenze disastrose dell'egoismo." Così Richard Ford, nella nostra intervista, descrive il suo ultimo libro. Lo sconcerto dell’incontro, la forza dei gesti e dei sentimenti, l’impossibile desiderio di comprendersi.

Terroristi, se qualcuno li guarda con simpatia. Intervista a Domenico Starnone

Terroristi, se qualcuno li guarda con simpatia. Intervista a Domenico Starnone

‟[...] Io mi ero già ritratto nei primi anni Settanta. Mi repellevano la gambizzazione, il rapimento, l’assassinio politico: un obbrobrio stupido. Immaginavo le schegge delle ossa, gli organi vitali lacerati e provavo come una vertigine che mi scagliava lo stomaco in gola. Tuttavia una parte segreta di me non riusciva a non sentire affinità con gli uccisori piuttosto che con la vittima, con i sequestratori piuttosto che con i sequestrati. Cancellavo parole di condanna dal mio vocabolario, evitavo etichette correnti. Stavo attento, anche tra me e me, a non dire mai assassini, criminali, aguzzini, terroristi, sentivo che non erano riducibili a quei vocaboli”.

‟Operazione verità: ecco cosa ci lega ai terroristi”. Intervista a Domenico Starnone

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Prima esecuzione è un romanzo che pone questo interrogativo: quanto erano interiormente vicini alle Br quelli che, negli anni Settanta, se ne professavano lontano?
‟Il mio Stasi è innocente, in senso legale, non è affatto un cattivo maestro, è stato un maestro buono, ottimo. Non ha fatto del male a una mosca. Ma cosa si porta dentro? Quel doppio movimento interiore per cui si prova pietà, orrore per le vittime dei terroristi ma, subito dopo, si sente che il proprio disgusto per il mondo e le ingiustizie sono comunque rappresentati, in scena, da loro, i terroristi.”