“Ecco il libro che mancava e che gli insegnanti dovrebbero portare in classe” Furio Colombo
La sera del 5 dicembre 1943, il giovane pianista Arturo Benedetti Michelangeli suona al Teatro La Fenice di Venezia. In quelle stesse ore, polizia, carabinieri e volontari del ricostituito Partito fascista – i carnefici italiani – compiono in città una delle maggiori retate di ebrei nella penisola. Oltre centocinquanta tra uomini, donne, vecchi e bambini vengono stanati dalle loro case e tradotti alle locali carceri. Nei giorni successivi i loro beni vengono sequestrati, gli appartamenti sigillati o destinati ad altri italiani. I prigionieri saranno poi trasferiti a Fossoli di Carpi, il principale campo di transito degli ebrei nella Repubblica sociale, gestito da forze italiane. Qui saranno detenuti in condizioni precarie e, quindi, caricati su vagoni piombati su cui verranno condotti alla morte nel campo di sterminio di Auschwitz. Questi eventi si ripeterono in modo analogo, tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945, nelle principali città e in una miriade di piccoli paesi del centro-nord. Perché raramente si ricorda che almeno metà degli arresti di ebrei fu condotta da italiani, senza ordini o diretta partecipazione dei tedeschi? Perché si preferisce dimenticare i carnefici italiani, uomini e donne che parteciparono al genocidio degli ebrei? Settant’anni dopo le deportazioni degli ebrei dall’Italia, questo libro cerca di dare risposta a domande scomode.