Alberto Arbasino: La politica del turpiloquio

10 Luglio 2002
E la Morale (secondo i più vecchi) sarebbe che non si sbaglia mai, ripetendo che siamo un popolo di... (parolaccia) e viviamo in un paese di... (turpiloquio). Sono qui d´accordo sia gli italofobi sia gli xenofili, e le più lunghe esperienze confermano che conviene rende di più fare gli «anti» e i «contro», piuttosto che i «pro» e i «filo». È una caratteristica della nostra identità nazionale che si conserva costante: già nei primi anni dopo il fascismo i comici del varietà venivano applauditissimi quando facevano dei gesti orizzontali con la mano, dicendo «è arrivata fin qui». E le povere nonne venivano approvate da tutte le vere signore italiane, quando ripetevano «siamo circondati da imbecilli e cretini».
Rimanevano intanto senza risposta due domande squisitamente «etniche».
Quanti altri popoli ripetono la stessa solfa, contro se stessi, in patria o all´estero? E insomma, come corollario: in quali paesi non di... (parolaccia) dovremmo o vorremmo trasferirci, con i nostri redditi? In questi giorni incresciosi, la memoria mortificata ritorna ovviamente agli analoghi avvenimenti ed eventi di ieri. E si ricordano i giorni più «caldi» del caso Moro: quando si raccattavano i materiali «sul campo» per un instant book «in presa diretta». (Non per niente, si chiamò In questo stato).
Colpiva anche allora la volgarità della classe politica. Colpiva la bassezza di certe battute: «E mo´ che famo, se ce ridanno indietro quello... (turpiloquio) in mutande per strada?». Si discorreva allora di «arroganza del potere»: una formula all´americana che si applicava bene alle nostre «poltrone», ai nostri «palazzi». Fino al più basso «cadreghino». E già ci si poneva il quesito: certe «vassallate» sono «voci dal sen fuggite» per mancanza di educazione civica e di saviezza politica? o sono annebbiamenti della mente, dati dal possesso della carica? oppure grossolanità volute, mirate ai consensi più rozzi di massa?
A un livello medio-alto, rammento i commentari su eventi italiani tipici, ma apparentemente surrealisti. Una congrega di seri e rispettabili professori e politici bolognesi, destinati a brillanti carriere politiche ed economiche, va raccontando che i loro pronostici fondamentali si basano sulle sedute spiritiche. E forse si svolgono regolarmente anche a Palazzo Chigi e negli altri palazzi del Potere, per ricevere dai fantasmi indicazioni concrete sulle decisioni da prendere, per l´Italia. (Anche per l´adesione all´Europa: si ripeteva «dì ben su, fantasma», a quell´epoca).
Ci si domandava dunque, allora: una riunione medianica, con tavolini e pendolini, sarà una simulazione o uno scenario per far pervenire al ministero dell´Interno la fatale «dritta» su Gradoli, probabilmente girata nei contatti fra via Gradoli e i tavolini bolognesi a tre gambe? E le forze dell´ordine che vanno al paesino di Gradoli e non alla prigione di Moro in via Gradoli, lo fanno per insipienza (come nelle barzellette), o invece erano - normalmente - al corrente dei fatti? Ed eseguono una «sceneggiata»? Tutto questo non nocque, tuttavia, al successivo «cursus honorum» di Cossiga e di Prodi e degli altri protagonisti. E forse anche in tutto questo «c´è una Morale», come dicevano le nostre nonne. Ma la Comunicazione, l´Immagine, il Look italiano? 

Alberto Arbasino

Alberto Arbasino

Alberto Arbasino, nato a Voghera nel 1930 si è laureato in Diritto Internazionale all'Università di Milano, è giornalista, saggista, critico musicale e scrittore di vasta cultura, di forte impegno civile …