Giorgio Bocca: La bisca del capitalismo

01 Agosto 2002
Adesso ammettono che la recessione mondiale dell'economia e della finanza è anche dovuta al passaggio dal capitalismo produttore al capitalismo predatore, a scandali come Enron e la Arthur Andersen, adesso il presidente degli Stati Uniti minaccia condanne a dieci anni di galera agli amministratori disonesti ma per almeno dieci anni hanno prevalso il silenzio e la complicità chi cercava di far uso di un minimo di buon senso veniva zittito o irriso come un apocalittico fuori dal tempo.
Giornali e televisioni appartenevano al capitalismo che non si curava di creare prodotti ma valore, il valore delle azioni in Borsa. Senza curarsi minimamente che avesse un corrispettivo nel valore delle aziende. Per quanti mesi ed anni le persone di buon senso hanno detto che non aveva alcun senso moltiplicare per cento per mille il valore azionario di aziende che non avevano ancora chiuso un bilancio in profitto, che era illusorio, pazzesco dare per avvenute le espansioni della New economy che il mercato rifiutava? Ma cercar di capire, cercar di informare era come voler svuotare il mare con un secchiello, la marea informativa ti sommergeva e spesso ti ritrovavi anche sbeffeggiato dai predoni: «E bravo il nostro moralista, lui ha scoperto che la nostra finanza è fatta di vaghe promesse, di aria fritta, di inganni ma non ha capito che i grandi e facili guadagni si fanno così, non ha ancora capito che cosa è la sostanza del capitalismo: fare soldi, tanti, subito». L'aspetto più sorprendente di questo capitalismo predone su cui oggi si versano lacrime di coccodrillo è stato l'accordo spontaneo, monolitico di quanti contavano o speravano di arricchirsi. Ha funzionato la stessa solidarietà impudica che spinge i parlamentari italiani di tutte le formazioni ad aumentarsi gli stipendi. Litigano su tutto, si scontrano su tutto ma per questa malversazione dello Stato sono come un sol uomo, compatti, silenti, rapidi. Così è stato del cosiddetto establishment economico e finanziario, non ha badato a mezzi e a impudicizia. Ci voleva molto a capire che certi licenziamenti irresponsabili, che certi tagli pubblicizzati dei cosiddetti rami secchi non erano affatto necessari alla vita dell'azienda ma servivano unicamente a prove di forza che aumentavano il valore delle azioni? Che la gran moda delle stock option non era soltanto una riedizione dello stakanovismo per ricchi ma una vera e propria truffa degli azionisti. Che era assurdo che alcuni manager al sommo dell'azienda decidessero di distribuirsi somme enormi semplicemente per aver fatto il loro mestiere, il loro dovere come l'aver acquistato o venduto per conto dell'azienda. Senza che nessuno osasse sospettare accordi con i manager che vendevano o acquistavano. Il gioco era grande e impunito.
Il sociologo Luciano Gallino ha scoperto nella montagna di documenti sulla responsabilità delle aziende che uno dei rapporti principali era stato pubblicato nel 2000 nientemeno che dalla Enron uno dei massimi esempi di capitalismo irresponsabile e imbroglione. E tutti anche nel nostro paese avevano sotto gli occhi lo spettacolo pirotecnico di avventurieri della finanza, vedi i pii e morigerati bresciani che si impadronivano di grandi e grandissime aziende senza avere i soldi per comperarle ma con un giro di scatole cinesi a cui ha partecipato anche la nostra sinistra che aveva scoperto anche lei il modo di far soldi tanti e presto anche se la lezione di Mani pulite bruciava ancora. Ma questo è il modello che la destra ripropone ancora come l'unico per non perdere il treno del progresso. Magari entrando nel grande mercato russo gestito dalle mafie statali e private. Quanti sono i nuovi miliardari italiani? Decine di migliaia. Per loro questa gigantesca bisca è il migliore dei mondi possibili.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …