Alberto Arbasino: Liti e veleni di fine estate

02 Settembre 2002
E meno che meno in piena estate, fra crisi e calamità e profezie di disgrazie. E non soltanto su scala internazionale, con scenari di conflitti preoccupanti.
Anche dentro l´Unione Europea, dove il "piove, governo ladro!" è un antico ritornello, ma dove rovesciare un governo o due può suscitare problemi a Bruxelles e a Strasburgo. Sia fra gli Stati già comunitari e regolati, sia fra quelli in fila per entrare nell´Unione, con tradizioni "balcaniche" proprie e irrinunciabili.
L´onda della conflittualità pare nettamente anomala, con queste rissosità in aumento proprio nella stagione tradizionalmente più pacifica, fra villeggianti armati tutt´al più di pinne. Ma anche le alluvioni sono state insolite: le stagioni non sono più quelle di una volta, ripetono le televisioni e gli ombrelloni in coro. Dunque, addio alle "ferie d´agosto" di cara memoria?
Allora, anche di malavoglia, può diventare un dovere culturale e un impegno etico cercar di fissare subito, a caldo e sul campo, i caratteri particolari dell´epoca. Perché poi, "a futura memoria", questi diventano i materiali primari di riferimento per i ricercatori e gli storici. Che prenderanno "con le pinze" (antropologiche e politiche) le varie faziosità settarie del momento. E le malignità, le stizzosità, le acrimonie, le acredini.
"Quando l´Italia era tagliata in due", anche Benedetto Croce tentava d´osservare con lente entomologica i neoconformismi d´"impiegati, ufficiali, spostati, ex-fascisti, ecc." e "la pura follia del farsi centro della generale opposizione italiana". E le vecchie nonne ottocentesche: "Attenzione agli avvoltoi che volteggiano per far soldi sui morti".
Ma per chi viene dalla prima metà del Novecento, in una Italia o anti-Italia che ha mangiato faziosità per secoli, forse non ne saprebbe ricordare attacchi simili agli attuali (se non nella fase acuta della guerra civile). Perché l´aspetto impressionante della faziosità attuale è che va a ruota libera, spara in tutte le direzioni, e non fa distinzione fra i massimi sistemi più solenni e le meschinità più acide e cheap.
Per chi ha conosciuto il fascismo, la differenza colossale è che allora qualunque dissenso (anche vignette e barzellette, anche aggettivi o avverbi) veniva represso e punito con ammonimenti e licenziamenti, prigione o confino, in un paese basicamente povero e famelico. E per chi attraversò il Sessantotto, si trattava di investimenti-contro, in tempi lunghi e con esiti incerti, senza riscontri redditizi in termini di contabilità immediata e denaro pubblico.
Oggi, invece, qualunque adulazione o trasgressione dà luogo a cespiti e redditi pubblici e privati. Anche nelle fasi di crisi per gli investimenti economici. Generano egualmente profitti le adulazioni e gli insulti, gli inni e i livori e le bili e i carmi, le "leccate" e i "vaffa", in una produzione non-stop di incensi e veleni a getto e ciclo continuo. Indipendentemente dai grandi temi e dalle piccole stronzate che possono riguardare l´Italia intera, e non una sua fetta settoriale. Con un accanimento "allucinante" e "demenziale" che presto ingenera assuefazione e déjà vu di massa. Giacché in qualunque discorso, su temi disparatissimi, non molti paiono resistere all´impulso ossessivo di infilare quello schizzetto "corretto" che certifica la sottomissione a uno dei vari conformismi dell´obbligo effimero. "...E vabbè".
Poche penombre simili sembra di avere attraversato (secondo la frase di Natalia Ginzburg) nei nostri anni lontani. Ritrovo Rudi Dutschke in un remoto Quindici del 1969, trentatré anni fa. "Naturalmente, alla fin fine, bisognerà sconfiggere l´esercito e la polizia. Perciò coloro che hanno le doti del rivoluzionario devono essere portati, lentamente ma sicuramente, in contatto con noi, devono essere preparati per il giorno X - rivoluzione oppure colpo di Stato della cricca dell´esercito - e nostri gruppi devono essere attivi anche all´interno dell´esercito e della polizia". (Cioè, le strategie classiche della Massoneria e della Mafia).
...Ma quando anche i Servizi s´"infiltrano" nelle Brigate (come già allora), quali toghe o congreghe contro-infiltrate accerteranno la Paternità delle Bombe, reclamarono gli avvocaticchi. E quando poi càpitano (impreviste) le inondazioni a Praga e a Dresda, o le cadute dei Muri e degli altri contenitori, chi ne approfitterà concretamente per prendersi o consolidare il Potere e il Sistema, in bretelle?...
Più indietro, quarantadue anni fa, ripesco (sulla Illustrazione Italiana del luglio 1960) un intervento di Giansiro Ferrata - un intellettuale allora importante in Mondadori e nel Pci - sugli Stati Generali della cultura italiana, tenuti al teatro Valle di Roma su iniziativa de Il Contemporaneo, Il Pensiero Critico, Il Ponte, Nuovi Argomenti, Officina (eccetera) con Moravia, Piovene, Levi, Ungaretti, Guttuso, Bianchi Bandinelli, Alicata, Salinari, Manzini, Pasolini, i due Bellonci (eccetera). Franco Fortini "che si è già abbastanza spiegato sull´Avanti!, dichiara di rinunciare al viaggio a Roma". I socialisti nenniani, "per bocca dell´autorevole Ramat, parvero camminare verso mete semigovernative".
Il professor Garin "rivolse il suo esame alle mancanze o colpe intrinseche della cultura italiana in tutti questi decenni, alle sue incapacità d´aderenza al mondo che pure è il nostro". Elémire Zolla "si prodigò per quasi un´ora nell´evocare lo spettro della cultura di massa, segnalandone le tranquille mostruosità e l´enorme potenza". (Come poi Dutschke: "Radio, televisione, film e libri si impadroniscono della rivoluzione per farne una vuota frase. E´ la forma permanente dell´integrazione. Così il fronte autoritario viene continuamente sospinto nella direzione sbagliata").
Ed ecco, dalla lunga mozione finale: "Il convegno rileva unanimemente la grave situazione in cui versa la cultura italiana, nel presente clima di soffocante restaurazione; denuncia gli ostacoli frapposti al libero manifestarsi delle idee; sottolinea l´esigenza di un´azione che, eliminando ogni diaframma esistente fra uomini di cultura democratica e antifascista, li impegni ad un´attiva e organizzata resistenza".
Parole di quarantadue anni fa, di intrigante e devastante attualità ancora oggidì. Nell´immutabile lagnanza contro i governi che tarpano - tutti - la creatività e l´invenzione e il pensiero. E nella contemporanea vivace "produzione di bile a mezzo di bile" con acidità crescente e dilagante nelle "alte sfere" come a livello tapino. Anche nelle sedi e nei portali e siti già dedicati alle beghe e ripicche accademiche, storiche, filologiche, antichistiche, cliniche, commercialistiche, dantesche e petrarchesche, all´ombra delle brighe e zuffe per i ruoli e le cattedre machiavelliche. Con vespai internettici per rinfacciare ai governi o all´11 settembre le colpe (les fautes) che i couplets popolari del Settecento addebitavano a Voltaire o a Rosseau. E una animata produzione parallela di appelli e petizioni ai poteri contestati, per mantenimenti di posti e concessioni di prebende.
Ma del resto, già non molti mesi fa, i "corsi e ricorsi" storici già tanto imparati e dimenticati nelle scuole italiane, imponevano di mettere a verbale le facili e orribili previsioni sugli annunciati disastri a Genova: in base alle dichiarazioni, alle programmazioni, alle annunciazioni, alla retorica su "Fischia il sasso, il nome squilla, del ragazzo di Portoria, e l´intrepido Balilla, sta gigante nella Storia"... I vegliardi e centenari di oggidì venivano obbligati a cantarlo ogni sabato, da piccoli.
E i poveri superstiti con la barba bianca si ritrovano a rivivere gli "scontati copioni" all´italiana. Qualcosa che "fischia", qualcosa che "squilla", poi l´inevitabile ira e le irrinunciabili vittime. Come da copione.
Proseguendo e finendo con l´attribuzione delle cariche nell´associazione fra i parenti delle vittime. Mentre magari la solidarietà patriottica si sposta verso le catene umane intente a spalare metri e metri di fango delle inondazioni, con altre vittime sotto.
Le bili e i veleni della rissosità contemporanea non sembrano evitare nemmeno le cause più umanitarie delle solidarietà cristiane e marxiste senza "secondi fini" sotterranei o indiretti, però. Basta attualmente registrare e fotografare chi va a eccitarsi per gli "illegali" e gli "occupanti" ai danni degli "indigeni" e dei "residenti". O chi si eccita sui "detenuti" senza la minima compassione per le vittime dei loro delitti "interessanti". Con esibizione di "pietas" mediatica per cronisti e fotografi. Ma senza trarre conseguenze logiche e ideologiche e pratiche dalle posizioni cristiane, o marxiste, o solo umanitarie. Tipo: ospitare, nutrire e vestire gli oggetti e i soggetti delle demagogie con opere varie di solidarietà e misericordia, come alloggiare in casa propria e dividere il pasto a tavola, con i proventi degli interventi moralistici o gossipistici.
Viceversa: siccome si impongono tutti questi compiti concreti e gravosi alla società disprezzata e alle istituzioni contestatissime, queste ribattono coi "vaffa" irriverenti alla moda nel pianeta-giovani trasgressivi e rock. In un contesto di Grandi Fratelli e fedeli di Padre Pio, ombelichi al vento e maxicode ai caselli, inondazioni e internet fra cantanti impegnati e dj impegnatissimi e calciatori superstar…

Alberto Arbasino

Alberto Arbasino, nato a Voghera nel 1930 si è laureato in Diritto Internazionale all'Università di Milano, è giornalista, saggista, critico musicale e scrittore di vasta cultura, di forte impegno civile …