Jacopo Iacoboni: Rawls, il filosofo della giustizia

25 Novembre 2002
Non scriveva di frequente, John Rawls. Tra un libro e l´altro, a volte, faceva passare anche più di vent´anni: come successe tra A Theory of Justice (1971) e Political Liberalism (1993), corni di un percorso che ha scolpito i tratti della moderna teoria liberale configurando, per dirla con un suo titolo celeberrimo, la «giustizia come equità», justice as fairness. Ora che all´età di 81 anni, come annuncia la Harvard University, se n´è andato, scatterà magari la corsa all´annessione postuma del suo pensiero: ma già in vita la gara era stata serrata. Nel tempo su Rawls si erano gettati in tanti, avidi di iniezioni di laicismo: la sinistra neocomunitaria, che si è sempre proclamata sua figlia; ma anche correnti di pensiero inclini ad abbracciare le componenti di liberalismo accentuato contenute nell´impianto di quello che è stato definito «il maggior filosofo politico americano del secolo»: per esempio, la visione rawlsiana della somma di «egoismi razionali» che, paradossalmente, può condurre al «sistema giusto». Aveva progetti ambiziosi, Rawls. Lo confessò in un´opera di quelle che saranno classificate come minori, Outline of a Decision Procedure for Ethics: occorre, scrisse, tentare di elaborare una procedura di giustificazione per principi etici analoga a quella elaborata per i criteri della logica induttiva. Fare per la filosofia politica ciò che, da Wittgenstein e dal neopositivismo viennese fino a Willard Van Orman Quine, era stato fatto per la logica. Come ogni grande, per tutta la vita ha pensato un solo pensiero: la giustizia e i suoi riflessi sulla democrazia. Nel libro del `71, Teoria della giustizia, il problema si presentava così: come costruire una teoria che esplicitasse i principi sottesi ai nostri giudizi sulla giustizia delle istituzioni? Era possibile arrivarci attraverso una «procedura ideale»? Nel libro del `93 sul «liberalismo politico», il problema aveva preso un´altra forma: stabilire in che modo configurare gli assetti costituzionali in una società davvero pluralista. «Cose diverse», riconobbe una volta a chi gli chiedeva se aveva cambiato idea, se l´utopia di «fondare la giustizia» andava accantonata. Diverse, non incompatibili, chiarì lui: non aveva mai smesso di «crederci razionalmente». Ha avuto tanti allievi e studiosi, tra i quali gli italiani Salvatore Veca e Sebastiano Maffettone. Proprio Veca ne riassunse il tratto peculiare: «Rawls procede, per approssimazioni successive e con slittamenti graduali, dall´esame scrupoloso della portata e dei limiti della teoria della giustizia come equità alla radicale riformulazione di tale idea, il cui esito è un abbozzo delle linee di una teoria della giustizia internazionale». Non gli dispiacevano le «utopie», apprezzava lo sforzo costituente europeo, fu un convinto assertore, tra l´altro, del diritto di resistenza nei confronti di leggi ingiuste e del concetto di disobbedienza civile. Non risulta, però, che suoi testi abbiano avuto gran fortuna in recenti assemblee no global.

John Rawls

John Rawls (1921-2002), considerato tra i massimi filosofi politici del Ventesimo secolo, è stato professore emerito alla Harvard University, dove ha insegnato dal 1962 al 1991. Tra i suoi testi …