Diana Sartori: Velata differenza

27 Novembre 2002
Rawls non vedrà in stampa l'imminente The Cambridge Companion to Rawls che gli tributa l'ovvio riconoscimento di aver definito parte sostanziale dell'agenda filosofico-politica del passato quarto di secolo. E non vedrà così l'ulteriore, e meno ovvio, pubblico tributo che in Rawls and Feminism gli indirizza Martha Nussbaum: "L'opera di Rawls offre importanti intuizioni per il pensiero femminista alla giustizia. Per molti aspetti, la sua teoria può essere adattata per rispondere alle più serie critiche che le femministe le hanno rivolto." C'è una certa ironia nel venire queste parole da chi, donna e pure aristotelica, sembra proporsi come nuova solista della discussione sulla giustizia e insieme del dibattito femminista: singolare passaggio del testimone. Passaggio che si potrebbe vedere con qualche soddisfazione femminile, se non fosse che un simile giudizio taglia d'un colpo la serietà delle critiche femministe all'impianto rawlsiano, facendo sorgere un legittimo sospetto sul fatto che la stessa Nussbaum le abbia prese davvero sul serio. Non si può, infatti, negare che il rapporto del femminismo con Rawls sia stato segnato da grandi aspettative e sforzi di integrazione ed emendazione. Ma non si può non riconoscere dopo questi trent'anni di dibattito femminile sulla giustizia, vasto e anche più acceso di quello dell'agenda ufficiale del pensiero filosofico-politico, che quel rapporto ha portato le critiche forse più gravi al progetto di Rawls, e che i tentativi di "adattarlo" sono andati o delusi, o hanno prodotto sviluppi che lo rendono pressoché irriconoscibile rispetto all'impostazione originaria, muovendo ben oltre. E ciò anche limitandosi a quella parte della riflessione femminile che ha ritenuto di doversi confrontare con la teoria di Rawls, comunque non circoscritta al femminismo di impianto liberale. Il caso più noto è quello di Susan Okin, il cui Le donne e la giustizia: la famiglia come problema politico pur prendendo le mosse dalla convinzione che Rawls abbia un forte "potenziale femminista", si articola in spietata analisi della sua inadeguatezza una volta sottoposto al vaglio della differenza dei sessi, che abitualmente cade sotto la "negligenza" dei pensatori della giustizia. Perno di Okin è la distinzione pubblico/privato, e il ruolo "assunto e negletto" della famiglia: Rawls "assume (come la maggior parte della tradizione liberale) che i soggetti appropriati delle teorie politiche non siano individui adulti, ma capi-famiglia", tenendo peraltro la sfera della famiglia fuori dall'applicazione della propria teoria, quando invece verso questa teoria dipende proprio dal "senso di giustizia" che i soggetti debbono maturare all'interno di una "famiglia giusta". Ma "se le istituzioni di genere della famiglia non sono giuste, allora l'intera struttura dello sviluppo morale proposta da Rawls sembra edificata su un terreno incerto." La teoria è "incrinata dal suo stesso inizio. Una struttura familiare ingiusta non può produrre cittadini giusti".
Questa accusa di negligenza venne accolta da Rawls, che mostrò poi più attenzione a non cadere nella propria "mancanza". Da notare che per Okin il Rawls di Liberalismo politico non ha fatto che peggiorare la propria posizione. Se Okin manteneva fiducia nel potenziale non sessista del "velo di ignoranza" e nell'idea della "posizione originaria", per quanto corretti, altre critiche si sono appuntate proprio su questi nodi della teoria rawlsiana. Tra le più significative quelle di Iris Young che ne ha investito il sotteso ideale kantiano di imparzialità nonché l'intero impianto distributivo, mostrandone la riduttività rispetto a una giustizia "abilitativa" rispettosa della differenza. Non meno radicale il fronte delle femministe che hanno attaccato Rawls come esponente di una visione etico-politica incapace di superare i limiti di un'impostazione tradizionalisticamente e mascolinicamente concentrata sull'atomismo individualistico, su di un razionalismo normativo formalistico e astratto, su di un universalismo cieco alle differenze e ai contesti, su un ideale di autonomia insensibile a relazioni, a dipendenze, a emozioni e ai corpi dei soggetti morali e politici di cui pretende di parlare.
Se si pensa a quanto A Theory of Justice debba alla teoria dello sviluppo morale di Kohlberg è facile vedere quanto la mole di critiche che sull'"etica della giustizia" si è abbattuta da parte di quelle che hanno riflettuto sull'etica della cura possa essere caricata anche sulle spalle di Rawls. Il che rende quanto meno dubbio che un adattamento del suo progetto sia in grado di rispondervi prendendo sul serio le critiche che pongono al centro della domanda sulla giustizia la domanda della differenza. A meno che non si stia, in realtà, parlando di uguaglianza. Il che, forse, davvero è al centro della domanda sulla giustizia di Rawls, a dispetto del "principio di differenza". Se l'idea di fondo è di una eguaglianza per cui, come dice Elizabeth Wolgast "Lo schiavo e il padrone potrebbero, per eventualità del caso, essere l'uno al posto dell'altro. Il principe potrebbe cambiare di posto con il povero", allora si tratta di una visione che spinge a pensare che ognuno, sotto sotto, è come tutti gli altri, e siamo scambiabili.
"Ma quando sostituiamo `donna' con `schiavo' e `povero' in queste formule tradizionali, il risultato è implausibile. Non è ovvio che, a parte i casi e gli ornamenti, le donne condividano l'insieme dei loro interessi di base con gli uomini. E se le donne sono irriducibilmente differenti rispetto ad alcuni di questi, allora a questo livello di differenza, i posti non si possono scambiare. Il principe che può cambiare posto con un povero potrebbe non essere in grado di cambiare posto con una principessa."

John Rawls

John Rawls (1921-2002), considerato tra i massimi filosofi politici del Ventesimo secolo, è stato professore emerito alla Harvard University, dove ha insegnato dal 1962 al 1991. Tra i suoi testi …