Giulietto Chiesa: Putin e Hu all'ombra dell'Impero

06 Dicembre 2002
Come scolta avanzata dell'Occidente? O come presidente di una Russia che, nonostante la sua evidente minorìa, vuole ancora giocare le sue carte? Come misso dominico dell'Imperatore, o come pretendente a una partnership se non eguale, almeno rispettata con gli Stati Uniti d'America? Gli osservatori moscoviti, per lo meno quelli che non aspettano di leggere le analisi del New York Times prima di pronunciarsi, optano per le seconde ipotesi. A New Delhi, ormai stabilmente nell'orbita americana, dopo la lunga stagione "sovietica", Putin deve soltanto conseguire obiettivi economici. Con la Cina, invece, il discorso è di gran lunga più complicato. La questione che Putin e Hu Jintao avevano di fronte è indubbiamente inedita: come sviluppare i loro rapporti in una situazione geopolitica asiatica profondamente mutata dopo l'11 settembre e la guerra afghana , e di fronte alla prospettiva della guerra irachena. Come collocarsi? Come salvaguardare i propri interessi e le proprie scelte autonome e sovrane in un contesto così mutato? Al punto che gli Stati Uniti hanno ormai preso in mano l'Asia Centrale e, di fatto, sono diventati l'arbitro perfino della Sco, l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai che, fino a ieri, aveva rappresentato il maggiore successo diplomatico di Vladimir Putin (e di Jiang Zemin)? Proprio recentemente l'Uzbekistan - rimasto fuori dall'intesa dei cinque paesi asiatici della SCO (Russia, Cina, Tagikistan, Kazakhstan, Kirghizia) - aveva sciolto le riserve e si era associato. Oggi Islam Karimov - che ospita basi militari di Washington come la vicina Kirghizia - è un altro cavallo di Troia che rema per gl'interessi americani nell'area. Putin ha parlato a Pechino di una "collaborazione strategica" con la Cina. Ma Hu Jintao si dev'essere chiesto se Mosca, dopo l'11 settembre e dopo la tragedia del teatro Na Dubrovke, non abbia messo Washington sul piedistallo più alto. Gli studenti dell'Università di Pechino hanno chiesto a Putin cosa ne pensa dell'estensione a est della Nato e lui ha risposto che la considera "negativamente", perché è "un'estensione meccanica che non accresce la sicurezza di nessuno". Come amico, niente male. Ma si capisce che i cinesi cominciano a preoccuparsi. Se la Russia scivola ancora un po' verso l'America domani potrebbero trovarsi la Nato direttamente ai loro confini. E questo, loro, sicuramente non lo gradiscono. Per questo si armano, come stanno facendo gli Stati Uniti. E la Russia di Putin sotto questo profilo funziona perfettamente. Grossi acquisti di Su-27 e Su-30 (Su sta per Sukhoi, i caccia più moderni di cui dispone Mosca), di missili S-300, di sottomarini della classe Kilo. Pechino si è anche assicurata una linea di montaggio per assemblare direttamente i Su-27. Il volume dell'interscambio è modesto, attorno ai 10 miliardi di dollari, molto al di sotto delle reciproche speranze, ma quello militare sta crescendo velocemente.
Putin ha chiamato "compagno" Hu Jintao, e non credo sia stato un lapsus linguae, anche se non risulta che Putin sia ancora membro del partito comunista della Russia. Forse si riferiva alla sua tessera del Pcus, ma Hu non ha fatto una piega. In fondo neanche lui è più comunista e si può scherzare. Putin e Hu hanno sottolineato con soddisfazione reciproca che non esistono più contenziosi tra i due paesi, nemmeno quelli di frontiera. Ed è vero. Ma entrambi sanno che centinaia di migliaia di cinesi stanno pacificamente invadendo l'estremo oriente russo che, contemporaneamente, si spopola degli antichi coloni russi. Si sta addensando una immensa crisi futura, per la quale non esistono ricette, ma che non può non produrre sospetti. Di questo passo le regioni siberiane a nord della Manciuria saranno presto a prevalente popolazione cinese. Chissà se ne hanno parlato. Se non ne hanno parlato è peggio.
L'Impero esaminerà al microscopio i loro aggettivi. Una Cina che si espande a nord, verso le sterminate ricchezze che la Russia non è più capace di sfruttare, non piace sicuramente all'Imperatore. L'incognita Putin e l'incognita Hu hanno fatto la loro mossa. Entrambi sono ostili alla guerra contro l'Iraq, ma entrambi la sopporteranno. La Russia ci perderà molto, per il prevedibile ribasso del prezzo del petrolio. La Cina, enorme consumatrice di petrolio, ne ricaverà vantaggio temporaneo. Entrambi sono contro la militarizzazione dello spazio, ma la sopporteranno perché non possono impedirla. Hanno detto che "le azioni concertate dei due paesi sono un fattore importante per risolvere problemi rilevanti che sorgono nell'arena internazionale". Come dire che contano di contare assieme. Ma l'impressione che hanno dato è che ciascuno farà per conto proprio.

Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …