Manuel Vázquez Montalbán: Ronaldo, il dio rattoppato

31 Dicembre 2002
L`infortunio a Zidane ha destabilizzato un campionato mondiale di calcio che stava cercando di ripetere in Corea e Giappone il tentativo di globalizzazione inseguito con il mondiale negli Stati uniti. Religione civile naturale, egemone in America Latina e in Europa, il calcio può propagarsi in Africa e Asia e restare saccheggiato intorno al nucleo dell'Impero del Bene, più o meno ciò che accadde al cristianesimo e a Roma ai tempi di Costantino. Che da un berbero come Zidane dipenda la speranza di gioco di una competizione che si disputa in Corea e Giappone dimostra l'importanza che hanno avuto, ai loro tempi, il primo viaggio di Magellano intorno al mondo e le dichiarazioni di Johan Cruyff all'inizio del mondiale 2002, quando segnalava Zidane, Owen e Raul come le tre stelle soliste del torneo. In tempi in cui scarseggiano gli dei indiscutibili, con Rivaldo che zoppica e il gigantino Ronaldo che ha le ginocchia di una brava cantante, Cruyff scommetteva sul rinnovamento delle divinità. Sei mesi dopo i mondiali, Ronaldo riceve il pallone d'oro e il riconoscimento della Fifa come miglior giocatore dell'anno, assai probabile conseguenza dell'aiuto dato al Brasile nel diventare campione del mondo e del fatto di giocare nel Real Madrid, attuale squadra campione d'Europa e vincitrice della Coppa Intercontinentale. E questo è tutto, o quasi. Il pubblico calcistico di Spagna contempla un Ronaldo in forma solo a metà, si dice sia rotondetto e passi di estasi in estasi da uno all'altro dei principali ristoranti di Madrid. Si discute parecchio su quale dietista riuscirà a farlo assottigliare. D'altro canto, Ronaldo non ha ancora finito di intendersi con la pianta organica del Real Madrid, gonfia di stelle un tantino infastidite dal fatto che il fulgore del brasiliano riceva in cambio un comportamento di favore da partre dei dirigenti e dei mezzi di comunicazione. La coabitazione, nel Real, è più difficile che nella Francia di Mitterrand e Chirac. Una squadra in cui coesistono Zidane, Roberto Carlos, Raul e Figo ha dovuto mandar giù l'arrivo del nume rattoppato del futbol del XXI secolo in persona, quel ragazzino riscoperto dal Barcellona di Bobby Robson, proclamato dio di una religione decapitata da tutte le cadute di Maradona e bisognosa in fretta di un dio questa volta come tutti gli altri, uno e trino.
Ma come se le moderne religioni naturali fossero fatte di un materiale meno solido delle religioni rivelate agli uomini in modo soprannaturale, Ronaldo si è rotto non appena messo piede nel calcio italiano. Gravemente, una, due, tre volte. Le sue fragili ginocchia non hanno potuto sopportare il peso e il volo di un corpo d'atleta privilegiato. E' stato ricomposto giusto in tempo per poter partecipare ai mondiali del 2002, e noi che l'abbiamo visto giocare abbiamo pensato che non sarebbe mai tornato ad essere quello che era stato, o che ne fosse comunque molto lontano. Fuggendo dal calcio italiano o da se stesso, o da entrambe le cose, è stato a un passo dal firmare un'altra volta per il Barcellona. Lo ha fatto invece per il Real Madrid, dotato di un presidente rigorosamente postmoderno e di conseguenza partitario della cultura del collage. Per Florentino Perez, nuovo ricco molto ricco e uomo di civilizzati comportamenti, unire Ronaldo alla costellazione di stelle del Real consisteva precisamente in questo, aggiungere uno splendore in più e accecare di conseguenza tutti i rivali. Come si può battere una squadra che schiera Raul, Zidane, Roberto Carlos, Figo e Ronaldo?
Se ai mondiali Ronaldo ha giocato con mezzo acceleratore, nel Real lo sta facendo senza farsi venire il fiato grosso, anche se di quando in quando gli viene ancora una frustata geniale, di quelle che riescono solo agli dei, ancorché rattoppati. La cosa curiosa è che al momento di scegliere il miglior giocatore del mondo nel 2002 tutti sono stati d'accordo su Ronaldo, nonostante tutti sappiano che questo riconoscimento maschera una crisi di grandi giocatori che si manifesta ad esempio nella Coppa dei Campioni europea, dove le migliori squadre italiane, francesi e tedesche sembrano avere perso il favore della palla come il marinaio di Mishima perse il favore del mare. Questa decadenza ha permesso un aumento del livello di competitività dei club spagnoli, che negli ultimi anni hanno fatto man bassa di semifinali senza tuttavia concedere alcun avanzamento del calcio come rappresentazione di tante armonie terrestri e celesti. Il Real Madrid è arrivato a nove coppe dei campioni facendo ricorso alla genialità dei suoi leader e a un sistema di gioco che si muove tra il caos e l'abulia.
Nonostante la religione del calcio faccia progressi in buona parte del mondo come un'alternativa laica all'interno di un marketing di tipo religioso, il fatto che si sia obbligati a scegliere un dio rattoppato come supremo volto e simbolo indica una debolezza di transizione o una crisi profonda, che impone una domanda inquietante. Pensiamo a un giocatore, uno solo, che possa essere annunciato come il dio del futuro nel modo in cui lo furono Di Stefano, Pelé, Cruyff e Maradona. Difficile rispondere a una domanda così preoccupante. Forse è per questo che, pur di non mettere in pericolo un così favoloso affare spirituale, mediatico e commerciale, non c'è altro rimedio che ricorrere una volta di più a un dio lesionato, alquanto paffuto e eccessivamente propenso alla felicità.

Manuel Vázquez Montalbán

Manuel Vázquez Montalbán (1939 - 2003) con Feltrinelli ha pubblicato: Gli uccelli di Bangkok (1990), Tatuaggio (1991), Il centravanti è stato assassinato verso sera (1991), Il labirinto greco (1992), Ricette …