Giorgio Bocca: Le guerre di ieri la guerra di oggi

21 Febbraio 2003
Fra le guerre del secolo scorso e le presenti c´è in comune che la gente non vuol farle ma le fa e chi fermamente le vuole, un numero ristretto di persone, non sa bene perché si fanno e manda gli altri a farle. Ero uno dei giovani che nei primi mesi del 1940 riempivano le piazze per gridare i motivi irragionevoli per cui saremmo dovuti entrare in guerra e morirci, cioè le rivendicazioni territoriali: Corsica, Tunisi e persino Trau, sconosciuta cittadina dalmata, per farci che cosa, per guadagnarci che cosa non si sapeva, ma intanto per gridare cose insensate come "Duce slegaci le mani", che quando ce le slegò, il 10 giugno del ´40, la stessa gente, nelle stesse piazze si sentì correre un brivido nella schiena e tornò a casa in silenzio a incollare ai vetri delle finestre le carte blu dell´oscuramento.
Fra i pochi che mandano gli altri a far le guerre c´era, allora, il maresciallo Pietro Badoglio, che, nominato capo di stato maggiore, aveva scritto a Mussolini con il disinteresse dei monferrini di Grazzano: "Poiché è nota la vostra generosità nel premiare i suoi fedeli collaboratori, mi rivolgo a lei perché mi proponga a SM il re per la concessione di un titolo nobiliare estensibile ai figli. Per poter tenere la carica con il decoro che impone il mio grado mi sarà corrisposto lo stipendio che avevo come ambasciatore in Brasile" (superiore a quello militare).
Il maresciallo Badoglio aveva una sua geniale idea monferrina per vincere la guerra: farla fare agli altri, come del resto pensava anche Mussolini: "La guerra sarà breve e io ho bisogno di un certo numero di morti per sedere al tavolo della pace". Ecco perché noi, gli altri e i nostri reggimenti Alpini fummo spediti al fronte occidentale, sulle Alpi delle nevi perenni con la divisa estiva di tela e con gli scarponi senza chiodi.
Nelle guerre del secolo scorso milioni di uomini sono morti da entrambe le parti, non come ora che muoiono solo o quasi i più poveri e deboli, e le guerre duravano quattro o cinque anni. Adesso durano anche di più, anche una trentina di anni ma tutto sembra deciso in uno o pochi giorni, quando quelli che hanno gli aerei e le bombe le scaricano sugli altri praticamente disarmati che, come se non bastasse, vengono additati come i nemici del genere umano.
Nelle nostre guerre di sessant´anni fa c´era una certa chiarezza, c´erano i confini da difendere o da superare, c´erano dei nemici, con un nome e una storia. Nelle attuali, il nemico non si sa bene cosa sia: se "il caro popolo iracheno" a cui pensa paternamente Bush o la masnada di Saddam versata in tutti i delitti. Questo nemico indefinibile sta in tutti i luoghi e in nessuno, non ha una storia precisa, i confini del suo Stato sono stati inventati dai nostri padri colonialisti, l´angoscia con cui li attendiamo ricorda il Deserto dei Tartari, il deserto da cui arriveranno i nuovi mongoli.
In comune, le guerre del Novecento e le attuali hanno che tutti, anche gli atei, anche i laici ci mettono un afflato religioso. Il superterrorista Osama Bin Laden e il feroce satrapo Saddam Hussein si dicono inviati da Allah per una guerra santa e George W Bush nel discorso allo Stato dell´Unione ha detto: "Noi dobbiamo ricordarci che la missione di questo benedetto paese è di rendere migliore il mondo. Noi esercitiamo il potere senza conquista e ci sacrifichiamo per la libertà degli altri". Pare che la religione sia indispensabile alla guerra. Bush e Blair sono degli integralisti cristiani, le riunioni del governo americano si aprono con la preghiera dei ministri tutti con le mani sul volto mentre invocano il dio dei cristiani, un ministro della Giustizia come Ashcroft che ha accettato 248.000 dollari dalla Enron per la sua campagna elettorale, è membro e guida di una chiesa Battista rigorosissima, un vero wasp bianco, protestante e anglosassone. E questa missione del bene contro il male, questa lotta hobbesiana del bene contro il mostro immondo è condivisa da filosofi kantiani come il francese Gluxmann, che sentenzia: "La sola cosa da fare è riconoscere il male, combattere il male". Che è poi lo stesso discorso che Osama Bin Laden ci fa arrivare dalla sua caverna. Molti saggi ammoniscono a non trasformare le guerre del petrolio in guerra santa, la guerra al non meglio definito terrorismo in una guerra per la democrazia. Ma è difficile negare che le guerre passate e attuali per la democrazia abbiano avuto come effetto la riduzione o la distruzione della medesima. Dalla Prima guerra mondiale combattuta per la libertà dei popoli nacquero i fascismi e dalle attuali i fascismi mascherati e le democrazie limitate. È del 17 novembre 2001 il Military order che fa del segretario alla Difesa Rumsfeld il plenipotenziario della giustizia militare e dell´ordine interno. Egli ha il potere di istruire i processi, di nominare i giudici delle corti speciali, da tre a sette, che decidono le pene di morte o dell´ergastolo.
I militari sono autorizzati a entrare nelle case dei sospetti, nei loro computer, nei loro archivi senza dover provare che sono dei sovversivi; gli basta dire che sono pericolosi o soltanto utili alle indagini. La legge Holman ha creato per la prima volta un ministro degli Interni, un "ministro di polizia", che ha ai suoi ordini 170.000 funzionari cedutigli da altri ministeri anche per il controllo dei trasporti e delle dogane, quanto a dire una democrazia militarizzata. E da noi ci si stupisce che il capo del governo di un paese subalterno come il nostro voglia fare, si provi a fare le stesse cose che si fanno nel nome dell´impero.
Le guerre coloniali del Novecento erano giustificate dal "fardello dell´uomo bianco" che doveva sobbarcarsi il sacrificio di civilizzare i selvaggi. Nelle attuali, il conquistatore si presenta come il campione della libertà e della democrazia, ma se si guarda agli ultimi cinquant´anni, al dopoguerra virtuoso e filantropico delle guerre di liberazione e delle Nazioni Unite, c´è poco democraticamente da stare allegri.
Ora a questa pratica cinica del potere si è aggiunta la guerra al terrorismo per giustificare tutti gli espansionismi e i controterrorismi.
Nelle belle guerre d´antan pareva che valessero ancora il diritto internazionale e i rapporti cavallereschi. Nella guerra mondiale morirono cinquanta milioni di persone ma in Africa il visconte Montgomery riconosceva l´onore delle armi al teutonico Rommel e la Royal Navy rispettava i nostri arditi del mare.
Dietro questa patina di civiltà il terrorismo più spietato veniva usato da entrambe le parti, i bombardamenti inglesi al fosforo su Lipsia e su Amburgo, la atomica americana su Hiroshima e Nagasaki, i campi di sterminio nazisti e sovietici, i nostri rastrellamenti efferati in Jugoslavia e in Libia. Dopo l´11 settembre del 2001 si disse: nulla sarà più come prima: gli Stati Uniti per non essere più un´isola inattaccabile, gli europei per essere definitivamente marginali nel governo del mondo, il governo mondiale per essere fallito con l´Onu, e le altre organizzazioni internazionali. Anche la lotta di classe avverte Vittorio Foa, è stata superata da qualcosa di diverso, dalla differenza incolmabile fra quelli che stanno sopra e quelli stanno sotto e che nella loro impotenza possono tentare la strada disperata del terrorismo.
È scomparsa anche la relativa stabilità degli armamenti. Fino alla bomba atomica, le guerre del Novecento erano la continuazione di quelle in cui l´uomo uccideva l´uomo con le stesse armi, il fucile, le baionette, il cannone, i carri come nelle guerre medievali. Poi è cominciata la corsa senza freni.
Nelle guerre di adesso, dieci anni equivalgono a un millennio, chi ha la superiorità delle armi può reinventare la dottrina della guerra, la superpotenza americana deve vincere prima di combattere, la sua forza deve essere tale da togliere agli avversari ogni voglia, ogni pretesa di contrastarla.
È cambiata molto anche l´informazione, a volte si è tentati di dire che è stata completamente sostituita dalla propaganda. Il ministro americano della Difesa Rumsfeld tiene le sue conferenze stampa in piena tranquillità. I giornalisti in sala sono dei suoi amici e dipendenti, li chiama per nome ci scherza insieme, sono - come li si chiama - dei suoi functionnaires.
In una recente c´era anche il giornalista americano diventato famoso per aver trovato centotrenta cassette di riunioni dei talebani e un cagnolino appena ucciso con un´arma chimica in una caverna dell´Afghanistan in cui erano passati i reparti antiguerriglia i servizi segreti di tutti i paesi della coalizione, centinaia di reporter, insomma premiato per essersi messo al servizio della Cia. La stessa mitica Cnn, simbolo dell´autonomia del giornalismo americano, è diventata - come dice la sua ex segretaria di Stato Albright - "il sedicesimo membro della commissione esecutiva delle Nazioni Unite" .
Qualcosa del genere avveniva anche nelle guerre passate ma in misure contenute e in modi quasi dilettanteschi: il fotografo Kapa che si inventava l´alzabandiera americano in un´isola del Pacifico, appena conquistata, i tedeschi che usavano il campione del mondo di pugilato Max Schmeling per il lancio dei paracadutisti a Creta da pubblicare nelle pagine patinate di Signal e da esso passate a Tempo Illustrato. Le guerre del passato si accontentavano di pianificazioni semplici: lo sbarco in Normandia e in Provenza basato sulla schiacciante superiorità quantitativa: mille navi, diecimila aerei, seimila carri armati contro un nemico provato e ormai rassegnato alla sconfitta. Ora in apparenza la programmazione è più sofisticata, più intellettuale. Non si programma una sola campagna ma una "proiezione nel mondo", non una guerra contro un solo nemico e in un solo teatro ma la guerra continua contro un terrorismo mondiale di cui si devono ancora definire gli elenchi e le provenienze. Una nuova guerra dei trent´anni, i cui progetti e le cui pratiche saranno riviste nei tempi lunghi. Un progetto talmente assurdo e con tali lampi di schizofrenia da rendere impossibile un´analisi. Ma accadeva già nelle guerre del Novecento: come poteva Hitler muover guerra al mondo senza avere i soldati per occuparlo, senza avere il controllo degli oceani su cui si fondava la superiorità del nemico? Eppure lo fece e fior di scienziati, di economisti, di sociologi, di costruttori lo seguirono. Forse la ragione delle attuali guerre inspiegabili è proprio la loro inspiegabilità, la loro istintualità anarcoide, il mistero delle pecore e dei cavalli che si buttano in mare o in burrone. Il richiamo non resistibile di Thanatos.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …