Gabriele Romagnoli: Baby Notte Islam
La prima volta che arrestarono Ibrahim la guerra all'Iraq non era ancora cominciata. Soltanto questione di tempo, però. Lui aveva scritto "Un'altra guerra per il petrolio e l'egemonia". I governi arabi si dichiaravano contrari all'attacco. Ibrahim era contrario all'attacco. I governi arabi non si mettevano d'accordo, si rivelavano deboli e sottomessi a Washington. Ibrahim scriveva che non si mettevano mai d'accordo, erano deboli e sottomessi a Washington. Avere opinioni è lecito, esprimerle no. Se la racconti, la realtà comincia a esistere.
La seconda volta che arrestarono Ibrahim la guerra all'Iraq era finita. Da tre giorni la statua di Saddam era stata abbattuta. Venti uomini armati fecero irruzione nella sua casa alle due di notte e lo portarono via. La moglie e la figlia rimasero sulla soglia. La procedura fu la solita, raccontata da tutti quelli che hanno la fortuna di uscire. Prima tappa: State Security. Senza più vestiti, bendato, in cella. Lamenti in sottofondo, qualche colpo addosso, nessuna spiegazione. La legge d'emergenza dell'81, prorogata di tre anni in tre anni (l'ultima volta a febbraio) non richiede motivazioni, non consente assistenza giudiziaria. Seconda tappa: carcere. Dove aspetti, non sai cosa e non sai per quanto. Ibrahim dice che stava meglio quando arrivava la notte, perché notte, Layla, è il nome di sua figlia. Layla girava per casa, cercando qualcosa che era scomparso senza che avesse capito come era potuto succedere. Imparò a dire la prima frase di senso compiuto. La frase era: "Rivoglio papà". Sua madre, Hala, lo raccontò in una lettera aperta ai giornali, dal titolo: "Basta con lo stato di polizia". Due colleghi di Ibrahim iniziarono lo sciopero della fame per la sua scarcerazione. Perfino il sindacato dei giornalisti, che ha sede in una specie di mausoleo a fianco di questo cortile dove stiamo seduti, dovette togliersi i panni di Ponzio Pilato. Prima di farlo uscire riportarono Ibrahim nella cella di partenza. Gli ritolsero i vestiti, gli rimisero la benda e legarono le mani. Qualcuno entrò. Qualcuno lo colpì, qualcun altro parlò. Lui ha riconosciuto due voci. Mi fa scrivere i nomi. "Nel caso", dice. Gli dissero che fin lì avevano scherzato, quel che aveva avuto era stata soltanto una "tirata d'orecchi". La prossima volta avrebbero fatto sul serio. Lui pensava di poter resistere, è un errore diffuso: basta avere una causa più importante della propria vita. Ma tutti i torturatori sanno che esiste qualcosa più importante anche di quella causa. La voce dal buio disse: "La prossima volta violenteremo tua moglie e rapiremo tua figlia, Layla". Ibrahim è, per il momento, un uomo libero e liberamente parla, ma è, anche, spaventato. Non ha paura per sé, ma per "la notte".