Alberto Arbasino: Memorie quasi indiscrete

30 Luglio 2003
Le attuali insistenti rievocazioni degli anni '50 e '60 romani - spesso con nostalgie settoriali o pre-natali - mi inducono a stralciare qualche estratto da una sommaria "auto-cronologia" commissionatami per un uso editoriale postumo. Come nella psicanalisi, un ricordo tira l´altro; e poi magari si associano in vari ordini. Però, lasciando perdere soprattutto l´intimismo del Sè - i disturbi, i dispiaceri, i mangiarini, i babbi morti e le povere zie - si può dar l´impressione che una memoria "obiettiva" sia soprattutto elencatoria e fotografica. Pazienza. Fra noi, il vero "journal" si è sempre usato pochissimo. E volendo ricordare soprattutto i "contesti", si è cercato di attenersi tuttora a Roberto Longhi: esser brevi e veridici, con parole possibilmente "conte e acconce".
E senza dimenticare, magari, che in quegli stessi anni a Milano si trovavano Montale e Quasimodo, Guzzati e Vittorini, Bo e Bacchelli, Montanelli e Longanesi, Malaparte e Vergani, Luciana Peverelli e Franco Fortini, Ennio Morlotti e Wanda Osiris, Raffaele Mattioli e Giangiacomo Feltrinelli, Camilla Cederna e Piero Manzoni, Ugo Mulas e Gianni Testori, Cesare Musatti e i fratelli Pomodoro, Beniamino dal Fabbro e Mario Missiroli e Franco Fornari, Strehler, Ottieri, Gavazzeni, Baj, Bavagnoli, Gregotti, Pietrino Bianchi, Italo Pietra, Giuliano Gramigna, Emilio Tadini, Marco Valsecchi, Maria Callas...

Andare a Roma? E come, e quando negli anni Cinquanta? A Pasqua, certo, visitando in grisaglia e cravatte regimental Mario Pannunzio al "Mondo" e in mutande a fiori Pasolini per "Officina" sul barcone del Ciriola in riva al Tevere. Fra una prima abbronzatura al caffè Middleton napoletano giù verso via Partenope e un cocktail al Leland Bar in via Tornabuoni a Firenze, pieno (fra i sofisticati epigoni di Berenson) di giovani americani "bistecconi succulenti" (molto prima della retorica dello spinello) bramosi non solo di Maggi e Concertoni ma di trii e quartetti nelle pensioni sul Ponte Vecchio. Prime impressioni: il mirabile Troilo e Cressida di Visconti a Boboli, con tutti gli attori italiani, nel '49; e nel '50, durante il Giubileo, l´indimenticabile "Corazziere" di Rascel al Quirino. Con le ansie d´una vecchia zia per la compatibilità fra l´indulgenza plenaria e il varietà. Sorpresa, a Roma, per i pantaloni bianchi correnti: allora mai visti al Nord, neanche al mercatino di Sottoripa a Genova, con le "argentine" di tutti i colori. Si scoprirono più tardi le acconciature "barococò" delle dame romane, molto più "pompa & circostanza" che fra le milanesi analoghe. Tutte ragazze che puntavano sull´understatement e il sottotono: Camilla e Luisa Cederna, Maria Teresa Spada, Rosellina Archinto, Giulia Maria Crespi, Silvana Ottieri, Inge Feltrinelli, Franca Santi, Beatrice Monti, Gae Aulenti, Carlina Venosta, Anna Nogara...
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Vigeva allora un principio, nella tradizione delle raccomandazioni e degli accattonaggi: mai a Roma come primi venuti, senza uno status o un titolo (di libro, non di laurea) che conferiscano un minimo di fisionomia, oltre che di reddito.
E Pietrino Bianchi, motteggiando al caffè Giamaica: "Non scriverai più niente, finirai come gli altri a far chiacchiere nei caffè, e chi ti stirerà più i tuoi bei vestitini del sarto di Voghera?".
Comunque, alla fine del '57, coincisero il trasferimento a Roma e agli Esteri del professor Ago (mio buon lettore, disse poi Norberto Bobbio, suo cognato), l´avvenuta pubblicazione delle Piccole vacanze da Einaudi, e un incarico al Palazzetto di Venezia presso la Società Italiana per l´Organizzazione Internazionale, con direzione di Umberto Morra. Altra pagina: e tutt´altre musiche.
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La pubblicazione da Einaudi avviene in seguito ai primi racconti usciti su "Paragone" e "Il Mondo", e con un titolo ovviamente programmatico. "Vacanze", perché ormai è finito anche il dopoguerra dei bambini, coi neorealismi e le retoriche associate alla rielaborazione della sconfitta e alle gesta dei reduci. "Piccole", però, per ovvia necessità economica postbellica: altro che le "grandes vacances" e i "verts paradis" già in voga nei vagheggiamenti prenatali dei Twenties e Thirties. (Ora ci vuole un libro, aveva decretato il Caffè Roma, al Forte dei Marmi, tra i cinzanini e i calzoncini: riti di passaggio fra i Longhi-Banti, i Bianchi, i Bertolucci, Pea, Carrà, De Robertis...).
Flash memoriali di un´altra età... Calvino savio "editor", con Bruno Fonzi e Luciano Foà, gravemente: "Hai già ventisette anni, troppo vecchio per debuttare nei "Gettoni". Va messo nei "Coralli"". E tutti assentono. Poi, con accortezza editoriale e ligure: "Qui ci sono racconti per cinquecento pagine, ma non si può debuttare con un "Omnibus", non lo leggono e non lo recensiscono. Bisogna incominciare con poca roba: centocinquanta pagine, al massimo. Lo so bene che ti piange il cuore, ma il vero pericolo sta nel secondo libro, quando hai già dato tutto e lì ti aspettano. Tu però il secondo libro l´hai già, ed è qui, è l´Anonimo" .
(Come del resto sosteneva anche il savio Livio Garzanti: un buon editore dev´essere come un buon bottegaio, tabaccaio, épicier).
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Giulio Einaudi, personalmente, mi pareva d´averlo sempre conosciuto. Voghera fu sempre sede di reggimenti di cavalleria piemontese: il Savoia, il Monferrato, le Guide. Da bambino, prima della guerra, vedevo decine di tenenti identici a Giulio Einaudi, sprezzanti e sarcastici sulle porte delle pasticcerie, col Punt-e-Mes in mano e la "caramella" a un occhio. Dopo la guerra, gli attori "brillanti" che li avevano impersonati nei film dei "telefoni bianchi" - Enrico Viarisio, Umberto Melnati - li trasformarono in "vecchi gagà" da sketch di rivista, con lo stesso vezzo di inarcarsi sulle gambe e col medesimo birignao "di Pinerolo" poi però portato al trionfo da Gianni Agnelli e sopravvissuto fino a Fausto Bertinotti. Era lo stile di quella illustre "scuola di guerra" savoiarda con predicati di Sostegno e Collegno e Bricherasio e S. Martino, ribattezzati "dei Budino di Semolino" dalla vecchia nobiltà papalina dopo il 1870.
Einaudi chiedeva prestazioni "giuste", ma non sempre interessanti per chi tiene soprattutto a scrivere i propri libri. Ritradurre il Ritratto di Dorian Gray ("paghiamo tanto, e le altre versioni non contano"). Parafrasare il Giorno pariniano ("tanto l´hai già fatto, l´hai già lì") per la collana scolastica dove Calvino spiegava l´Orlando Furioso. Mi pareva un´idea da "Scala d´oro", da Utet, e lui subito lo riferì a Calvino che incominciò a bofonchiare: "Uhm, uhm, una "Scala d´oro", eh". E mi domandò invece una prefazione a L´altrieri di Carlo Dossi per il suo "Centopagine": affare fatto. Cotto e mangiato.
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A Roma, un appartamentino sui tetti (già abitato da Mauro Bolognini e Franco Zeffirelli e Pierino Tosi, con opalines di Porta Portese e agavi dal Circeo di Comisso sulla terrazza), all´angolo tra via Frattina e via Mario dei Fiori: oggi ci si può domandare quali studenti moderni con un analogo modestissimo reddito potrebbero permettersi adesso un´abitazione così. Con una colazione, ogni giorno, alla Trattoria Romana, in via Frattina: una vera table d´hôte che si prolungava continuamente per gli arrivi di Bolognini e Zeffirelli e Tosi e Ruggero Nuvolari e Mario Missiroli e Franco Brusati e Franca Valeri e Laura Betti e Adriana Asti e Umberto Tirelli e quant´altri, fra couplets e boutades di un Kitsch ancora senza nome. Tra un principe un po´ fascista e un antico marchese palazzeschiano e l´illustre senatore Zanotti Bianco che ci ascoltavano attenti dai loro tavolini singoli. (E´ lo scenario della Narcisata e della Controra, che Chiaromonte volle pubblicare su "Tempo Presente" come discusso esempio di partitura fonica ma che la tavolata giudicò "mero realismo; e poi ti sei dimenticato di metterci Noire la Couturière"). Uscirono poi da Feltrinelli con appropriata copertina "Catullus" di Cy Twombly.
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Si usciva in Piazza di Spagna (ove "le tre del pomeriggio - son l´ora del dileggio") fra i marinai in divisa bianca in attesa di far marchette e i pretini tedeschi a far calcetto in tonaca rossa. (E su in casa, uno esclamò "Vade retro Satana!" non appena udì Lotte Lenya). Ma al Caffè Greco Paolo Milano accompagnava Saul Bellow e Willem de Kooning a vedere De Chirico circondato da vecchie madame che lo chiamavano Maestro. E lui: "Chiamami Peroni, sarò la tua birra!". Mi regalò per strada un suo Ebdomero stampato da una tipografia povera in via delle Carrozze; e più tardi sviluppò la fobia di venir depredato entrando o uscendo dalla banca accanto a Babington´s.
Per la sera, si preferiva Cesaretto: con Flaiano e Comisso e La Capria e gli eleganti Giovanni Urbani e Sandro Viola e Antonio Delfini ed eventuali relitti fiumani vagamente diabolici e cattolici come Henry Furst e Archie Colquhun, traduttore di Manzoni e Soldati che poi finì buttandosi dall´Hôtel des Palmes a Palermo. Dopo la Galleria dell´Obelisco - di Irene Brin e Gaspero del Corso, e Burri e gli espressionisti astratti - stava incominciando la "Scuola di Piazza del Popolo" alla Tartaruga di Plinio de Martiis, con artisti (Pascali, Fioroni, Schifano, Angeli, Ceroli, Festa, Perilli, Novelli, Rotella, Mauri, Mattiacci, Tacchi...) spesso più carini e belli delle loro opere pop: come risulta dalle foto di Elisabetta Catalano (un genio dell´immagine), fra stupende ragazze (Marina Lante, Talitha Getty, Graziella Lonardi, Marta Marzotto, Nancy Ruspoli...) con Moravia e Morante e Gadda e Parise e Levi e Palma Bucarelli (come "Grande Falciatrice") e Tristan Tzara (conferenziere su Villon esoterico all´Open Gate) sovente nello sfondo...
Un eccellente ensemble pre-pop lo trovai però all´Opera, a una matinée domenicale, attorno a Manzù che aveva fatto magnifiche scene per l´Oedipus Rex di Stravinskij: Brandi, Argan, Petrassi, Cagli, Clerici, Berman, Scialoja, Milloss. (Argan era geloso: a un pranzo da Gianfranco Baruchello per Marcel Duchamp, che era taciturno, per farsi del protagonismo addosso spiegava di avere scoperto l´espediente dei Gesuiti per praticare la sodomia senza peccato nell´età barocca: durante l´abominevole azione basta supplicare dall´Onnipotente un "miracolo impossibile" - che dall´atto contro natura possa nascere una creatura - e l´anima per la gran fede si salva!).
Irene Brin e Gaspero avevano "scoperto" Sabaudia come scenario metafisico e deserto, prima degli scrittori e dei pittori. Poi vi giunse a lungo Lorenzo Tornabuoni, e altri visitatori attenti a preservarne la "privacy" segreta: dame fuori moda, coppie colpevoli sicure di non incontrare nessuno, esteti scapestrati a caccia di allegri canottieri della Marina Militare, innamorati di quelle architetture più incantevoli di qualunque Gropius o Corbusier.
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Il progetto per i Fratelli d´Italia come "grand tour di formazione" era teoricamente già pronto. (Ho sempre creduto ai progetti di tipo architettonico, almeno in partenza. Magari uno schizzo: quante finestre, quanti piani? e dove la tromba delle scale? Pietrino ammoniva: sulla società contemporanea, bisogna essere precisi fino ai fili d´erba, e non far dialoghi falsi come nei nostri film, dove non ci sono mai battute memorabili tipo Metro-Goldwyn-Mayer o Paramount). Però fu impressionante, arrivando da Milano a Roma, la sensazione di "cominciare a esistere". Non si parlava ancora di Dolce Vita, ma si viveva già il fenomeno. E del resto si vide nascere il film sera dopo sera, con Flaiano e Fellini e tutti ai tavolini di Via Veneto. Quando fu pronto il "set", si fu invitati a Cinecittà. E ogni tanto un aiuto passava da Rosati a chiedere di apparire in qualche scena. (Non si andò mai, prevedendo giustamente l´inquadratura ridicola).
Uscendo dal Palazzetto di Venezia e dalle note e schede per "La Comunità Internazionale" e il Diritto del Mare, verso le sette, passavo al "Mondo", sulla piazza di Montecitorio, dove sui divani redazionali e davanti allo scaffale dei periodici stranieri si conversava con Sandro De Feo, Nicola Chiaromonte, Nina Ruffini, Gabriele Baldini, Vittorio Gorresio, Vittorio De Caprariis, "Chinchino" Compagna, "Ercolino" Patti, Giulia Massari, Alfredo Mezio, Enzo Forcella, Paolo Milano, Bruno Visentini, Rodolfo Wilcock, Tonino Cederna, e naturalmente Flaiano, e magari ancora Umberto Morra, e gli eleganti avvocati Battaglia e Ferrara, padri e nonni in grisaglie chiare e baffetti bianchi dei più recenti politici e pubblicisti. Vari politici, come La Malfa, forse privi di senso politico? Dopo, drinks qua e là, un film o uno spettacolo (Antonioni o Germi, Cleopatra o "i Giovani"? Un Goldoni in un Morandi, un Pirandello più Casorati, o viceversa? Shakespeare rococò o Art Nouveau o Charles Dix o d´Origlia-Palmi o grattandosi la patta in un Mondrian?)... Quindi il ristorante coi soprannomi e i bons mots; e verso l´una o le due, Via Veneto coi couplets da cabaret. Senza tormentoni di impegni mattutini, tra Patti e De Feo e Pannunzio e Flaiano e Monelli e Carlo Levi e le spiritose eleganti Franca Valeri e Nora Ricci e Flora Mastroianni e "la grande Giancarla" (poi Rosi) coi teatranti più intellettuali intorno a Gassman, Valli, Caprioli, Salce, Vitti, Rossi Drago, Patroni Griffi, combinando libretti e ariette con valzeracci e sambacce. Inventando il Kitsch e il Camp fra Wanda Osiris e Anna Magnani e Carmelo Bene... Ma per solo divertimento, per lo più.
Prima delle nove pranzavano invece fuori Moravia e la Morante, spesso coi due Guttuso e i due Piovene, Bassani e Pasolini, e qualche volta Gadda, che sospirava quando Elsa o Mario Soldati levavano la voce polemica "sopra le righe", magari sventolando "Paese Sera".
La "Hollywood sul Tevere" pareva ovvia. Farley Granger, John Huston, Liz Taylor, Ava Gardner, Marlon Brando, Tennessee Williams, nelle trattorie e nei night-clubs e nella notte, qua e là e casually. Anche parecchi francesi: Jean-Paul Belmondo e Jean-Claude Brialy e Jean Sorel spesso truccati da proletari giravano con Bolognini su sceneggiature di Pasolini. Era ancora un´epoca di residenti, non di fugoni dopo 48 ore ripetendo "I really love Armani and Calvino and Linguini and Navona and my wife and I really appreciate your culture". Anzi, soprattutto fra gli inglesi, si ostentava di adorare certe opere minori di Maso di Banco o di Bartolo in collezioni ricercate e pievi poco note. In giro, per tutto l´anno, Gore Vidal e Harold Acton e Truman Capote e Teddy Millington-Drake e John Pope-Hennessy. Quando sono passato ad abitare off-Via Giulia (nell´appartamento già di Bill Weaver), le porte erano spesso aperte e ci si salutava anche nelle docce. "Peignoirs" gialli e rossi fra imperatori romani e ceramiche di Staffordshire. Rolls-Royce nere di "grandi madri" in cortile; il poeta-diplomatico Murilo Mendes in nero da cerimonia; "flautisti da giardino" americani davanti alla fontana; e su all´attico, la terrazza di Francesco e Anne-Marie Aldobrandini, spettacolare sugli eventi: i funerali di Pio XII, le famose nevicate romane. (Una la si vide con Mary McCarthy sbalordita dall´appartamento di Kiki Brandolini: la Piazza di Spagna completamente bianca e deserta, solo coi cavalli Torlonia che rientravano a Bocca di Leone, e lo scricchiolio degli alberi abbattuti al Pincio dal peso della neve). Sulla terrazza al Consolato vennero poi ad abitare Audrey Hepburn e Andrea Dotti, quando si sposarono; e vi entrò con lei un mondo di fiori chiari su stoffe bianche.
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Impressionanti o affascinanti erano soprattutto le grandi bellezze nella "società" e ai primi festival di Spoleto: Domietta del Drago, Domitilla Ruspoli, Marella Agnelli, Kiki Brandolini, Irene Galitzine, Consuelo Crespi, Luciana Pignatelli, Afdera e Lorian Franchetti, Marizina e Nicoletta Odescalchi, Doris Pignatelli, Loredana Pavone, Francesca Strongoli, Laetitia Boncompagni, Gabriella Parisi, Sveva Romanoff... Inquadrature "mitiche" (ma disponibili negli archivi fotografici) quando portavano ancora i Balenciaga e i Valentino e le gemme. E materiali più che funzionali per i "plots" nei congegni narrativi con basi teoriche e di tableau tra il Formalismo russo e i Balletti russi.
Soprattutto per i lettori e fans dei romanzi un po´ "a chiave" di Huxley e Waugh, così celebrati allora per la strategia narrativa, la precisione linguistica e gergale, l´esattezza di costume. Fino alle sciarpe di velo ancora nelle albe al Colosseo di Daisy Miller, o allo slang dei "poveri ma belli"... I pranzi perfezionistici di Rudy Crespi in via Pinciana e a Palazzo Taverna o a Palazzo Odescalchi, già mitizzati dai contemporanei, erano pieni di "leggendarie celebrità" intorno agli storici direttori di "Vogue": Diana Vreeland (che mi commissionava testi sulla "donna dannunziana") e Alexander Libermann, marito della maestosa Tatjana, "l´ultima fidanzata di Majakovskij". (Vi fu anche un´estrema agnizione con Ripellino; ma lei disprezzava Sklovskij, da giovane).
Risale a quei parties la fortunata espressione di "beautiful people" invece degli abituali "café society" o "smart set". Grandi ritorni di Lanfranco Rasponi e Fulco di Verdura dalla New York del Surrealismo d´anteguerra, con dame di Park Avenue in compagnia di Arthur Rubinstein e James Stewart. Splendide foto scattate da Camilla Pecci-Blunt e Wanda Gawronska alle "prime" spoletine di Visconti e Schippers e Menotti e Robbins... (Fratelli d´Italia si formò anche così).
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Le signore più intellettuali - fra i salotti degli Astaldi e dei Bellonci e dei Graziadei e dei D´Avack - erano soprattutto Paola Masino, Irene Brin, Alba de Cespedes, Linda Chittaro, la bellissima Livia de Stefani, l´estrosa Elsa de Giorgi che festeggiava i compleanni ballando il Bolero di Ravel in costume da "rat d´hôtel" (e cambiando da sé i dischi a 78 giri) davanti a Levi, Argan, Sapegno, Petrassi, attori dei telefoni bianchi e illustri Lincei. Gadda temeva che lo chiedesse in marito: "Tenta di invitarmi nelle sale da tè coi due lascivi cani Rosaura e Florindo, ma a suo tempo già sedusse Calvino con la sua signorilità, estraendo dalla borsetta un baby champagne che poi beveva tutto da sé".
E Adriana Panni, formidabile (sia come organizzatrice musicale, da Stravinskij a Boulez, sia come protagonista di "mots" romaneschi memorabili). E l´inesausta (Rerum Novarum!) instancabile contessa Mimi Pecci-Blunt (nipote di papa Leone XIII ma amica delle avanguardie parigine degli anni Venti e della Scuola Romana del '30) programmava Stravinskij e Vivaldi e Madeleine Renaud nel suo Teatro della Cometa. Ma chiedeva un cabaret intellettuale "come a Parigi", fra i Paisiello e i Beckett. Con Mario Missiroli, e Giancarlo Cobelli allestimmo "La piccola vedetta lombarda", "Il girotondo del Premio Strega", "La notte delle Else", "La mattinata delle Marie". Ma non si riuscì mai ad aggiungervi in "trio" anche la Asti e la Betti per Amate sponde!, musical composto nel 1961, centenario dell´Unità d´Italia, e di cui perfino Longhi pubblicava e canticchiava i couplets. (Per Laura aveva scritto canzonette piuttosto "arcadiche"; "Ossigenarsi a Taranto / è stato il primo errore", "Quando una cosa piace / si compra e si paga", "Non sarò bella di faccia / però son forte di braccia", musicate da Carpi, Marinuzzi, Peragallo, Chailly).
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Potrà anche sembrare una "tabula gratulatoria" in presa diretta, oltre che una sessione di autoanalisi memoriale. Ma è cronaca. Erano altri effetti o risvolti della Dolce Vita, prima che diventasse una Dolce Noia. I pranzi dalla "marchesona" milanese Claudia Patrizi in via Margutta, con Moravia e Praz; e da Judy Montagu sull´Isola Tiberina con Milton Gendel e Harold Acton e Cyril Connolly e Bob Rauschenberg e Diana Cooper e "Princess Margaret". Jenny Crosse e Iris Tree erano (credo) figlie di Robert Graves e di Beerbohm Tree; e appaiono nei film di Fellini, con "la vera Mrs Stone di Tennessee Williams", che veniva da New Orleans a passar l´estate in un villino ai Prati. La più spiritosa e birbona era Luisa Spagnoli (detta Morby-Dick) che amava e collezionava i migliori pop romani, comprava presto Radziwill e Segal, festeggiava Saul Steinberg. Si andava ancora molto a colazione al mare: poco più di mezz´ora da casa alla Marinella di Castelfusano, anche in seicento o in lambretta. (Tutto più facile, in quegli anni Cinquanta? Ricordo voli semplici, dopo aver letto sui giornali che l´indomani ci sarebbe la sfilata dei parà d´Algeria sui Champs-Elysées o il funerale di G. M. Trevelyan a Cambridge, funzionali per i congegni narrativi; e poi sovente a Monaco, potendo combinare una mostra importante e una festa galante con opere e concerti diretti da Sawallisch e Celibidache, in un weekend).
(Altri "dati" non da poco: le conversazioni notturne sulle arti e sui progetti - prima della televisione e di internet - di una gioventù colta che non prevedeva ancora meschinità, piccinerie, compromessi burocratici e politici, né tantomeno il passato prossimo come ristagno per repêchages d´occasione).

Alberto Arbasino

Alberto Arbasino, nato a Voghera nel 1930 si è laureato in Diritto Internazionale all'Università di Milano, è giornalista, saggista, critico musicale e scrittore di vasta cultura, di forte impegno civile …