Giorgio Bocca: Memoria e giustizia
05 Agosto 2003
La commemorazione della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980,
ottantacinque vittime, non è stata, come alcuni temevano, un´occasione di
lotta e di propaganda politica. Ma non è stata neppure, come temevano altri, un
invito alla pacificazione proposta dal ministro della Giustizia Castelli. Il
ministro dell´Interno Pisanu, persona di buon senso, ha detto dalla tribuna
cose ragionevoli: una pacificazione generale verso i responsabili di atti di
terrorismo non è possibile, per la ragione elementare che per fare la pace
bisogna essere in due e nel nostro Paese ci sono ancora terroristi che uccidono,
che progettano nuovi attentati, che rifiutano la giustizia di uno Stato che non
riconoscono. Le stragi del terrorismo non fanno parte solo delle nostre memorie,
ma sono fatti e minacce presenti.
Avrebbe anche potuto aggiungere, ma non gli si chieda troppo, che il presente governo e i passati non sono ancora riusciti a fare luce completa sul terrorismo rosso e su quello nero. E bene ha fatto Paolo Bolognesi, presidente del Comitato dei parenti delle vittime, a precisare che prima di pacificare bisognerebbe conoscere. Ma temiamo che il tempo della conoscenza tarderà a venire perché in parecchi casi lo Stato non è solo vittima ma complice. Stiamo ancora aspettando e aspetteremo per un pezzo di conoscere i rapporti tra il "terzo livello" politico e la Mafia e quando lo sapremo i reati saranno caduti in prescrizione come nel caso del senatore Andreotti che secondo il tribunale di Palermo frequentava i boss mafiosi "ma solo fino agli anni Ottanta" coperti dalla prescrizione. Il ministro "normale" Pisanu ha suggerito che al posto di una pacificazione impossibile e di un perdono ricattatorio si pensi ad atti di clemenza verso persone il cui distacco dal terrorismo sia consapevole e definitivo, una proposta capace di risolvere il caso Sofri.
Qualche fischio "politico" era pur prevedibile nella commemorazione di una strage inconfondibilmente di matrice fascista o reazionaria, come le altre stragi "di Stato" di quel tempo. Per il resto tutto ordinato e contenuto. Cofferati non è salito sul palco, lui piacentino non ha sfidato il sindaco bolognese Guazzaloca, le sfilate del ricordo non hanno creato disordini alla manifestazione di un riformismo che evita gli scontri sperando, temiamo invano, nei compensi giudiziari ed elettorali. Temiamo invano perché i segni di questo tempo ci sembrano diversi: si riabilitano, perdonano, giustificano e anche lodano tutti coloro che hanno partecipato alla progressiva distruzione dello Stato democratico, come i martiri di Mani pulite che avevano trasferito sui loro conti esteri decine e decine di miliardi, i violatori del Fisco, i responsabili dei falsi in bilancio, i devastatori del territorio. Purché partecipino alla grande restaurazione anarcoide.
Avrebbe anche potuto aggiungere, ma non gli si chieda troppo, che il presente governo e i passati non sono ancora riusciti a fare luce completa sul terrorismo rosso e su quello nero. E bene ha fatto Paolo Bolognesi, presidente del Comitato dei parenti delle vittime, a precisare che prima di pacificare bisognerebbe conoscere. Ma temiamo che il tempo della conoscenza tarderà a venire perché in parecchi casi lo Stato non è solo vittima ma complice. Stiamo ancora aspettando e aspetteremo per un pezzo di conoscere i rapporti tra il "terzo livello" politico e la Mafia e quando lo sapremo i reati saranno caduti in prescrizione come nel caso del senatore Andreotti che secondo il tribunale di Palermo frequentava i boss mafiosi "ma solo fino agli anni Ottanta" coperti dalla prescrizione. Il ministro "normale" Pisanu ha suggerito che al posto di una pacificazione impossibile e di un perdono ricattatorio si pensi ad atti di clemenza verso persone il cui distacco dal terrorismo sia consapevole e definitivo, una proposta capace di risolvere il caso Sofri.
Qualche fischio "politico" era pur prevedibile nella commemorazione di una strage inconfondibilmente di matrice fascista o reazionaria, come le altre stragi "di Stato" di quel tempo. Per il resto tutto ordinato e contenuto. Cofferati non è salito sul palco, lui piacentino non ha sfidato il sindaco bolognese Guazzaloca, le sfilate del ricordo non hanno creato disordini alla manifestazione di un riformismo che evita gli scontri sperando, temiamo invano, nei compensi giudiziari ed elettorali. Temiamo invano perché i segni di questo tempo ci sembrano diversi: si riabilitano, perdonano, giustificano e anche lodano tutti coloro che hanno partecipato alla progressiva distruzione dello Stato democratico, come i martiri di Mani pulite che avevano trasferito sui loro conti esteri decine e decine di miliardi, i violatori del Fisco, i responsabili dei falsi in bilancio, i devastatori del territorio. Purché partecipino alla grande restaurazione anarcoide.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …