Paolo Rumiz: In cordata con Haider
07 Agosto 2003
Una valle stretta, scura, un torrente in piena, vecchi mulini, una strada
serpentiforme che sale fino a una locanda con i boccali di birra Schlepfer, i
diplomi, le coppe delle gare di sci, i vasetti di "puro miele locale",
la padrona con un bell´alito all´aglio già alle otto del mattino e le arnie
colorate dell´autoctona Ape Carnica, che ronza iperattiva tra margherite e
rododendri. Poi, un cellulare che trilla e una vocina che comunica: "Sì,
Haider c´è, ha mezza giornata di tempo, passerà a prenderla col fuoristrada.
Nel frattempo lei può anche avviarsi a piedi verso il rifugio Klagenfurt, nella
sua valle".
Dopo gli insulti di Berlusconi a Strasburgo sui kapò nazisti, le urla di Bossi su Forcolandia e le imbecillità del sottosegretario Stefani sui rutti dei tedeschi, mi ero detto: c´è di peggio di Haider. Così, arrivando finalmente in Carinzia, dove il medesimo è governatore, ho sentito che forse era tempo di tornare nella tana del lupo, camminare sulle Alpi dove è nato il populismo etnico, rileggere la piccola patria dell´uomo nero che ha spaventato mezza Europa e scatenato sull´Austria un anno di contumelie e ritorsioni. E, perché no, chiedere a Haider di farmi da guida sulle sue montagne.
Così eccoci nella Baerental, la Valle degli Orsi. Di nuovo nel segno del bestione bruno, dopo i plantigradi nuotatori in Dalmazia e i ladri di miele in Slovenia. Mi segue dall´inizio del viaggio, per indicare la strada. La Baerental confina con la Slovenia, e gli orsi arrivano da lì, dopo lunghe transumanze balcaniche. In fondovalle, mi spiegano nella locanda, c´è un posto che si chiama Sella dell´Orso; gli animali lo valicano ogni anno, attirati dai pingui alveari austriaci. Poi passano a nuoto la Drava e migrano a Occidente. La nostra via.
E´ una giornata limpida, oggi in Carinzia il caldo non morde, il sentiero zig-zaga in un bosco di faggi immensi, pieno di gente con zaino affardellato. E dopo un po´ il Governatore che qui ha un nome ancora più altisonante, Landeshauptmann arriva su una jeep bianca, e saluta dal finestrino con un "Servus", il "ciao" della Mitteleuropa. Mi ha preso sul serio: andremo a scalare la Hochstuhl, 2237 metri, la piramide rocciosa che chiude la valle sul confine. Indica uno sperone che sale su dritto dalle ghiaie, alla fine del bosco.
Spiega che i carinziani non sono tirolesi, non hanno trasformato la loro Heimat in una bomboniera per turisti. Il rapporto con "das Land", la terra, è più rustico, contadino. Lo osservo mentre guida. E´ firmato dalla testa ai piedi. Sacco francese Millet, scarponcini Trezeta, calze Adidas, t-shirt Lacoste, giubbetto nero con la scritta "Joerg, the Iron-man". Haider, dicono, è il suo guardaroba. La sua abilità è quella di cambiare abito a seconda dell´interlocutore. I gitanti lo salutano, lui scambia battute dal finestrino. Dicono che mandi a memoria le facce di tutti.
Si ferma in mezzo al bosco, scende per aprire il lucchetto di un passaggio a livello, riparte. Il suo diritto di passaggio non nasce dalla carica politica, ma dalla proprietà. Tutta la valle è sua, centinaia di ettari di bosco e montagna. Glieli comprarono i genitori, negli anni di Hitler. A prezzo stracciato come tutti sanno - da una famiglia di ebrei. Gli chiedo dov´è casa sua. Risponde con un lampo negli occhi: "posso dormire in quindici case differenti".
Imprendibile, come Saddam. Finiti gli anni del trionfo, ora il lupo sconfitto si nasconde, alimenta il mistero su di sé. La riscossa, se avverrà, ripartirà da qui, da questo luogo-rifugio. Gli dico: i vinti sono più interessanti dei vittoriosi. Conviene che è vero. "Sono obbligati a pensare dove hanno sbagliato". E sa benissimo di parlare di se stesso.
Partiamo veloci sul ghiaione fino alle prime rocce. Da lì facciamo il punto nave. La cresta di confine, i pascoli, la Klagenfurter Huette. A Oriente, la Drava che luccica nelle brume. Si va su per corde fisse, la ferrata è tenuta a meraviglia. Joerg offre una bottiglietta di Gatorade. Firmata anche quella. L´etichetta dice che il re delle Heimat è in realtà un Uomo Globale.
Dopo due orette in scioltezza siamo sotto la cima, comincia a soffiare il vento, sbucano i gitanti sloveni dall´altro versante. Molti lo salutano, alcuni gli dicono che ha dei "fan" a Lubiana. Compaiono nitide le Alpi Giulie orientali, il Tricorno, il lago di Bled, la lunga valle della Sava. Siamo in bilico sulla cresta fra i due grandi affluenti del Danubio. Lasciamo la firma nel libro di vetta. Hochstuhl, penso, vuol dire Sedia Alta. Trono, insomma. Non male, essere Haider e possedere una montagna che si chiama così.
Rifugio "Preseren", in Slovenia, trenta metri sotto la vetta. La gestrice abbraccia Haider, quasi lo solleva, lui risponde in sloveno. Ordina un vino acido di nome Cvicek e un micidiale salamino coperto di strutto. Poi scivola sulla politica e sul nostro presidente del consiglio. Sussurra: "Un simile monopolio sulla stampa in Austria non sarebbe possibile". Insiste: "Berlusconi è troppo obbediente a Bush, può essere un problema per l´Europa". "E poi conclude davvero non capisco il silenzio di Fini".
Scendiamo a precipizio per un ghiaione, forse è l´unico metodo per digerire i salamini sloveni e il vino acidulo. Racconto la scoperta del primo giorno di viaggio: la Croazia è un Paese alpino, solo che non lo sa nessuno, nemmeno i croati medesimi. Joerg prende un appunto, la storia gli interessa. Finiamo con una birra al rifugio Klagenfurt, quota 1660, in mezzo a un mare di austriaci percorsi da ondate di ilarità primordiale.
Una chitarra accenna al motivo di Berwagabunden, i "Vagabondi della montagna". Il nostro festeggia, si fa fotografare docilmente, sta tra la gente come un topo nel formaggio. Alla fine, tra la folla, sbuca una moracciona italiana scollacciata che lo abbraccia e quasi gli urla: mi riconosciii? Do you remember meee? E lui, ovviamente, ricorda.
Dopo gli insulti di Berlusconi a Strasburgo sui kapò nazisti, le urla di Bossi su Forcolandia e le imbecillità del sottosegretario Stefani sui rutti dei tedeschi, mi ero detto: c´è di peggio di Haider. Così, arrivando finalmente in Carinzia, dove il medesimo è governatore, ho sentito che forse era tempo di tornare nella tana del lupo, camminare sulle Alpi dove è nato il populismo etnico, rileggere la piccola patria dell´uomo nero che ha spaventato mezza Europa e scatenato sull´Austria un anno di contumelie e ritorsioni. E, perché no, chiedere a Haider di farmi da guida sulle sue montagne.
Così eccoci nella Baerental, la Valle degli Orsi. Di nuovo nel segno del bestione bruno, dopo i plantigradi nuotatori in Dalmazia e i ladri di miele in Slovenia. Mi segue dall´inizio del viaggio, per indicare la strada. La Baerental confina con la Slovenia, e gli orsi arrivano da lì, dopo lunghe transumanze balcaniche. In fondovalle, mi spiegano nella locanda, c´è un posto che si chiama Sella dell´Orso; gli animali lo valicano ogni anno, attirati dai pingui alveari austriaci. Poi passano a nuoto la Drava e migrano a Occidente. La nostra via.
E´ una giornata limpida, oggi in Carinzia il caldo non morde, il sentiero zig-zaga in un bosco di faggi immensi, pieno di gente con zaino affardellato. E dopo un po´ il Governatore che qui ha un nome ancora più altisonante, Landeshauptmann arriva su una jeep bianca, e saluta dal finestrino con un "Servus", il "ciao" della Mitteleuropa. Mi ha preso sul serio: andremo a scalare la Hochstuhl, 2237 metri, la piramide rocciosa che chiude la valle sul confine. Indica uno sperone che sale su dritto dalle ghiaie, alla fine del bosco.
Spiega che i carinziani non sono tirolesi, non hanno trasformato la loro Heimat in una bomboniera per turisti. Il rapporto con "das Land", la terra, è più rustico, contadino. Lo osservo mentre guida. E´ firmato dalla testa ai piedi. Sacco francese Millet, scarponcini Trezeta, calze Adidas, t-shirt Lacoste, giubbetto nero con la scritta "Joerg, the Iron-man". Haider, dicono, è il suo guardaroba. La sua abilità è quella di cambiare abito a seconda dell´interlocutore. I gitanti lo salutano, lui scambia battute dal finestrino. Dicono che mandi a memoria le facce di tutti.
Si ferma in mezzo al bosco, scende per aprire il lucchetto di un passaggio a livello, riparte. Il suo diritto di passaggio non nasce dalla carica politica, ma dalla proprietà. Tutta la valle è sua, centinaia di ettari di bosco e montagna. Glieli comprarono i genitori, negli anni di Hitler. A prezzo stracciato come tutti sanno - da una famiglia di ebrei. Gli chiedo dov´è casa sua. Risponde con un lampo negli occhi: "posso dormire in quindici case differenti".
Imprendibile, come Saddam. Finiti gli anni del trionfo, ora il lupo sconfitto si nasconde, alimenta il mistero su di sé. La riscossa, se avverrà, ripartirà da qui, da questo luogo-rifugio. Gli dico: i vinti sono più interessanti dei vittoriosi. Conviene che è vero. "Sono obbligati a pensare dove hanno sbagliato". E sa benissimo di parlare di se stesso.
Partiamo veloci sul ghiaione fino alle prime rocce. Da lì facciamo il punto nave. La cresta di confine, i pascoli, la Klagenfurter Huette. A Oriente, la Drava che luccica nelle brume. Si va su per corde fisse, la ferrata è tenuta a meraviglia. Joerg offre una bottiglietta di Gatorade. Firmata anche quella. L´etichetta dice che il re delle Heimat è in realtà un Uomo Globale.
Dopo due orette in scioltezza siamo sotto la cima, comincia a soffiare il vento, sbucano i gitanti sloveni dall´altro versante. Molti lo salutano, alcuni gli dicono che ha dei "fan" a Lubiana. Compaiono nitide le Alpi Giulie orientali, il Tricorno, il lago di Bled, la lunga valle della Sava. Siamo in bilico sulla cresta fra i due grandi affluenti del Danubio. Lasciamo la firma nel libro di vetta. Hochstuhl, penso, vuol dire Sedia Alta. Trono, insomma. Non male, essere Haider e possedere una montagna che si chiama così.
Rifugio "Preseren", in Slovenia, trenta metri sotto la vetta. La gestrice abbraccia Haider, quasi lo solleva, lui risponde in sloveno. Ordina un vino acido di nome Cvicek e un micidiale salamino coperto di strutto. Poi scivola sulla politica e sul nostro presidente del consiglio. Sussurra: "Un simile monopolio sulla stampa in Austria non sarebbe possibile". Insiste: "Berlusconi è troppo obbediente a Bush, può essere un problema per l´Europa". "E poi conclude davvero non capisco il silenzio di Fini".
Scendiamo a precipizio per un ghiaione, forse è l´unico metodo per digerire i salamini sloveni e il vino acidulo. Racconto la scoperta del primo giorno di viaggio: la Croazia è un Paese alpino, solo che non lo sa nessuno, nemmeno i croati medesimi. Joerg prende un appunto, la storia gli interessa. Finiamo con una birra al rifugio Klagenfurt, quota 1660, in mezzo a un mare di austriaci percorsi da ondate di ilarità primordiale.
Una chitarra accenna al motivo di Berwagabunden, i "Vagabondi della montagna". Il nostro festeggia, si fa fotografare docilmente, sta tra la gente come un topo nel formaggio. Alla fine, tra la folla, sbuca una moracciona italiana scollacciata che lo abbraccia e quasi gli urla: mi riconosciii? Do you remember meee? E lui, ovviamente, ricorda.
Paolo Rumiz
Paolo Rumiz, triestino, è scrittore e viaggiatore. Con Feltrinelli ha pubblicato La secessione leggera (2001), Tre uomini in bicicletta (con Francesco Altan; 2002), È Oriente (2003), La leggenda dei monti …