Giulietto Chiesa: La logica del sangue
28 Agosto 2003
E' giunto il momento del realismo. In verità - stando alle ultime dichiarazioni di Bush - c'è poco da attendersi. Si può sperare in quella parte dell'Europa ancora sveglia? Difficile dire. Ma i dati parlano da soli. In meno di trentasei ore tre eventi hanno dimostrato che l'intera strategia Usa sta andando in briciole e, mettendo ordine nei fatti, le cose diventano perfino visibili. Il 16 agosto 400 uomini entrano in Afghanistan, dal Pakistan, nella provincia di Paktika, attaccano un posto di polizia, uccidono 22 soldati e spariscono prima dell'alba. E' il più grosso scontro da mesi e dice quanto scarso sia il controllo di Afghanistan e Pakistan da parte di Enduring Freedom a oltre un anno e mezzo dalla «vittoria» contro i taliban. Il 19 agosto un'enorme esplosione fa saltare in aria la sede delle Nazioni Unite a Baghdad. Decine di vittime e centinaia di feriti. A circa tre mesi dalla «vittoria» contro Saddam Hussein gli Stati Uniti non controllano nemmeno la capitale irachena. La situazione in Iraq è ormai guerriglia e terrorismo su grande scala. Né può esserci dubbio ormai sul fatto che esiste una direzione politica molto avveduta dietro questa strategia. Non disperazione e caos, ma un messaggio lampante: non permetteremo all'Onu di legittimare a posteriori ciò che non accettarono a priori. Se ne stiano fuori tutti: gli Stati Uniti e l'Inghilterra hanno rotto il vaso, lo riparino se ci riescono. Potrebbe far comodo anche a Washington, visto che coinvolge nella tragedia l'Onu, che gli Usa tennero fuori per presunzione. Ma è comunque una sfida sanguinosa. E' un segnale ben meditato all'intera comunità internazionale. E' Saddam? Se è così è uno smacco per Washington. Se no, è ancora peggio. Lo stesso 19 agosto l'autobus che ha dilaniato altre decine di civili israeliani dice che la road map è già carta straccia. La tregua in Palestina, unico sprazzo col segno buono, è già annegato nel sangue. Perché Bush pensava - sbagliando - che il colpo a Saddam sarebbe stato percepito da tutti gli arabi come una lezione. Col che tutti, palestinesi inclusi, avrebbero abbassato la cresta. Ma, per questo, occorreva spiegare a Sharon che la lezione era anche per lui. Non l'hanno fatto, e non è stata una dimenticanza. E poiché, nel mondo arabo, anche nei salotti per bene, tutti sanno che basta un'alzata di sopracciglio a Washington perché Israele cambi rotta, è stato chiaro che Bush vuole una vittoria, una resa. Resa dei palestinesi. Tutto si tiene. George Bush pensa così: vittoria-sconfitta, forti-deboli. Se queste sono le regole dell'Impero, tutti sono legittimati a fare altrettanto: a Kabul, a Baghdad, dovunque. Scorre il sangue e ne scorrerà molto ancora, perché questa logica esclude ogni negoziato. Chi può ancora farlo dovrebbe segnalare a Washington che questa è la strada per il disastro.
Giulietto Chiesa
Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …