Giulietto Chiesa: Usa la clava

24 Settembre 2003
Mai, negli ultimi cinquant'anni, gli Stati uniti sono stati isolati e soli come adesso. Mai l'Occidente è stato così diviso. George Bush non demorde, gioca al rialzo di fronte all'Assemblea generale di quell'Onu che ha abbondantemente ignorato e irriso, solo pochi mesi fa, andando in guerra contro, o a prescindere dai suoi voti. Ma non saranno gli accordi di facciata che riuscirà a strappare, non saranno le possenti pressioni di cui Washington può disporre, a risolvere il problema che egli ha creato. Le due "guerre già vinte" - come è stato scritto - sono ormai divenute due incubi dai quali non ci si può svegliare. Iraq e Afghanistan non possono essere "chiusi" né da un'occupazione straniera (come ha seccamente detto Jacques Chirac), né da un'elezione esportata con affanno in territorio ostile, né da fittizi trasferimenti dei poteri tra un viceré americano e un governo di Quisling.
Quale che sia l'indoratura della pillola, quello ch'è evidente è che Washington cerca aiuto. Solo che lo fa impugnando lo scettro come una clava, e ribadendo con tracotanza che intende mantenere il controllo. E si capisce che intende non soltanto il controllo del governo futuro di Baghdad, ma soprattutto del petrolio, dei beni statali, della ricostruzione. All'Onu concede di collaborare nella stesura della nuova costituzione (in questo sono bravi, ironizza l'Imperatore), e magari nel controllo dei seggi elettorali, affinchè i suoi osservatori possano fraternamente prendersi la loro dose di proiettili e di esplosivi al plastico.
Gli altri, senza dirlo forte, non collaboreranno. Quale che sia la facciata della risoluzione dell'Onu, la Francia non manderà truppe, né lo faranno la Russia e la Germania. Ci vorranno vassalli più "concavi", che si possono sempre trovare, come ad esempio l'Italia di Berlusconi, ma che non faranno che sottolineare la debolezza dell'imperatore. Il ricatto - miserabile, tanto più quando viene amplificato dai maggiordomi nostrani - secondo cui non è più il tempo di discutere chi aveva ragione o torto circa la guerra, e che è ora il momento di venire in soccorso al baluardo delle libertà, cioè agli Stati uniti, non funziona. Perché non sono più soltanto i radicali della rive gauche a sollevare dubbi sul "baluardo della libertà". A meno di non collocare anche Chirac, Putin e Schroeder in quella schiera (e davvero si farebbe fatica).
E' - potrebbe essere - la rivincita dell'Onu, quella del diritto internazionale, quella del mondo plurale, cioè della saggezza. Ma bisognerebbe che le Nazioni unite trovassero il coraggio e la forza di rispondere ponendo a loro volta delle precise condizioni alla richiesta prepotente degli Stati uniti. E' difficile che ciò accada, ma si dovrebbe dire con tutta chiarezza che questo delicato passaggio della storia sarà la prova cruciale, se non definitiva, della loro sopravvivenza.
Perché dopo l'oltraggio subito con la guerra irachena, il Palazzo di vetro rischia di subirne un secondo oggi: venendo ridotto al rango di ancella, di comprimario subalterno che obbedisce agli ordini del più forte, dell'occupante, che interviene per coprirgli le spalle. L'Europa, lo sappiamo, non c'è su questo terreno, ad alimentare attivamente l'idea di una legalità internazionale uguale per tutti gli stati.
Con una presidenza come quella italiana, fintamente mediatrice, potranno emergere solo biascichii privi di ogni contenuto. Restano le potenze ostili dell'Occidente, quelli che Thomas Friedman qualche giorno fa definiva "i nemici dell'America" e che sono, invece, quegli stati la cui dimensione di scala consente loro di difendersi. Quelli che hanno capito che i loro interessi e i loro valori sono in gioco. Francia, Germania, Russia. E la Cina sullo sfondo. Bush, nel suo discorso di ieri, ha dimostrato di non sapere capire lo stato del pianeta. Sembra che pensi che, continuando a roteare la sua clava, riuscirà a frantumare tutte le teste che incontra. Ma probabilmente si sbaglia. E' per questo che gli toccherà di contare ancora molti morti. Anche dei suoi.

Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …