La lunga militanza culturale di Edoardo Sanguineti
03 Ottobre 2003
Nel tentativo di inquadrare la figura e l'opera di Edoardo Sanguineti, si
corre il rischio di privilegiare una delle sue molte attività culturali a
scapito di altre. Ma niente in Sanguineti sembra essere in subordine rispetto ad
altro. Anzi, è proprio altro che lo interessa, sia questi il teatro, la
poesia, la critica letteraria, la narrativa. E altro è ciò che i
lettori ogni volta si aspettano la lui, fin da quando la sua adesione alla
Neoavanguardia degli anni Sessanta, con la nascita del Gruppo '63 di cui
divenne il più convinto teorico, scaturì pagine dense di sorgive intuizioni
già nelle prime prove apparse nell'antologia I Novissimi. A distanza di
quarant'anni ancora oggi assume interesse il giudizio di Alfredo Giuliani,
prefatore de I Novissimi, sulla poesia politica di Edoardo
Sanguineti. Riconoscendo ai suoi versi valenza militante, Giuliani intuì a
giusta ragione che lo sbocco poetico di Sanguineti era necessariamente quello di
calare l'uomo in un'inevitabile condizione di disordine esistenziale e sociale,
tanto da determinare l'insorgere di bisogni espressivi ibridi, dove la lingua da
"incriminare" non era quella nuova e novissima nata dal
disordine, ma quella ufficiale dell'ideologia borghese, perché proprio la
lingua apparentemente consolidata e sedimentata esprimeva tutto il disagio e la
crisi profonda della classe sociale dominante. Significativo pare allora il
sapiente paragone di Alfredo Giuliani tra la poesia di Sanguineti e il celebre
ritratto del bibliotecario di Arcimboldi: se qui le fattezze umane sono
costruite accostando fra loro libri rilegati e carte sparse, nella poesia di
Sanguineti il reale è descritto con l'impiego di parole e neologismi che
esprimono un senso di generale scollamento. Temi che non nascono in seno alla
Neoavanguardia del Gruppo '63, ma già in nuce - e talvolta
compiutamente fissati - nella raccolta Laborintus del 1956 e in Opus
metricum del 1961, per poi attenuarsi nelle successive sillogi Wirrwar
del 1972, Postkarten del 1978 e in Stracciafoglio e Scartabello,
rispettivamente del 1980 e 1981, dove alla persitente idea dell'alienazione in
un mondo ostile e diseguale, si affianca quella propriamente rivoluzionaria
sul piano della ricerca linguistica: non esistono per Sanguineti condizioni
tassative per l'uso di una sintassi coltivata soprattutto dall'ideologia
borghese; meglio forme più allargate, universali, internazionali, globali, in
cui la poesia possa riconoscersi come fenomeno di un intero pianeta e non
prerogativa limitata ad una classe sociale che crede erroneamente di
averla inventata. Questa fase della produzione poetica di Sanguineti è
facilmente identificabile nelle raccolte Segnalibro del 1982, Bisbidis
del 1987, Corollario del 1997 e Cose del 1999, confluite per la
maggior parte nel più recente Il gatto lupesco del 2002, a cui
quest'anno è stato attribuito il Premio Speciale alla carriera nell'ambito del
Premio Letterario Caput Gauri di Codigoro.
Per non deviare dalle intenzioni iniziali di questo scritto, non è prevalentemente di Sanguineti poeta che qui si vuole parlare, anche se per la verità è grande la tentazione di affrontare l'ermetica silloge inserita ne Il gatto lupesco intitolata Alfabeto apocalittico, così come grande è la voglia di soffermarci su quelle parti in cui si disvela la percezione estetica di Sanguineti, nell'evocazione delle opere d'arte da lui visitate e richiamate. Come quella del narratore e del poeta l'attività del critico e giornalista è contrassegnata da grande pregnanza filologica e stilistica: le pagine su Dante, Boccaccio, Foscolo e Leopardi, attestano ancora una volta una visione militante dell'intellettuale che si dedica alla storia della letteratura italiana con animo nuovo, nella consapevolezza che ogni interpretazione di un'opera letteraria o artistica debba comunque tenere conto del contesto sociale in cui è stata prodotta, senza il quale la lettura di quell'opera è certamente miope o quanto meno parziale.
E' su questa lettura sociale che si inserisce il ricordo di un'attenzione di Sanguineti per due dei nostri poeti maggiori: l'uno, lontano da noi nel tempo, proveniente dalle colline di Scandiano, offrì materia all'Ariosto per un ricominciamento delle avventure di Orlando; l'altro, più vicino, nato un secolo fa tra le brume umide di Tamara, seguendo l'ire e i giovenil furori si schierò con anima e corpo in favore del Futurismo. Boiardo e Govoni. Torna così alla mente il sapido intervento di Edoardo Sanguineti dalle colonne de "L’Unità" del 19 settembre 1987 su un evento ferrarese a cui la città riservò interesse, quando nelle belle sale di Casa Romei l'Istituto di Studi Rinascimentali volle allestire la Mostra I libri di Orlando Innamorato, esponendovi la celebre Bibbia di Borso d'Este conservata alla Biblioteca Estense di Modena, l’esemplare unicum dell'edizione veneziana dell'Orlando innamorato conservata alla Biblioteca Marciana di Venezia e altre opere di grande pregio. Ma torna anche alla mente il lungo intervento Govoni tra Liberty e crepuscolarismo, nel corso delle Giornate di studio su Corrado Govoni svoltesi a Ferrara dal 5 al 7 maggio 1983, quando Sanguineti con accurata analisi seppe evidenziare il carattere di rottura del linguaggio govoniano, contestualizzando abilmente i luoghi poetici in cui più l'avanguardia si manifestava.
Premio attribuito con maggiore soddisfazione, dunque, quello che la Commissione Giudicatrice del Caput Gauri assegna quest’anno a Edoardo Sanguineti. Nel conferirlo vi è la piena consapevolezza che la lunga militanza culturale del noto poeta e critico letterario, sia stata di stimolo a quanti, negli ultimi cinquant’anni, hanno vòlto le loro energie intellettuali al rinnovamento di questa nostra Italia. Un’Italia dai travagliati processi storici, ma nei quali possiamo leggere, se aiutati dalle acute ideazioni stilistiche e dalla dolcezza del verso di Sanguineti, anche il travaglio interiore della gente che la abita.
Per non deviare dalle intenzioni iniziali di questo scritto, non è prevalentemente di Sanguineti poeta che qui si vuole parlare, anche se per la verità è grande la tentazione di affrontare l'ermetica silloge inserita ne Il gatto lupesco intitolata Alfabeto apocalittico, così come grande è la voglia di soffermarci su quelle parti in cui si disvela la percezione estetica di Sanguineti, nell'evocazione delle opere d'arte da lui visitate e richiamate. Come quella del narratore e del poeta l'attività del critico e giornalista è contrassegnata da grande pregnanza filologica e stilistica: le pagine su Dante, Boccaccio, Foscolo e Leopardi, attestano ancora una volta una visione militante dell'intellettuale che si dedica alla storia della letteratura italiana con animo nuovo, nella consapevolezza che ogni interpretazione di un'opera letteraria o artistica debba comunque tenere conto del contesto sociale in cui è stata prodotta, senza il quale la lettura di quell'opera è certamente miope o quanto meno parziale.
E' su questa lettura sociale che si inserisce il ricordo di un'attenzione di Sanguineti per due dei nostri poeti maggiori: l'uno, lontano da noi nel tempo, proveniente dalle colline di Scandiano, offrì materia all'Ariosto per un ricominciamento delle avventure di Orlando; l'altro, più vicino, nato un secolo fa tra le brume umide di Tamara, seguendo l'ire e i giovenil furori si schierò con anima e corpo in favore del Futurismo. Boiardo e Govoni. Torna così alla mente il sapido intervento di Edoardo Sanguineti dalle colonne de "L’Unità" del 19 settembre 1987 su un evento ferrarese a cui la città riservò interesse, quando nelle belle sale di Casa Romei l'Istituto di Studi Rinascimentali volle allestire la Mostra I libri di Orlando Innamorato, esponendovi la celebre Bibbia di Borso d'Este conservata alla Biblioteca Estense di Modena, l’esemplare unicum dell'edizione veneziana dell'Orlando innamorato conservata alla Biblioteca Marciana di Venezia e altre opere di grande pregio. Ma torna anche alla mente il lungo intervento Govoni tra Liberty e crepuscolarismo, nel corso delle Giornate di studio su Corrado Govoni svoltesi a Ferrara dal 5 al 7 maggio 1983, quando Sanguineti con accurata analisi seppe evidenziare il carattere di rottura del linguaggio govoniano, contestualizzando abilmente i luoghi poetici in cui più l'avanguardia si manifestava.
Premio attribuito con maggiore soddisfazione, dunque, quello che la Commissione Giudicatrice del Caput Gauri assegna quest’anno a Edoardo Sanguineti. Nel conferirlo vi è la piena consapevolezza che la lunga militanza culturale del noto poeta e critico letterario, sia stata di stimolo a quanti, negli ultimi cinquant’anni, hanno vòlto le loro energie intellettuali al rinnovamento di questa nostra Italia. Un’Italia dai travagliati processi storici, ma nei quali possiamo leggere, se aiutati dalle acute ideazioni stilistiche e dalla dolcezza del verso di Sanguineti, anche il travaglio interiore della gente che la abita.
Edoardo Sanguineti
Edoardo Sanguineti (1930-2010) è stato uno dei protagonisti delle neoavanguardie del secondo Novecento. Poeta, drammaturgo, critico letterario, traduttore e saggista, è stato tra i membri fondatori del Gruppo 63 e …