Paolo Rumiz: Lingua blu, il giorno della rivolta
05 Dicembre 2003
E´ la marcia su Roma, gli allevatori dicono basta. "No" al vaccino
anti-lingua blu, che ha falcidiato e messo in quarantena le loro bestie dalla
Toscana alla Sicilia. Così oggi arrivano da mezza Italia per mettere sotto
assedio il ministero della Salute. Se nella capitale si potesse arrivare con i
bulldozer, dicono, lo farebbero. Tutto, pur di bloccare una campagna
zooprofilattica nata male, senza sperimentazioni adeguate su un vaccino
"vivo" che ormai scappa di mano e si propaga con gli stessi insetti
che diffondono la malattia. Un´operazione, anche, svolta in assenza di efficaci
monitoraggi sui gravi danni collaterali del farmaco.
Il governo sta cercando una soluzione. Mercoledì scorso Sirchia ha incontrato i rappresentanti di categoria degli allevatori e dei veterinari. Il ministro si è detto disponibile "a trovare tutte le soluzioni possibili per garantire la salute degli animali". Anche perché in sede Ue si stanno perfezionando piani alternativi, più sicuri e meno devastanti per gli allevatori. Un nuovo incontro è già stato fissato per mercoledì 10 dicembre. In Parlamento, Maria Buriani (Forza Italia) chiede di ripartire da zero, Loredana De Petris (Verdi) di mettere a punto "diverse strategie" per evitare di dover pagare danni miliardari, Ermete Realacci (Margherita) di aprire un´inchiesta per capire le responsabilità del disastro. E dopo l´Abruzzo, che ha citato per danni i responsabili, ora anche Sicilia e Sardegna si muovono, con loro ultimatum.
La situazione è tesa. Molti allevatori - già schiantati da mucca pazza e dalla storia delle quote latte - sono finiti sul lastrico dopo quest´ennesima tempesta sanitaria. Così, un gruppo di Cobas in provincia di Latina (feudo An) ha letteralmente aggredito il ministro dell´agricoltura Gianni Alemanno, di Alleanza Nazionale, reo a loro parere di avere espresso sulla questione un "assordante silenzio". Nelle stesse ore, un plotone di trattori scendeva su Teramo, per stringere d´assedio a oltranza l´Istituto zooprofilattico che fa da quartier generale del ministro nella lotta alla lingua blu.
Non mollano i ribelli. Ricordano che proprio a Teramo, già in aprile, i veterinari denunciarono una campagna fatta "male, di fretta e con pochi mezzi", e parlarono di un provvedimento "di facciata, forse atto a mascherare interessi che sono diversi da quelli del vero controllo della malattia". Guerra dunque. Con il Codacons, associazione dei consumatori, che si prepara, in assenza di fatti nuovi, a patrocinare le cause legali degli allevatori per i danni subiti. Questo mentre la Confederazione agricoltori (Cia) denuncia l´inadeguatezza dell´azione del Governo e del commissario straordinario.
E mentre i veterinari pubblici difendono la correttezza del loro operato per conto del ministero, il sindacato dei veterinari liberi chiede che si correggano urgentemente alcuni vistosi errori. In particolare "l´impiego di veterinari neolaureati, spesso sottopagati e non adeguatamente informati sulle corrette procedure di gestione e somministrazione del vaccino, sui possibili effetti collaterali e sulle relative azioni di rilevamento". E poi il mancato coinvolgimento dei "veterinari professionisti già operanti negli allevamenti, laddove presenti".
Sirchia protesta, convoca la stampa, parla di "danni minimali", rileva che più che di curare lingue blu bisognerebbe tagliare le lingue di chi diffonde allarmismi. Ma non risponde a nessuna delle denunce fatte da "Repubblica". In una nota del suo portavoce contrattacca rilevando che il vaccino usato dall´Italia viene utilizzato "in tutti i Paesi in cui la malattia è presente", il che è grossolanamente falso. Spiega, poi, che è impossibile che gli allevatori non abbiano presentato denunce sugli effetti collaterali del vaccino. Questo pur sapendo di non aver distribuito a tempo debito l´indispensabile scheda di "farmaco-vigilanza", atta a registrare e quantificare i danni.
Ma su tutta la storia si è sollevata una cortina fumogena. A Teramo, per esempio, protestano di non aver mai prodotto, in certe fasi, il vaccino. Questo nonostante la stessa commissione speciale abbia ufficialmente appurato il contrario in aprile. Al ministero, poi, dicono che il vaccino è stato inoculato per sbaglio ad alcuni "animali-sentinella", quando sono i veterinari stessi a dirti che il vaccino si è propagato attraverso gli insetti. Si afferma, inoltre, che non esistono sistemi alternativi per battere la malattia, quando tutto il mondo scientifico sa che in Australia il morbo è stato sconfitto diversamente.
Nessuna risposta sulle decisione di vaccinare anche i bovini (portatori sani della malattia), in contrasto con quanto indicato dagli stessi produttori del farmaco. Nessuna risposta, allo stesso modo, sulla situazione anomala dell´Istituto di Teramo, messo dal governo nella condizione di operare fuori controllo. Per la prima volta nella storia della sanità italiana infatti, uno stesso soggetto si è trovato a importare un farmaco, a elaborarlo, a verificarlo, a distribuirlo e a studiarne gli effetti. Nessuno, di conseguenza, sa spiegarsi su che basi tale istituto abbia consentito di assemblare in modo improprio vaccini monovalenti non necessariamente compatibili, con i danni che si sono visti. E con ovvio spreco di pubblico denaro. Nessuno.
Il governo sta cercando una soluzione. Mercoledì scorso Sirchia ha incontrato i rappresentanti di categoria degli allevatori e dei veterinari. Il ministro si è detto disponibile "a trovare tutte le soluzioni possibili per garantire la salute degli animali". Anche perché in sede Ue si stanno perfezionando piani alternativi, più sicuri e meno devastanti per gli allevatori. Un nuovo incontro è già stato fissato per mercoledì 10 dicembre. In Parlamento, Maria Buriani (Forza Italia) chiede di ripartire da zero, Loredana De Petris (Verdi) di mettere a punto "diverse strategie" per evitare di dover pagare danni miliardari, Ermete Realacci (Margherita) di aprire un´inchiesta per capire le responsabilità del disastro. E dopo l´Abruzzo, che ha citato per danni i responsabili, ora anche Sicilia e Sardegna si muovono, con loro ultimatum.
La situazione è tesa. Molti allevatori - già schiantati da mucca pazza e dalla storia delle quote latte - sono finiti sul lastrico dopo quest´ennesima tempesta sanitaria. Così, un gruppo di Cobas in provincia di Latina (feudo An) ha letteralmente aggredito il ministro dell´agricoltura Gianni Alemanno, di Alleanza Nazionale, reo a loro parere di avere espresso sulla questione un "assordante silenzio". Nelle stesse ore, un plotone di trattori scendeva su Teramo, per stringere d´assedio a oltranza l´Istituto zooprofilattico che fa da quartier generale del ministro nella lotta alla lingua blu.
Non mollano i ribelli. Ricordano che proprio a Teramo, già in aprile, i veterinari denunciarono una campagna fatta "male, di fretta e con pochi mezzi", e parlarono di un provvedimento "di facciata, forse atto a mascherare interessi che sono diversi da quelli del vero controllo della malattia". Guerra dunque. Con il Codacons, associazione dei consumatori, che si prepara, in assenza di fatti nuovi, a patrocinare le cause legali degli allevatori per i danni subiti. Questo mentre la Confederazione agricoltori (Cia) denuncia l´inadeguatezza dell´azione del Governo e del commissario straordinario.
E mentre i veterinari pubblici difendono la correttezza del loro operato per conto del ministero, il sindacato dei veterinari liberi chiede che si correggano urgentemente alcuni vistosi errori. In particolare "l´impiego di veterinari neolaureati, spesso sottopagati e non adeguatamente informati sulle corrette procedure di gestione e somministrazione del vaccino, sui possibili effetti collaterali e sulle relative azioni di rilevamento". E poi il mancato coinvolgimento dei "veterinari professionisti già operanti negli allevamenti, laddove presenti".
Sirchia protesta, convoca la stampa, parla di "danni minimali", rileva che più che di curare lingue blu bisognerebbe tagliare le lingue di chi diffonde allarmismi. Ma non risponde a nessuna delle denunce fatte da "Repubblica". In una nota del suo portavoce contrattacca rilevando che il vaccino usato dall´Italia viene utilizzato "in tutti i Paesi in cui la malattia è presente", il che è grossolanamente falso. Spiega, poi, che è impossibile che gli allevatori non abbiano presentato denunce sugli effetti collaterali del vaccino. Questo pur sapendo di non aver distribuito a tempo debito l´indispensabile scheda di "farmaco-vigilanza", atta a registrare e quantificare i danni.
Ma su tutta la storia si è sollevata una cortina fumogena. A Teramo, per esempio, protestano di non aver mai prodotto, in certe fasi, il vaccino. Questo nonostante la stessa commissione speciale abbia ufficialmente appurato il contrario in aprile. Al ministero, poi, dicono che il vaccino è stato inoculato per sbaglio ad alcuni "animali-sentinella", quando sono i veterinari stessi a dirti che il vaccino si è propagato attraverso gli insetti. Si afferma, inoltre, che non esistono sistemi alternativi per battere la malattia, quando tutto il mondo scientifico sa che in Australia il morbo è stato sconfitto diversamente.
Nessuna risposta sulle decisione di vaccinare anche i bovini (portatori sani della malattia), in contrasto con quanto indicato dagli stessi produttori del farmaco. Nessuna risposta, allo stesso modo, sulla situazione anomala dell´Istituto di Teramo, messo dal governo nella condizione di operare fuori controllo. Per la prima volta nella storia della sanità italiana infatti, uno stesso soggetto si è trovato a importare un farmaco, a elaborarlo, a verificarlo, a distribuirlo e a studiarne gli effetti. Nessuno, di conseguenza, sa spiegarsi su che basi tale istituto abbia consentito di assemblare in modo improprio vaccini monovalenti non necessariamente compatibili, con i danni che si sono visti. E con ovvio spreco di pubblico denaro. Nessuno.
Paolo Rumiz
Paolo Rumiz, triestino, è scrittore e viaggiatore. Con Feltrinelli ha pubblicato La secessione leggera (2001), Tre uomini in bicicletta (con Francesco Altan; 2002), È Oriente (2003), La leggenda dei monti …